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Reportage
03 marzo 2014 - Esteri - Ucraina - Il Giornale |
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La preghiera di padre Ivan: “Fratelli soldati non sparatevi” |
Sui blindati con targa russa spuntano i soldati in mimetica verde, senza mostrine, con il dito sul grilletto della mitragliatrice. Uno di loro, il più grosso di tutti, con il mefisto calato sul volto, si avvicina deciso ed in modo sbrigativo intima: «Fuori dalle palle». Il manipolo è solo l’avanguardia di una colonna di 500 soldati russi su 20 camion scortati da autoblindo. L’obiettivo è la base della 36˚ brigata della guardia di frontiera ucraina a Perivalnoje, un posto nel mezzo del nulla a 36 chilometri dalla capitale della Crimea. Le truppe russe in incognito che stanno occupando la penisola hanno lanciato un ultimatum a tutte le unità dell’esercito di Kiev: la resa entro l’alba ointerveniamo. Il comandante della base, colonnello Sergei Starozhenko ha un po’ di pancetta e va in giro disarmato. «Noi non ci arrendiamo e non consegniamo le armi - dichiara l’ufficiale nel gelo delle prime ore del mattino- Se ci attaccano combatteremo». Dentro la base ci sono carri armati e blindati ed un numero imprecisato di uomini. Grazie all’autista tartaro, che non ama i russi, intercettiamo lungo la strada la colonna in movimento verso una delle ultime ridotte ucraine in Crimea decise a resistere. I camion sono zeppi di militari senza insegne. Quando arrivano in un campo a qualche centinaia di metri dalla base un paio di nerborute sentinelle scese dai mezzi sostengono di essere volontari locali. Neppure loro ci credono e quasi ridono sotto il mefisto. Un primo reparto avanza in colonna verso l’ingesso principale della base. Gli ucraini fanno arrivare un blindato che rombando si piazza dietro il cancello sprangato. Una fila di giovani soldati in assetto da combattimento si schiera davanti. Altri militari corrono verso il perimetro difensivo della base. Un soldatino si infila nella piccola trincea all’esterno della base, ma un ufficiale lo fa tornare indietro di corsa. I russi sono un serpentone verde che avanza armi in pugno, anche se solo i capi squadra hanno il caricatore innestato. Si dividono a coppie lungo il muro della base e arrivano a pochi passi dal cancello in un attimo. La situazione è tesa e paradossale. Due eserciti si fronteggiano, armi in pugno, ma nessuno vuole sparare il primo colpo. Dalla chiesetta accanto alla base spunta padre Ivan, un prete ortodosso con il barbone grigio e lo sguardo messianico. Lo segue il diacono con una grande croce in legno. Il prete sparge l’acqua santa sui soldati russi, che sembrano interdetti. «Non sparatevi fra fratelli slavi e cristiani » urla Ivan. Due ufficiali delle truppe d’assalto si levano il cappello militare e si fanno benedire. La situazione è di totale stallo. Il colonnello assicura: «Non ci sarà nessuna guerra. Non ci puntiamo le armi e loro non faranno irruzione». A metà mattinata arriva un drappello russo guidato da un militare grosso come un armadio, che si ferma, quasi sull’attenti, davanti ad un ufficiale in difesa della base. E lo informa che il suo comandante vorrebbe incontrare il colonnello ucraino alle 13.30 nel campo russo. Nel frattempo un pugno di civili pianta la bandiera di Mosca vicino a quella ucraina. Altri che hanno appoggiato la rivolta di Maidan li insultano e si rischia la scazzottata. Il diacono in giubbotto mimetico legge le preghiere. Sembra la scena di un film d’altri tempi. La trattativa non porta a nulla mentre arrivano notizie di unità dell’esercito in Crimea passate armi e bagagli con i filo russi. Nella base della marina militare di Kerch il reparto A-0699 non si è arreso, ma i russi controllano gli accessi. Una decina di navi ucraine avrebbe preso il largo da Sebastopoli. La notte prima erano atterrati elicotteri e aerei di trasporto truppe negli aeroporti occupati dai militari in verde senza mostrine.Secondo fonti governative a Kiev la conquista della Crimea è guidata dal generale Aleksandr Galkin ex comandante del distretto militare meridionale della Russia. Il comandante in capo della Marina ucraina, Denis Berezovskiy, giura fedeltà alle autorità filorusse nel quartier generale della flotta russa del Mar Nero a Sebastopoli. Il presidente rivoluzionario ucraino, Oleksander Turcinov, lo aveva nominato da poche ore. L’ammiraglio ha annunciato la formazione di una marina dal guerra della Crimea. I cosacchi presidiano i posti di «frontiera» con l’Ucraina. Dalla Russia annunciano il loro arrivo in Crimea 1500 veterani della guerra sovietica in Afghanistan degli anni ottanta. Lo zar del Cremlino, Vladimir Putin, spiega al segretario generale dell’Onu che Mosca interverrà anche nell’Est del paese «se ci sarà una qualsiasi forma di escalation di violenze contro la popolazione russofona delle regioni orientali dell’Ucraina ». Kiev ordina la mobilitazione delle forze armate (160mila uomini) e di 1 milione di riservisti. Secondo il premier del governo rivoluzionario, Arseniy Yatsenyuk, «siamo sull’orlo della catastrofe. Non si tratta di una minaccia, ma di una dichiarazione di guerra». |
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14 marzo 2014 | TG5 | reportage
Gli italiani di Crimea
Gli italiani di Crimea, emigrati nella penisola oltre duecento anni fa, furono deportati in Siberia e decimati da Stalin, che li considerava una spina nel fianco durante la seconda guerra mondiale. Poi sono tornati a Kerch, vicino all'ex confine con la Russia. Gli italiani di origine sono ancora 500.
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07 marzo 2014 | TG5 | reportage
In Crimea arrivano i volontari serbi
SEBASTOPOLI - Folti barboni, mimetiche, coltellacci alla cintola e sulla spalla il teschio con le tibie incrociate, simbolo del sacrificio in nome del popolo slavo. Si presenta così una ventina di cetnici, i paramilitari serbi, arrivati in Crimea per dare man forte ai filo russi. Non è stato facile trovare l’avanguardia dei “lupi” come vengono chiamati i volontari giunti dalla Serbia.
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02 luglio 2014 | SKYTG24 | reportage
Gli uomini neri sul fronte dell'Est
La guerra civile in Ucraina sempre più sanguinosa e dimenticata schiera in prima linea un reparto fedele a Kiev, che arruola volontari provenienti da paesi europei come Italia, Svezia, Finlandia e Francia. Il battaglione Azov, accusato di simpatie naziste, sta combattendo con i suoi 250 uomini sul fronte di Mariupol, una città costiera nell’Est dell’Ucraina. Una dozzina di volontari stranieri, che sostengono di non venir pagati, hanno già prestato giuramento. Altri 24 stanno arrivando e su Facebook, il veterano francese della guerra in Croazia, Gaston Besson, ha lanciato da Kiev un appello all’arruolamento. Per giorni abbiamo seguito dalla base di Berdyansk, nell’est dell’Ucraina, il battaglione Azov, che è sotto il controllo del ministero dell’Interno.
Fra i volontari europei, l’italiano Francesco F. ha lasciato la vita da manager per combattere al fianco degli ucraini contro i ribelli filo russi. Il cecchino svedese, Mikael Skillt, uno dei pochi a parlare a viso scoperto, ha una taglia dei separatisti sulla testa. E fra loro c’è pure un russo che vorrebbe abbattere il governo di Mosca.
Per il colore della divisa e la provenienza dall’estrema destra ucraina ed europea sono conosciuti come “gli uomini neri”.
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16 aprile 2014 | Radio IES | intervento |
Ucraina
Una nuova Crimea
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27 marzo 2014 | La notte di radio uno | intervento |
Ucraina
Crimea, i trenta giorni che sconvolsero l'Europa
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26 maggio 2014 | RadioVaticana | intervento |
Ucraina
Il nuovo presidente ucraino e la guerra civile nell'Est
I rapporti con Mosca, la crisi economica, la secessione del Donbas e lo spettro della guerra civile sempre più sanguinosa.
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