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23 settembre 2017 - Interni - Libia - Il Giornale
Guerra tra Ong: indagata anche Save the children
Fausto Biloslavo
E adesso l\'inchiesta della procura di Trapani coinvolge Save the children, la seconda Ong a finire sotto la lente degli investigatori per i disinvolti, se non peggio, recuperi di migranti al largo della Libia. Sotto indagine per l\'ipotesi di reato di favoreggiamento dell\'immigrazione clandestina è finito Marco Amato, il comandante di nave Vos Hestia utilizzata dall\'organizzazione umanitaria per la operazioni nel Mediterraneo. «Ribadiamo con forza che Save the Children ha sempre agito nel rispetto della legge durante la missione di ricerca e salvataggio e confermiamo, ancora una volta, che l\'Organizzazione non è indagata», ci tiene a precisare l\'Ong. Una sottile foglia di fico tenendo conto che a bordo di Vos Hestia c\'era una squadra di Save the children ed un capo team, che rispondeva al quartier generale a Roma e coordinava le operazioni di recupero dei migranti proprio con il comandante indagato.
Un filmato mandato in onda giovedì sera da Matrix, su Canale 5, mostra chiaramente l\'andazzo al largo della Libia fino ad un paio di mesi fa. Le immagini girate in giugno da bordo di uno dei gommoni di salvataggio di nave Vos Hestia riprendono in primo piano un grande barcone azzurro stracolmo di migranti. Il mare è piatto, nessun pericolo. Accanto al barcone si notano perfettamente un paio di natanti più piccoli con a bordo gli scafisti che hanno accompagnato i migranti fin davanti alla nave di Save the children. I figuri attendono di recuperare il barcone o il motore. L\'aspetto più incredibile è che uno di questi sale a bordo del barcone e con un tubo di gomma ordina ai migranti cosa fare menando frustate. Il tutto avviene sotto gli occhi della squadra di recupero di Save the children sul gommone a pochi metri di distanza. Nessuno sembra porsi il problema di fare da taxi del mare dei trafficanti libici.
Il comandante Amato è stato indagato grazie alle testimonianze di due addetti alla sicurezza ingaggiati dalla Ong e da un agente sotto copertura a bordo della nave. In realtà a chiamare in causa Save the children è stata anche la difesa della prima Ong coinvolta nell\'inchiesta, la tedesca Jugend Rettet, per il sequestro di Iuventa la loro nave. L\'avvocato Leonardo Marino ha fatto una ricostruzione «parallela», che secondo il legale smonta «le false accuse» dell\'inchiesta di Trapani. E chiama in causa altre Ong: «A coordinare le operazioni di soccorso non eravamo noi con la Iuventa bensì la Vos Hestia, sotto il costante e diretto controllo della Guardia costiera» e nella zona operava, a poca distanza, la nave Seefuchs di Sea Eye, un\'altra Ong oltranzista tedesca.
L\'accusa descrive un episodio del 18 giugno con tanto di documentazione fotografica che mostra un gommone degli umanitari riportare verso la Libia un barcone poi riusato dai trafficanti per caricare altri migranti. Secondo la difesa di Jugend Rettet «i gommoni nelle fotografie non sono della Iuventa, ma di Vos Hestia», la nave di Save the children.
Ieri il tribunale del riesame di Trapani ha respinto l\'istanza di dissequestro di nave Iuventa presentata il 19 settembre. Non solo l\'inchiesta sta coinvolgendo altre Ong, ma le stesse organizzazioni umanitarie per difendersi chiamano in causa la Guardia costiera italiana, che segnalava i barconi dei migranti. La forza navale sotto il controllo del ministro Graziano Delrio ha svolto un ruolo a dir poco ambiguo. L\'avvocato Marino, legale della Ong tedesca Jugend Rettet, è ancora più netto: «O si indagano tutti, Guardia costiera compresa, oppure nessuno».
[continua]

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21 settembre 2017 | Matrix | reportage
Migranti in gabbia
Per i migranti la Libia è un inferno. In 7000 sono detenuti nei centri del ministero dell’Interno in condizioni impossibili. L’Onu e le Ong, che denunciano le condizioni miserevoli, dovrebbero parlare di meno e fare di più prendendo in mano i centri per alzarne il livello di umanità. E non utilizzare le condizioni di questi disgraziati come grimaldello per riaprire il flusso di migranti verso l’Italia. Non solo: Tutti i dannati che vedete vogliono tornare a casa, ma i rimpatri, organizzati da un’agenzia dell’Onu, vanno a rilento perché mancano soldi e uomini. E chi ce la fa esulta come si vede in questo video dei nigeriani che tornano in patria girato dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Dietro le sbarre a Tripoli un migrante ci mostra i segni di percosse e maltrattamenti. Nel centro di detenzione di Triq al-Siqqa, il più grande della capitale libica, ci sono anche le donne, intercettate prima di raggiungere l’Italia, con i loro bambini nati nei cameroni, che protestano con le guardie per il cibo pessimo ed insufficiente. Il responsabile del centro di Triq al-Siqqa si scaglia contro l’Europa e parla di “visite dei ministri degli esteri di Germania, Inghilterra, delegazioni italiane…. tanto inchiostro sui documenti, ma poi non cambia nulla, gli aiuti sono minimi”. Ogni giorno arrivano al centro nuovi migranti fermati in mare, che ci provano ancora a raggiungere l’Italia. In Libia sono bloccate fra mezzo milione e 800mila persone, in gran parte vessate dai trafficanti, che attraggono le donne come Gwasa dicendo che in Italia i migranti “hanno privilegi, rifugio e cibo”. In agosto le partenze sono crollate dell’86% grazie ad un accordo con le milizie che prima proteggevano i trafficanti. Nei capannoni-celle di Garyan i migranti mostrano i foglietti di registrazioni delle loro ambasciate per i rimpatri, ma devono attendere mesi o anche un anno mangiando improbabile maccheroni. E non sono solo musulmani. Nel centro di detenzione costruito dagli italiani ai tempi di Gheddafi i dannati dell’inferno libico invocano una sola parola: “Libertà, libertà”.

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Gli americani spingono con insistenza per un maggiore coinvolgimento dell’Italia nel conflitto in Libia, non solo per passare il cerino politico agli europei. L’obiettivo finale è piegare il colonnello Gheddafi e far sbarcare una forza di interposizione in Libia, con ampia partecipazione italiana. Un modello stile ex Yugoslavia, dove il contingente occidentale è arrivato dopo l’offensiva aerea.

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26 aprile 2011 | Radio 101 | intervento
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02 marzo 2011 | Panorama | intervento
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09 marzo 2011 | Panorama | intervento
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