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Reportage
15 giugno 2018 - Controstorie - Siria - Il Giornale
“L’Europa deve riprendersi i suoi cittadini terroristi Non possiamo tenerli noi”
da Heyn Hissa (Siria)
I prigionieri jihadisti stranieri dei curdi nel nord est della Siria, comprese le famiglie e i terroristi dello Stato islamico, sono circa tremila. E i loro paesi di origine non ne vogliono sapere di riportarseli casa per processarli o incarcerarli. Mustafà Bali è il responsabile dei rapporti con la stampa delle Forze democratiche siriane composte in gran parte da combattenti curdi, che lo scorso anno hanno liberato Raqqa con l\\\'appoggio alleato. Bali, in mimetica, denuncia al Giornale il silenzio pilatesco dell\\\'Europa, compresa l\\\'Italia, sui prigionieri jihadisti dimenticati.
Quanti sono gli stranieri dello Stato islamico che avete catturato?
«Le donne e i bambini del Califfato che abbiamo in custodia sono migliaia. Nel campo di Roy abbiamo rinchiuso circa 450 famiglie (circa 1.350 persone, nda). Un numero equivalente è sotto sorveglianza nel campo di Heyn Issa. Per quanto riguarda i combattenti stranieri veri e propri dello Stato islamico ne abbiamo catturati centinaia».
Quali sono le nazionalità maggioritarie fra i prigionieri?
«Il numero più alto è quello dei maghrebini proveniente dai paesi del Nord Africa. Ci sono anche gli europei soprattutto dalla Francia e dalla Gran Bretagna. Il 19 maggio le Forze democratiche siriane hanno catturato in un\\\'operazione speciale il terrorista Abu Osama al Fransi coinvolto negli attacchi di Parigi e di Nizza».
Come pensate di affrontare il problema di questo alto numero di prigionieri?
«Gran parte degli arresti sono avvenuti mentre cercavano di passare il confine per entrare in Turchia. E poi la loro intenzione era di proseguire verso l\\\'Europa. Questo significa che se è un problema per noi è anche un problema per voi europei. Sul territorio abbiamo poche infrastrutture adatte alla custodia. Non siamo in grado di sostenere a lungo questo peso. La nostra richiesta ai paesi coinvolti è chiara: per favore venite a prendere i vostri jihadisti per giudicarli e nel caso punirli». 
E qual è stata la risposta?
«Silenzio totale. Non solo i paesi europei, ma pure le nazioni nordafricane hanno fatto orecchie da mercante sui propri jihadisti. Addirittura un\\\'Ong marocchina ci ha accusato di riconsegnare le famiglie del Califfo allo Stato islamico. Non è vero, ma che vengano a prendersi i loro cittadini. Gli europei non ci hanno neppure mandato degli aiuti per sostenere i prigionieri con il loro passaporto. Semplicemente se ne fregano».
Nessuno si è fatto carico dei propri jihadisti?
«Solo l\\\'Indonesia e la Russia hanno avviato un programma cominciando a riportarseli a casa».
Ci sono anche tanti bambini.
«È un grosso problema perché hanno subito il lavaggio del cervello da parte dello Stato islamico. Stiamo cercando di avviare un programma di deradicalizzazione e riabilitazione delle loro menti, ma abbiamo pochi mezzi. Immaginate una ragazzina di dieci anni coperta con il velo integrale, che non ha visto altro. È un\\\'impresa estremamente difficile farle cambiare idea».
Cosa vorrebbero fare le mogli dei mujaheddin che avete catturato?
«Molte vogliono tornare semplicemente a casa. Riceviamo di continuo appelli di donne europee, come una tedesca pochi giorni fa, rivolti al suo governo. Sono pronte a consegnarsi, ma le ambasciate non ne vogliono sentire parlare». 
Le organizzazioni internazionali come la Croce rossa stanno facendo qualcosa per affrontare la situazione?
«Da quanto mi risulta né la Croce rossa né l\\\'Onu se ne stanno occupando».
Cosa farete se non riuscite a rimandare i prigionieri jihadisti a casa loro?
«Non esiste ancora un progetto chiaro su cosa fare di questa gente, ma abbiamo i nostri tribunali. L\\\'unica certezza è che vanno giudicati e puniti».
Dopo la liberazione di Raqqa le bandiere nere continuano a resistere al confine con l\\\'Irak?
«L\\\'ultima fase di ogni conflitto è la più difficile. Abbiamo lanciato l\\\'operazione Roundup per riconquistare le ultime sacche dell\\\'Isis, ma ci sono civili e anche ostaggi usati come scudi umani. Lo Stato islamico controlla diversi villaggi a chiazza di leopardo su un\\\'area di diecimila chilometri quadrati. Per questo ci vorrà tempo per liberarli tutti. L\\\'operazione potrebbe concludersi alla fine dell\\\'anno».
FBil
[continua]

video
12 settembre 2013 | Tg5 | reportage
Maaalula: i tank governativi che martellano i ribelli
Il nostro inviato in Siria, Fausto Biloslavo, torna nel mezzo dei combattimenti fra le cannonate dei carri armati

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12 settembre 2013 | Tg5 | reportage
Diario di guerra ia Damasco
Tadamon la prima linea a 500 metri dai vicoli dove i bambini giocano a pallone.

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25 gennaio 2016 | Tg5 | reportage
In Siria con i russi
La guerra dei russi in Siria dura da 4 mesi. I piloti di Mosca hanno già compiuto 5700 missioni bombardando diecimila obiettivi. In queste immagini si vedono le bombe da 500 o 1000 chili sganciate sui bersagli che colpiscono l’obiettivo. Un carro armato della bandiere nere cerca di dileguarsi, ma viene centrato in pieno e prende fuoco. In Siria sono impegnati circa 4mila militari russi. La base aerea a 30 chilometri dalla città siriana di Latakia è sorvolata dagli elicotteri per evitare sorprese. Le bombe vengono agganciate sotto le ali a ritmo continuo. I piloti non parlano con i giornalisti, ma si fanno filmare con la visiera del casco abbassato per evitare rappresaglie dei terroristi. Il generale Igor Konashenkov parla chiaro: “Abbiamo strappato i denti ai terroristi infliggendo pesanti perdite - sostiene - Adesso dobbiamo compiere il prossimo passo: spezzare le reni alla bestia”. Per la guerra in Siria i russi hanno mobilitato una dozzina di navi come il cacciatorpediniere “Vice ammiraglio Kulakov”. Una dimostrazione di forza in appoggio all’offensiva aerea, che serve a scoraggiare potenziali interferenze occidentali. La nave da guerra garantisce la sicurezza del porto di Tartus, base di appoggio fin dai tempi dell’Urss. I soldati russi ci scortano nell’entroterra dilaniato dai combattimenti. Negli ultimi tre anni la cittadina era una roccaforte del Fronte al Nusra, la costola siriana di Al Qaida. Le bombe russe hanno permesso ai governativi, che stavano perdendo, di riguadagnare terreno. Sul fronte siriano i militari di Mosca usano il blindato italiano Lince. Lo stesso dei nostri soldati in missione in Afghanistan.

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radio

02 dicembre 2015 | Radio uno Tra poco in edicola | intervento
Siria
Tensione fra Turchia e Russia
In collegamento con Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa. In studio conduce Stefano Mensurati.

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02 luglio 2015 | Radio24 | intervento
Siria
La famiglia jihadista
"Cosa gradita per i fedeli!!! Dio è grande! Due dei mujaheddin hanno assassinato i fumettisti, quelli che hanno offeso il Profeta dell'Islam, in Francia. Preghiamo Dio di salvarli”. E’ uno dei messaggi intercettati sulla strage di Charlie Hebdo scritto da Maria Giulia Sergio arruolata in Siria nel Califfato. Da ieri, la prima Lady Jihad italiana, è ricercata per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale. La procura di Milano ha richiesto dieci mandati di cattura per sgominare una cellula “familiare” dello Stato islamico sotto indagine da ottobre, come ha scritto ieri il Giornale, quando Maria Giulia è arrivata in Siria. Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ha spiegato, che si tratta della “prima indagine sullo Stato Islamico in Italia, tra le prime in Europa”.

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23 gennaio 2014 | Radio Città Futura | intervento
Siria
La guerra continua


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