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Scenari mondo
08 novembre 2018 - Esteri - Afghanistan - Panorama
Afghanistan, 17 anni di guerra, i talebani sono ancora padroni

Fausto Biloslavo

Metà della popolazione afghana vive sotto il controllo dei talebani oppure in un’area contesa al governo di Kabul dagli estremisti islamici. Gli stessi americani ammettono che l’espansione territoriale dei talebani è la più estesa dal 2001, quando l’Emirato islamico crollò sotto i bombardamenti Usa dopo l’11 settembre. Nonostante il lungo, sanguinoso e costoso intervento occidentale ci ritroveremo di nuovo i seguaci di mullah Omar a Kabul?

Secondo i dati raccolti da Long war journal, un blog specializzato sulla guerra al terrorismo, i governativi controllano 146 distretti, i talebani 52, ma ben 198 sono contesi da aspri combattimenti. Il risultato è che 16.462.631 afghani, poco più del 50% della popolazione, vivono sotto il giogo talebano o in aree dove i miliziani integralisti insidiano le forze di sicurezza. Nell’ultimo rapporto al Congresso Usa viene confermato il peggioramento della situazione. “Il governo afghano controlla o influenza il 55,5% dei distretti del paese” la percentuale più bassa fino ad oggi.

“Siamo in Afghanistan da 17 anni. Sicuramente non è una guerra vinta. I soldati italiani hanno fatto tanto, ma grazie alla retorica delle missioni di pace abbiamo avuto la pretesa di combatterla come se non fosse un vero conflitto” osserva l’ex generale Marco Bertolini, paracadutista e veterano delle operazioni all’estero. 

Nel conflitto dimenticato al crocevia dell’Asia l’Italia schiera ancora 900 uomini, che ad Herat addestrano le truppe afghane. “La Nato continuerà a finanziare e appoggiare fino al 2024 le forze di sicurezza locali” ribadisce il generale Massimo Panizzi dal “fortino”, il comando internazionale a Kabul della missione Resolute support. Il 10 novembre arriverà nella capitale il generale di corpo d’armata Salvatore Camporeale, che sarà il vicecomandante dell’operazione Nato. L’orientamento del governo, però, è di ridurre il nostro contingente. “Per questo motivo ci avvieremo verso un graduale disimpegno che partirà già dai prossimi giorni con un ritiro di primi 100 uomini e poi ulteriori 100 nei primi mesi del 2019” conferma a Panorama una fonte della Difesa. La scelta che coincide con lo “sblocco” della missione in Niger “importantissima per il contenimento dei flussi migratori”. 

In Afghanistan i 15mila soldati americani sono il grosso delle truppe internazionali. L’appoggio aereo a stelle e strisce è fondamentale ed i corpi speciali operano ancora sul terreno, ma da tempo la responsabilità della sicurezza spetta alle truppe afghane, che pagano un alto tributo di sangue. I caduti sarebbero fra i 30 e 40 al giorno con punte di 400 morti alla settimana. Il 18 ottobre un infiltrato dei talebani è riuscito ad ammazzare il giovane generale Abdul Raziq, alfiere del governo a Kandahar, l’ex capitale spirituale degli integralisti. Per un pelo è sfuggito all’attacco il comandante americano della missione internazionale, generale Austin Miller.

“Se restiamo non basta una pacca sulla spalla - spiega Bertolini - Dobbiamo ottenere qualcosa dagli americani dal punto di vista politico, militare o economico sul terreno”. Per il momento gli unici a fare affari sono i cinesi, che non hanno impiegato un solo soldato, ma ottenuto lucrose concessioni minerarie. Gli Usa pur di trovare una via d’uscita hanno rotto il tabù delle trattative con i talebani. L’ex ambasciatore americano a Kabul, Zalmay Khalilzad, si è incontrato con gli integralisti a Doha, in Qatar, dove hanno una rappresentanza.   

Mullah Haibatullah Akhundzada, l’emiro che guida i talebani è disposto a trattare, ma solo sul ritiro in buon ordine delle truppe Usa, come accadde a fine anni ottanta con i sovietici. Il presidente afghano, Ashraf Ghani, poco popolare, si presenterà per il secondo mandato alle elezioni di aprile. Mullah Akhundzada, alleato di Al Qaida, lo bolla come “una marionetta” dell’Occidente ed è convinto che la vittoria sia ad un passo. In mezzo ci sono oltre 300mila uomini delle forze di sicurezza afghane seppure decimati da perdite e diserzioni. “Non possiamo lasciarli soli - sottolinea il generale Panizzi - Hanno ancora bisogno del nostro addestramento e aiuto. Il futuro dell’Afghanistan è nelle loro mani, ma ci vuole tempo”.


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14 novembre 2001 | Studio Aperto | reportage
I talebani fuggono da Kabul
Dopo una battaglia durata 24 ore i mujaheddin dell'Alleanza del nord sono entrati vittoriosi a Kabul il 13 novembre 2001. I talebani hanno abbandonato la capitale.

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10 ottobre 2010 | Domenica Cinque | reportage
In guerra si muore: 4 penne nere cadute in battaglia
Furiosa battaglia in Af­ghanistan: i talebani tendo­no un'imboscata ad un con­voglio italiano nella famige­rata valle del Gulistan. L'obiettivo è spingere i blin­dati verso una o più trappole esplosive piazzate dagli in­sorti. Un «Lince» salta in aria uccidendo sul colpo quattro penne nere e ferendo un quinto alpino. I soccorsi rie­s­cono a mettere in salvo l'uni­co sopravvissuto, sotto il fuo­co degli insorti. La trappola esplosiva ha ucciso Gianmar­co Manca, Francesco Van­nozzi, Sebastiano Ville e Mar­co Pedone, tutti del 7˚ reggi­mento alpini della brigata Ju­lia, di stanza a Belluno.

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07 giugno 2010 | Porta a Porta | reportage
Un servizio sulle guerre di pace degli italiani
Le “guerre” di pace degli italiani sono iniziate nel 1982, con la prima importante missione all’estero nel martoriato Libano, dopo il conflitto fra israeliani e palestinesi. Oggi sono quasi diecimila i soldati italiani impegnati nel mondo in venti paesi. Oltre alla baionette svolgiamo un apprezzato intervento umanitario a favore della popolazione. Dall’Africa, ai Balcani, al Medio Oriente, fino all’Afghanistan non sempre è una passeggiata per portare solo caramelle ai bambini. Nel 1991, durante la guerra del Golfo, un caccia bombardiere italiano è stato abbattuto dalla contraerea irachena. Il pilota Gianmarco Bellini ed il navigatore Maurizio Cocciolone sono rimasti per 45 giorni nelle cupe galere di Saddam Hussein. Quella in Somalia, è stata una missione sporca e dura, macchiata da casi isolati di torture e maltrattamenti. Al check point Pasta, a Mogadiscio, i paracadutisti della Folgore hanno combattuto la prima dura battaglia in terra d’Africa dopo la seconda guerra mondiale. Alla fine del conflitto etnico siamo intervenuti a pacificare la Bosnia. Per il Kosovo, nel 1999, l’aeronautica militare ha bombardato i serbi effettuando 3mila sortite. Una guerra aerea di cui non si poteva parlare per opportunità politiche. Dopo l’11 settembre i focolai di instabilità sono diventati sempre più insidiosi, dall’Iraq all’Afghanistan. Nel 2003, con la missione Antica Babilonia a Nassiryah, i nostri soldati sono rimasti coinvolti nelle battaglie dei ponti contro i miliziani sciiti. In sole 24 ore gli italiani hanno sparato centomila colpi. Siamo sbarcati di nuovo in Libano dopo il conflitto fra Israele ed Hezbollah, ma la nostra vera trincea è l’Afghanistan. Con i rinforzi previsti per l’estate arriveremo a 4mila uomini per garantire sicurezza nella parte occidentale del paese, grande come il Nord Italia, al confine con l’Iran. Herat, Bala Murghab, Farah, Bala Baluk, Bakwa, Shindad sono i nomi esotici e lontani dove fanti, alpini, paracadutisti combattono e muoiono in aspri scontri e imboscate con i talebani o attentati. Dal 1982, nelle nostre “guerre” di pace, sono caduti 103 soldati italiani.

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14 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - "Sono il sergente Joseph Buonpastore..."
Afghanistan,un'estate in trincea. In prima linea con i marines

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12 novembre 2001 | Radio 24 Gr | reportage
Afghanistan
Il crollo dei talebani - Intervista in prima linea
In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre.Durante l'attacco a Kabul parla dalle postazioni conquistate ai talebani, Bashir Salanghi, uno dei comandanti dell'Alleanza del Nord che ha scatenato l'offensiva

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07 febbraio 2005 | Radio 24 | intervento
Afghanistan
A Baghdad il sequestro di Giuliana Sgrena
Giuliana Sgrena, giornalista de Il Manifesto, è sotto sequestro in Iraq. Sulla vicenda, che riapre le ansie che l'Italia ha già vissuto per Simona Pari e Simona Torretta oltre che per gli altri rapiti italiani, torna la trasmissione di Giuseppe Cruciani per cercare di analizzare la matrice del rapimento, le sorti dell'ostaggio e i possibili sviluppi. Ospiti Alberto Negri, Fausto Biloslavo, Valentino Parlato, e Toni Capuozzo.

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22 agosto 2008 | Panorama.it | intervento
Afghanistan
Tre soldati italiani feriti a nord di Kabul
Tre soldati italiani sono rimasti feriti da un’esplosione a nord di Kabul.Ieri mattina verso le 7.20, le 4.50 in Italia, una piccola colonna del nostro contingente si stava dirigendo fuori dalla capitale. Circa 20 chilometri a nord di Kabul un mezzo è stato investito da un’esplosione nella parte posteriore. Il veicolo coinvolto è un Vm 90, il meno protetto che abbiamo dispiegato in Afghanistan. Nella parte dietro è scoperto e ha solo due piastre protettive laterali. L’esplosione non deve essere stata molto forte, perché ha provocato solo tre feriti leggeri. Se fosse stata una vera e propria trappola esplosiva non ci sarebbero superstiti su quel tipo di mezzo. Forse si è trattato di un ordigno che ha fatto cilecca.

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14 novembre 2001 | Radio 24 | reportage
Afghanistan
Kabul la prima giornata di libertà
Gioie e dolori delle prime 48 ore di libertà a Kabul raccontati sotto un cielo di stelle dalla terrazza dell'hotel Intercontinental.

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