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Esclusivo
08 marzo 2016 - Attualità - Libia - Il Giornale |
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| Cinque anni in Italia: il piccolo leader dell’Isis era muratore a Novara |
| Il tunisino Noureddine Chouchane, capo del Califfato a Sabrata ucciso da un bombardamento mirato americano il 19 febbraio ha vissuto in Italia per almeno 5 anni con regolare permesso di soggiorno. Le ultime tracce sul territorio nazionale risalgono al 2012, poi secondo il fratello Bilal il jihadista andò a combattere in Siria. All'inizio dello scorso anno il ministro dell'Interno, Angelino Alfano emette un decreto di espulsione del tunisino «per motivi di sicurezza nazionale», come conferma il Viminale, per «fatti successivi al 2012». Il terrorista aveva impiantato un campo di addestramento delle bandiere nere a Sabrata, da dove sono partiti i kamikaze delle stragi in Tunisia dello scorso anno al museo del Bardo, dove morirono anche quattro turisti italiani e sulla spiaggia di Sousse. Sempre a Sabrata sono stati tenuti in ostaggio negli ultimi otto mesi i quattro tecnici italiani rapiti, mentre rientravano dalla Tunisia alla Libia.Ieri Filippo Calcagno, uno dei due sopravissuti, ha dichiarato: «Non so se eravamo in mano all'Isis o a delinquenti. Lo stabiliranno altri. Ma certamente eravamo tenuti da criminali». Salvatore Failla e Fausto Piano, gli altri due ostaggi che torneranno nelle bare sono stati falciati dalle milizie di Sabrata nel deserto, mentre i loro carcerieri li trasferivano a bordo di due fuoristrada. Oltre agli italiani sono morti in sette, quasi tutti tunisini come il super terrorista Chouchane.Il 2 marzo la brigata «Febbraio al Ajilat-2» posta su Facebook le foto delle vittime e dei documenti sequestrati nei raid contro i covi dello Stato islamico a Sabrata, dopo il bombardamento americano. Così il Giornale scopre, che l'emiro Chouchane, si era fatto rilasciare ben due passaporti tunisini in Italia. Il primo dal consolato di Genova nel gennaio del 2011 ed il secondo all'ambasciata di Roma, pochi giorni dopo. Per avere un duplicato deve aver denunciato il furto o lo smarrimento del primo documento di viaggio. «Il passaporto rilasciato al consolato di Genova era ragionevolmente genuino, ma il soggetto non viveva in città» spiega Silvio Franz, pm del capoluogo ligure. Dal Viminale fanno sapere che Chouchane è rimasto in Italia per 4-5 anni «con un premesso di soggiorno rilasciato ad Ancona», dove il genovese Giuliano del Nevo è stato reclutato per andare a combattere con il Califfato in Siria trovando la morte.II futuro capo delle bandiere nere a Sabrata si sposta a Romentino in provincia di Novara. Secondo il presidente dell'associazione tunisini di Vercelli, Abdel Hamrouni, «lavorava come muratore per un'impresa edile gestita da due fratelli marocchini, ma a maggio 2011 si è licenziato». In Tunisia la primavera araba ha ribaltato il regime di Ben Alì e molti jihadisti sono stati liberati o tornano in patria. In patria Chouchane si fidanza con Madeeha, la cugina di Seifallah Ben Hassine, nome di battaglia Abou Iyadh. Ben Hassine fonda Ansar al Sharia, i partigiani della legge islamica, assieme a personaggi come Sami Ben Khemais Essid e Mehdi Kammoun, che sono finiti in galera in Italia per terrorismo nei primi anni duemila. Poi espulsi ed imprigionati in Tunisia, ma scarcerati dalla primavera araba.Le ultime tracce in Italia del futuro capetto dello Stato islamico si perdono nel 2012. Lo stesso anno Del Nevo raggiunge la Siria. «Dopo la partenza dall'Italia l'interesse nei suoi confronti è aumentato costantemente» spiegano al Viminale. In Tunisia l'ex muratore si trasforma anche nell'aspetto con barbone lungo, capelli e baffi rasati alla salafita. Ansar al Sharia viene messa fuorilegge ed i comandanti jihadisti si trasferiscono in Libia. Couchane mette radici a Sabrata da dove fa uccidere 21 turisti al museo del Bardo di Tunisi, compresi 4 italiani appena sbarcati dalle navi da crociera Costa. Sul decreto di espulsione di Alfano dello scorso anno al Viminale fanno sapere che «il dossier è strettamente riservato».Salvatore Failla, uno dei due ostaggi italiani uccisi a Sabrata, implorava i sequestratori: «Vi prego non vendeteci all'Isis». E la risposta fu: «No, non vi vendiamo a chi ammazza le persone». L'impressione, però, è che prima del raid americano del 19 febbraio contro Chouchane, milizie locali, bandiere nere e bande varie convivevano facendo affari sulla pelle dei migranti e con gli ostaggi. «Non so se sia stato pagato un riscatto. (I sequestratori, ndr) sono entrati dicendo che era tutto finito. Ci avevano dato delle tute di calcio per vestirci» racconta Calcagno. In pratica i due sopravvissuti vengono «abbandonati», difficilmente a gratis. Calcagno con un chiodo riesce ad indebolire la serratura. «Poi ho chiamato Gino - racconta - Forza, se dai due colpi siamo fuori. E così è stato».(ha collaborato Luigi Guelpa) |
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24 marzo 2011 | TG5 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme
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12 settembre 2016 | Terra! | reportage
Nella cattiva Sirte
La feroce battaglia per liberare Sirte va avanti da 4 mesi.
L’ex roccaforte dello Stato islamico in Libia, città natale del colonnello Gheddafi, è completamente distrutta dai combattimenti
Dal corridoio umanitario con le bandiere bianche aperto per evacuare le famiglie dei seguaci del Califfo non è passato nessuno
I combattenti di Misurata che stanno conquistando Sirte ci scortano verso il mare per farci vedere le minacce all’Italia
All’interno troviamo giubbotti abbandonati dei miliziani dello stato islamico e anche indicazioni della presenza di combattenti stranieri come questa ricevuta del ministero degli Esteri sudanese, una moneta di 100 dinari tunisini dei volontari jihadisti giunti a Sirte
ed istruzioni sulle granate da mortaio in inglese e francese
Sulle pareti sono rimaste le scritte che inneggiano al Califfato
I segni della battaglia sono ovunque
Sirte era un trampolino di lancio verso l’Italia, come si legge in questo cartello
“Combattiamo in Libia, ma il nostro sguardo è su Roma”
Queste immagini scenografiche delle bandiere nere in Libia sono state trovate a Sirte durante i combattimenti
Uno dei video contiene minacce contro l’Italia e l’Europa di un terrorista ragazzino, Omar al Maghrebi, il marocchino
Nel video compare un veterano della guerra santa che addestra le reclute
Il giovane jihadista minaccia gli “infedeli” promettendo che “verremo da voi per farvi saltare in aria. I vostri corpi esploderanno in mille pezzi”.
La propaganda del Califfo mostra anche una lezione di pronto soccorso per i volontari del terrore africani
Omar il marocchino invita i “fratelli ad indossare le cinture esplosive per Allah e attaccare aeroporti e confini”. E sostiene: “Siamo giunti in Libia, terra del Califfato e siamo pronti a morire”
Durante l’avanzata a Sirte, le truppe governative avrebbero scoperto informazioni inquietanti per il nostro paese
Susyan Abdulla, ufficiale dei “Martiri di Sirte” parla di una lista di jihadisti tunisini dello Stato islamico
In sette sarebbero andati verso l’Italia spacciandosi per migranti
Nei comandi di Sirte appena abbandonati dalle bandiere nere scopriamo nuove scritte,
come questa: “Lo Stato islamico è qui e si espanderà. Con l’aiuto di Allah, nonostante gli infedeli, conquisteremo Roma”
Nelle ultime settimane si è combattuto casa per casa per liberare i quartieri ancora in mano a qualche centinaio di jihadisti
I morti fra le forze libiche sono quasi 500 ed oltre 2500 i feriti.
I combattenti vanno in prima linea con gli orsacchiotti porta fortuna dei figli
e nelle pause della battaglia mangiano maccheroni
L’arma più efficace dei miliziani dello Stato islamico sono gli attacchi suicidi
La densa colonna di fumo nero è il benvenuto nell’ex roccaforte del Califfo
Nonostante l’assedio due attentatori suicidi sono riusciti a farsi esplodere in mezzo alle truppe libiche provocando 13 morti e 59 feriti
Questo combattente indica che le autobombe erano due e ci fa vedere il sangue sul selciato
I seguaci del Califfo non si arrendono e sono decisi a vendere cara la pelle
E al fronte è ancora peggio: l’auto bomba è stata fermata a soli venti metri dalla nostra postazione come si vede in queste immagini
Sirte è ridotta ad un cumulo di macerie fumanti e disabitate
Ad ogni avanzata si scoprono le nefandezze dello Stato islamico come le segrete sotterranee
I prigionieri dormivano su dei pagliericci vivendo in condizioni penose.
I combattenti anti bandiere nere che ci scortano fanno notare i disegni e le frasi dei detenuti sulle pareti delle celle e hanno una piccola finestra per l’aria a livello del terreno
“Sono un cittadino libico - scriveva uno di prigionieri - sono musulmano e non so perché mi hanno arrestato”
Attraversiamo i quartieri di Sirte con i cartelli delle bandiere nere ancora intatti e dalla terra di nessuno un cecchino ci spara due volte: il primo colpo ed il secondo
Il giorno dopo siamo stati colpiti
Nel quartiere 1 i miliziani del Califfo erano ancora annidati in queste case
Si passa attraverso le brecce aperte nei muri per non venir colpiti
Nelle abitazioni devastate sono stati abbandonati i cadaveri dei seguaci dello Stato islamico
Questo è il deposito di viveri delle bandiere nere con pasta italiana, ceci britannici, conserve di pomodoro tunisine e acqua minerale francese
Un combattente ci mostra sul telefonino la città dall’alto e le zone residenziali ancora da liberare
L’ultima spallata per conquistare Sirte è furiosa
Le forze libiche sono una variegata armata Brancalone
Carri armati e blindati avanzano e la fanteria dietro.
Per spostarsi da un palazzo all’altro anche i giornalisti si arrampicano assieme ai combattenti.
Gli aspri scontri durano intere giornate
Ad ogni esplosione i libici esultano gridando “Allah è grande”
Ma i kamikaze contrattaccano, come si è visto nel bagliore alle spalle dei combattenti.
I resti e gli schizzi di sangue del terrorista suicida sono arrivati sopra le nostre teste
Un proiettile jihadista colpisce inutilmente il carro
I feriti più lievi vengono curati in prima linea, ma questo combattente sta morendo dissanguato
L’obiettivo è liberare del tutto Sirte per la festa islamica del sacrificio del 12 settembre.
Sarebbe la prima capitale del Califfo a cadere.
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08 marzo 2011 | TG4 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme
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10 marzo 2011 | Panorama | intervento |
Libia
Diario dalla Libia
Diario dalla Libia
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29 aprile 2011 | Spazio Radio | intervento |
Libia
Piegare Gheddafi e preparare l'intervento terrestre
Gli americani spingono con insistenza per un maggiore coinvolgimento dell’Italia nel conflitto in Libia, non solo per passare il cerino politico agli europei. L’obiettivo finale è piegare il colonnello Gheddafi e far sbarcare una forza di interposizione in Libia, con ampia partecipazione italiana. Un modello stile ex Yugoslavia, dove il contingente occidentale è arrivato dopo l’offensiva aerea.
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26 aprile 2011 | Radio 101 | intervento |
Libia
Con Luxuria bomba e non bomba
Il governo italiano, dopo una telefonata fra il presidente americano Barack Obama ed il premier Silvio Berlusconi, annuncia che cominciamo a colpire nuovi obiettivi di Gheddafi. I giornali titolano: "Bombardiamo la Libia". E prima cosa facevamo? Scherzavamo con 160 missioni aeree dal 17 marzo?
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09 marzo 2011 | Panorama | intervento |
Libia
Diario dalla Libia
Diario dalla Libia
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26 agosto 2011 | Radio Città Futura | intervento |
Libia
I giornalisti italiani rapiti a Tripoli
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