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07 febbraio 2017 - Prima - Italia - Il Giornale
La scuola dà un premio a chi disimpara le foibe
Fausto Biloslavo
Una giovane partigiana con la stella rossa, la stessa dei boia di Tito che hanno scaraventato nelle foibe migliaia di italiani. Uno storico che spiegherà agli studenti come «gli infoibati» fossero «una minoranza di poche decine di persone». E gli esuli che attendono ancora un cenno dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, per un incontro al Quirinale, dopo la sua seconda assenza alle commemorazioni il 10 febbraio. Non un giorno qualunque, ma il ricordo degli istriani, fiumani e dalmati costretti alla fuga dalle violenze di Tito alla fine della seconda guerra mondiale.
Nel nostro bizzarro Paese il 10 febbraio, che commemora per legge questo dramma, spuntano incontri e manifestazioni patrocinati con soldi pubblici, che negano o riducono i crimini delle foibe.
Domenica prossima, non a caso ad Arcore, residenza di Silvio Berlusconi, il Comune e l\\\'Associazione partigiani organizzano un incontro che non lascia dubbi: «Io ricordo...tutto - Operazione foibe fra storia e mito». Il «tutto» riguarda ovviamente le nefandezze contro gli slavi compiute dal regime fascista e dall\\\'esercito italiano prima e durante la seconda guerra mondiale.
La relatrice, presentata dall\\\'assessore alal Cultura di Arcore, è Claudia Cernigoi nota «eroina» di chi tende a ridurre, se non a negare il dramma delle foibe. «Si tratta di soggetti idonei più a celebrare gli infoibatori che a rendere omaggio agli infoibati» scrive Paolo Sardos Albertini, presidente del Comitato martiri delle foibe, al sindaco di Arcore. La deputata locale di Forza Italia, Elena Centemero, bolla come «sconcertante l\\\'iniziativa patrocinata dal Comune di Arcore».
Non è l\\\'unico caso. A Firenze gli esuli sono in subbuglio per un evento legato al 10 febbraio gestito dall\\\'Associazione partigiani e rivolto ad un pubblico di studenti.
I senatori Maurizio Gasparri e Carlo Giovanardi hanno presentato un\\\'interrogazione parlamentare al ministro dell\\\'Istruzione, Valeria Fedeli per un altro evento. I politici da sempre vicini agli esuli «hanno appreso che l\\\'11 febbraio le associazioni Resistenza e Antifascismo militante» organizzano «a Costa Volpino, frazione di Corti, (l\\\'evento) dal titolo Foibe e che ha, come sottotitolo, ... approfondimento critico...». Come ha raccontato ieri il Tempo, il protagonista del dotto convegno è lo storico Piero Purini altro riduzionista. Purini si era scagliato contro lo spettacolo teatrale Magazzino 18 di Simone Cristicchi, che ha portato con grande successo sul palcoscenico il dramma delle foibe e dell\\\'esodo. Secondo lo storico «gli infoibati furono una minoranza di poche decine di persone». E «sull\\\'esodo, ha giocato molto di più la paura di un sistema economico e politico demonizzato dal fascismo, dalla Chiesa e dall\\\'influente DC che di la dal confine spingeva per la partenza del maggior numero di persone».
I senatori chiedono al ministro dell\\\'Istruzione «se non ritenga scandalosa, in occasione delle giornate di commemorazione di un episodio ormai riconosciuto, dopo anni di oblio, dalla storia ufficiale, che associazioni nostalgiche del comunismo organizzino una conferenza che offende la memoria delle tante vittime italiane». Ed ancora «se non ritenga incompatibile con le commemorazioni l\\\'assegnazione di crediti formativi per gli studenti partecipanti a questo evento». Una tragica beffa per il 10 febbraio, che ha spinto Gasparri e Giovanardi a scrivere una seconda lettera al presidente della Repubblica invitandolo ad incontrare gli esuli al Quirinale. Mattarella, al contrario di Napolitano e Ciampi, non l\\\'ha mai fatto e per la seconda volta il 10 febbraio sarà all\\\'estero. Domenica ha trovato tempo per assistere alla partita dell\\\'Italia di rugby nel torneo delle 6 nazioni ed il 9 febbraio sarà a Torino per i 150 anni del quotidiano la Stampa.
I senatori sottolineano, che gli esuli «le hanno chiesto di essere ricevuti in occasione della Giornata del Ricordo del 10 febbraio, che nel 70° anniversario della perdita di quel pezzo d\\\'Italia ricopre una particolare solennità». A Mattarella si fa presente che «le Associazioni, come le abbiamo più volte segnalato, sono disponibilissime ad incontrarLa anche nei giorni antecedenti o successivi al 10 di febbraio, perché l\\\'Italia nella sua massima espressione istituzionale riconfermi la solidarietà e l\\\'affetto nei confronti di quei concittadini che più di tutti hanno pagato i disastri della Seconda guerra mondiale».
[continua]

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11 novembre 2008 | Centenario della Federazione della stampa | reportage
A Trieste una targa per Almerigo Grilz
e tutti i caduti sul fronte dell'informazione

Ci sono voluti 21 anni, epiche battaglie a colpi di articoli, proteste, un libro fotografico ed una mostra, ma alla fine anche la "casta" dei giornalisti triestini ricorda Almerigo Grilz. L'11 novembre, nella sala del Consiglio comunale del capoluogo giuliano, ha preso la parola il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, Pietro Villotta. Con un appassionato discorso ha spiegato la scelta di affiggere all'ingresso del palazzo della stampa a Trieste una grande targa in cristallo con i nomi di tutti i giornalisti italiani caduti in guerra, per mano della mafia o del terrorismo dal 1945 a oggi. In rigoroso ordine alfabetico c'era anche quello di Almerigo Grilz, che per anni è stato volutamente dimenticato dai giornalisti triestini, che ricordavano solo i colleghi del capoluogo giuliano uccisi a Mostar e a Mogadiscio. La targa è stata scoperta in occasione della celebrazione del centenario della Federazione nazionale della stampa italiana. Il sindacato unico ha aderito all'iniziativa senza dimostrare grande entusiasmo e non menzionando mai, negli interventi ufficiali, il nome di Grilz, ma va bene lo stesso. Vale la pena dire: "Meglio tardi che mai". E da adesso speriamo veramente di aver voltato pagina sul "buco nero" che ha avvolto per anni Almerigo Grilz, l'inviato ignoto.

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16 febbraio 2007 | Otto e Mezzo | reportage
Foibe, conflitto sulla storia
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07 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Parla il sopravvissuto al virus
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il sopravvissuto sta sbucciando un’arancia seduto sul letto di ospedale, come se non fosse rispuntato da poco dall’anticamera dell’inferno. Maglietta grigia, speranza dipinta negli occhi, Giovanni Ziliani è stato dimesso mercoledì, per tornare a casa. Quarantadue anni, atleta e istruttore di arti marziali ai bambini, il 10 marzo ha iniziato a stare male nella sua città, Cremona. Cinque giorni dopo è finito in terapia intensiva. Dalla Lombardia l’hanno trasferito a Trieste, dove un tubo in gola gli pompava aria nei polmoni devastati dall’infezione. Dopo 17 giorni di calvario è tornato a vivere, non più contagioso. Cosa ricorda di questa discesa all’inferno? “Non volevo dormire perchè avevo paura di smettere di respirare. Ricordo il tubo in gola, come dovevo convivere con il dolore, gli sforzi di vomito ogni volta che cercavo di deglutire. E gli occhi arrossati che bruciavano. Quando mi sono svegliato, ancora intubato, ero spaventato, disorientato. La sensazione è di impotenza sul proprio corpo. Ti rendi conto che dipendi da fili, tubi, macchine. E che la cosa più naturale del mondo, respirare, non lo è più”. Dove ha trovato la forza? “Mi sono aggrappato alla famiglia, ai valori veri. Al ricordo di mia moglie, in cinta da otto mesi e di nostra figlia di 7 anni. Ti aggrappi a quello che conta nella vita. E poi c’erano gli angeli in tuta bianca che mi hanno fatto rinascere”. Gli operatori sanitari dell’ospedale? “Sì, medici ed infermieri che ti aiutano e confortano in ogni modo. Volevo comunicare, ma non ci riuscivo perchè avevo un tubo in gola. Hanno provato a farmi scrivere, ma ero talmente debole che non ero in grado. Allora mi hanno portato un foglio plastificato con l’alfabeto e digitavo le lettere per comporre le parole”. Il momento che non dimenticherà mai? “Quando mi hanno estubato. E’ stata una festa. E quando ero in grado di parlare la prima cosa che hanno fatto è una chiamata in viva voce con mia moglie. Dopo tanti giorni fra la vita e la morte è stato un momento bellissimo”. Come ha recuperato le forze? “Sono stato svezzato come si fa con i vitellini. Dopo tanto tempo con il sondino per l’alimentazione mi hanno somministrato in bocca del tè caldo con una piccola siringa. Non ero solo un paziente che dovevano curare. Mi sono sentito accudito”. Come è stato infettato? “Abbiamo preso il virus da papà, che purtroppo non ce l’ha fatta. Mio fratello è intubato a Varese non ancora fuori pericolo”. E la sua famiglia? “Moglie e figlia di 7 anni per fortuna sono negative. La mia signora è in attesa di Gabriele che nascerà fra un mese. Ed io sono rinato a Trieste”. Ha pensato di non farcela? “Ero stanco di stare male con la febbre sempre a 39,6. Speravo di addormentarmi in terapia intensiva e di risvegliarmi guarito. Non è andata proprio in questo modo, ma è finita così: una vittoria per tutti”.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
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Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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