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25 luglio 2021 - Attualità - Afghanistan - Il Giornale
Il terrore talebano dilaga Coprifuoco in Afghanistan E gli interpreti: “Salvateci”
«Siamo terrorizzati, come il resto della popolazione. Se il governo italiano non accelera l\\\'evacuazione di noi interpreti rimasti in Afghanistan, i talebani potrebbero entrare a Herat e il nostro destino sarebbe terribile». Il disperato appello arriva da Mohammad Ali Safdari, «portavoce» di 58 ex interpreti dei nostri soldati, che attendono di venire salvati con le loro famiglie dall\\\'operazione Aquila lanciata dalla Difesa per portare in Italia i collaboratori afghani.
Nel paese è stato imposto da ieri il coprifuoco in 31 province su 34 «per frenare le violenze e limitare i movimenti dei talebani», che stanno avanzando sempre più in fretta. Il coprifuoco notturno è in vigore dalle 22 alle 4 del mattino a parte Kabul, la capitale, la valle del Panjsher, roccaforte degli anti talebani e la provincia di Nangarhar.
Il coprifuoco, l\\\'avanzata talebana nell\\\'entroterra che punta a isolare le città e a tagliare le principali vie di comunicazione rendono ancora più rischiosa e difficile l\\\'evacuazione dei collaboratori della Nato. «Più passa il tempo e più siamo a rischio di venire sgozzati come collaborazionisti degli infedeli» è il tono dei messaggi via whatsapp che arrivano al Giornale da interpreti e lavoratori locali rimasti indietro. «Sarò in cima alla lista delle persone che verranno uccise dai talebani se entreranno a Herat» ha scritto un nostro interprete all\\\'ex ministro della Difesa, Elisabetta Trenta. «Lancio un appello a tutte le forze politiche perché si impegnino a velocizzare le procedure d\\\'accoglienza» annuncia l\\\'ex grillina, oggi con l\\\'Italia dei valori. «Coloro che restano nel paese dopo aver lavorato con le forze straniere - spiega - subiscono e subiranno persecuzioni e vendette».
Herat si trova dall\\\'altra parte dell\\\'Afghanistan rispetto a Kabul, dove partiranno i prossimi aerei per l\\\'evacuazione. L\\\'aeroporto potrebbe smettere di funzionare se i talebani continuano a stringere il cerchio. Avventurarsi via terra con mogli e figli è un rischio perché gli insorti stanno interrompendo le strade con posti di blocco volanti.
«L\\\'apparente inarrestabile avanzata dei talebani rende sempre più difficile per i nostri collaboratori e relativi nuclei familiari, poter raggiungere i punti di raccolta per la successiva evacuazione in Italia» sottolinea il generale Giorgio Battisti, non più in servizio, ma che conosce bene l\\\'Afghanistan. «Il fattore tempo costituisce l\\\'elemento decisivo per organizzare le operazioni di recupero dei rimanenti collaboratori ed evitare che possano essere vittime di vendette degli insorti, come sta già avvenendo in questi giorni» mette in guardia l\\\'alto ufficiale degli alpini.
Il presidente americano Joe Biden ha annunciato lo stanziamento di 100 milioni di dollari per la temuta ondata di profughi e rifugiati dall\\\'Afghanistan «comprese le persone che hanno fatto richiesta del visto speciale per gli Usa». Il presidente, in un colloquio telefonico con il capo di Stato afghano, Ashraf Ghani, ha garantito «il sostegno degli Stati Uniti alle forze di sicurezza» governative. I talebani sono avanzati perché il ritiro della Nato ha fatto mancare l\\\'appoggio aereo. Negli ultimi giorni sette raid Usa hanno timidamente invertito la tendenza, ma i caccia devono arrivare da lontano, in alcuni casi dalle portaerei nel Golfo Persico.
Stati Uniti, Unione Europea, Nato, Francia, Germania, Italia, Norvegia e Regno Unito chiedono in una dichiarazione congiunta «ai talebani di mettere fine alla loro offensiva militare, un cessate il fuoco permanente e un governo di transizione fino a quando non sarà raggiunto un accordo politico finale».
[continua]

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28 ottobre 2012 | TG5 | reportage
Afghanistan: un botto e la polvere dell'esplosione che invade il blindato
L’esplosione è improvvisa, quando meno te l’aspetti, lungo una pista arida, assolata e deserta. I soldati italiani si sono infilati fra le montagne di Farah nell’Afghanistan occidentale infestato da talebani. Una colonna di fumo alta una quindicina di metri si alza verso il cielo. Il tenente Davide Secondi, 24 anni, urla alla radio “siamo saltati, siamo saltati” su un Ied, le famigerate trappole esplosive disseminate dai talebani. Non hai neppure il tempo di capire se sei vivo o morto, che la polvere invade il super blindato Cougar fatto apposta per resistere a questi ordigni. E’ come se la mano del Dio talebano afferrasse il bestione da 14 tonnellate in movimento fermandolo come una macchinina giocattolo. A bordo siamo in cinque ancorati ai sedili come in Formula uno per evitare di rimbalzare come birilli per l’esplosione. La più esposta è Mariangela Baldieri, 24 anni, del 32° genio guastatori alpini di Torino. Addetta alla mitragliatrice, metà del corpo è fuori dal mezzo in una torretta corazzata. Si è beccata dei detriti e sul primo momento non sente dall’orecchio destro. Almeno venticinque chili di esplosivo sono scoppiati davanti agli occhi di Alessio Frattagli, 26 anni, al volante. Il caporal maggiore scelto Vincenzo Pagliarello, 31 anni, veterano dell’Afghanistan, rincuora Mariangela. Siamo tutti illesi, il mezzo ha retto, l’addestramento dei guastatori ha fatto il resto. Cinquanta metri più avanti c’era un’altra trappola esplosiva. Il giorno prima a soli venti chilometri è morto in combattimento l’alpino Tiziano Chierotti. La guerra in Afghanistan continua.

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20 maggio 2007 | Terra! | reportage
I due che non tornarono
Due “fantasmi” resteranno legati per sempre alla brutta storia del sequestro e della liberazione di Daniele Mastrogiacomo. I fantasmi degli ostaggi afghani, gli ostaggi di serie B, il cui sangue pesa meno di quello di un giornalista italiano, come ci hanno detto fra le lacrime i loro familiari ed in tanti a Kabul (…) Gente comune, interpreti ed autisti del circo mediatico che ha invaso per qualche settimana l’Afghanistan e si è dissolto quando il giornalista di Repubblica è tornato a casa sano e salvo. I due fantasmi di questa brutta storia si chiamano Sayed Agha e Adjmal Naskhbandi, i compagni di sventura afghani di Mastrogiacomo che non sono più tornati a casa. I tagliagole talebani non hanno avuto un briciolo di pietà a tagliare loro la testa in nome del Jihad, la guerra santa. (…) Non si capisce cosa aveva da esultare il giornalista italiano, il 20 marzo, quando è sceso dalla scaletta dell’aereo che lo aveva riportato in patria, alzando le braccia al cielo come se avesse vinto un incontro di pugilato all’ultimo round. Alle spalle, sul campo di battaglia, aveva lasciato sia i vivi che i morti: Sayed il suo autista decapitato quattro giorni prima e Adjmal l’interprete rimasto vivo, ma ancora nelle grinfie dei talebani. (…) Purtroppo con il destino già segnato di una condanna a morte che servirà solo a seminare ulteriore zizzania politica in Italia ed in Afghanistan. Fin dal 5 marzo, quando sono stati inghiottiti in tre nella palude talebana della provincia di Helmand, i riflettori erano puntati solo sull’ostaggio eccellente, Daniele Mastrogiacomo. (…) Una prassi nei casi di sequestro dove chi ha il tuo stesso passaporto vale di più dei disgraziati locali che si trascina dietro. Loro se la cavano, si pensa spesso, ma in questo caso non è stato così. Il miraggio di guadagnare un pugno di dollari accompagnando un giornalista straniero a caccia dello scoop l’hanno pagato con la vita. Sayed aveva 25 anni e quattro figli, di cui il più grande Atifah ha solo sei anni. L’ultimo, il quinto che la moglie rischiava di perdere quando ha saputo del sequestro del marito, è nato un giorno prima del funerale del padre. Sayed faceva l’autista e pensava che non fosse tanto rischioso portare in giro Mastrogiacomo in una zona che conosceva come le sue tasche, perché c’era nato e ci viveva. Invece non aveva fatto i conti giusti con i talebani che per vecchie ruggini familiari e con l’accusa di spionaggio l’hanno processato secondo la legge islamica e condannato a morte. (…) Il 16 marzo i tagliagole hanno detto ai tre ostaggi che andavano a fare un giro, ma Sayed doveva sentire che era arrivata la sua ultima ora. Quando l’hanno fatto inginocchiare, a fianco di Mastrogiacomo, nella sabbia, in tunica bianca e con una benda rossa sugli occhi, non si agitava, sembrava rassegnato. Il giudice islamico ha letto una sbrigativa sentenza in nome di Allah ed il boia al suo fianco ha buttato il poveretto nella polvere, di traverso, per decapitarlo meglio. Nella mano destra del boia è apparso un coltellaccio ricurvo per segargli il collo. Sul corpo inanimato della vittima, come se fosse un burattino sena fili i tagliagole solitamente appoggiano la testa e si fanno riprendere soddisfatti. Ci sono voluti 11 giorni ai familiari per recuperare la salma, senza testa, perché nessuno gli ha dato una mano. (…) “Tutto il mondo ci ha dimenticato e si è occupato solo del rilascio del giornalista italiano in cambio di cinque criminali. Sayed e Adjmal lavoravano con lo straniero. Lui è stato liberato e per gli afgani cosa si è fatto?” ci ha detto amaramente Mohammed Dawood il fratello dell’autista ucciso. Adjmal aveva 23 anni e si era sposato da poco. Faceva il giornalista, non solo l’interprete e nelle zone talebane c’era già stato. Non abbastanza per salvarsi la pelle ed evitare di finire in una trappola assieme all’inviato di Repubblica. Con Mastrogiacomo ha diviso le catene ed i dolori del sequestro. (…) Nello scambio con cinque prigionieri talebani detenuti nelle carceri afghane era previsto sia Mastrogiacomo che Adjmal. A tutti e due il capobastone dei tagliagole che li tenevano prigionieri aveva detto “siete liberi”. Invece qualcosa è andato storto e Adjmal non è più tornato a casa. Quando la sua anziana madre ha capito che era ancora ostaggio dei talebani ha avuto un infarto. (…) Per non turbare il successo a metà della liberazione di Mastrogiacomo la grancassa di Repubblica aveva annunciato anche la liberazione di Adjmal e gran parte dei media hanno abboccato all’amo, ma non era vero. Qualche giorno dopo, quando Adjmal mancava tristemente all’appello, sempre Repubblica ha cercato di accreditare la teoria che era stata la sicurezza afghana a farlo sparire per interrogarlo. Anche questa volta non era così. (…) I talebani volevano sfruttare ancora un po’ il povero interprete per tenere sulla graticola il governo di Kabul e quello di Roma, che a parole ha chiesto la liberazione di tutti, ma nei fatti si è portato a casa solo il giornalista italiano. “Sono felice per la liberazione di Daniele, perché la vita di un uomo è stata salvata da un pericolo mortale. Allo stesso tempo sono arrabbiato, perché non ci si è occupati con la stessa attenzione di mio fratello” ci diceva Munir Naskhbandi assieme ad amici e cugini quando il giovane interprete era ancora vivo. Tutti, però, sapevano che il governo del presidente afghano Hamid Karzai non avrebbe più liberato un solo talebano in cambio dell’ostaggio. Per non lasciarsi testimoni afgani alle spalle a dare un’ultima scossa i tagliagole hanno condannato a morte anche Adjmal. La decapitazione di rito è avvenuto un giorno qualsiasi per loro, ma ancora più amaro per noi, la domenica di Pasqua e resurrezione. Attorno ai fantasmi e all’unico sopravissuto di questa storia non mancano le zone d’ombra, che prima o poi andranno chiarite. Rahmattulah Hanefi, l’uomo di fiducia di Emergency, che ha fatto da mediatore è stato arrestato dai servizi segreti afghani il giorno dopo la liberazione di Mastrogiacomo. (…) Il fratello di Sayed Agha, l’autista decapitato, aveva puntato subito il dito contro di lui. Amrullah Saleh il capo dei servizi di Kabul è ancora più duro e dice: “Abbiamo le prove che Hanefi è un facilitatore dei talebani, se non addirittura un loro militante travestito da operatore umanitario”. (…) L’uomo di Emergency avrebbe fatto cadere in una trappola Mastrogiacomo, sarebbe stato una quinta colonna dei tagliagole e avrebbe abbandonato Adjmal al suo destino. Le prove, però, non si vedono e fino a quando non verranno rese note non sapremo se si tratta di una ritorsione contro Emergency troppo blanda con i talebani, oppure un’innominabile verità che schizzerebbe fango su tutti, compreso il governo italiano. Un’altra ombra di questa vicenda è il canale parallelo di mediazione ingaggiato da Repubblica fin dalle prime ore del sequestro. Uno strano free lance italo inglese, Claudio Franco e la sua spalla afgana, hanno mediato per la liberazione. (…) Gino Strada, fondatore di Emergency, sente puzza di servizi segreti e non vuole averne a che fare. La strana coppia rispunta nell’area riservata dell’aeroporto militare di Kabul, quando arriva Mastrogiacomo appena liberato ed in viaggio verso l’Italia. Qualcuno della Nato li ha appena “estratti” dal sud dell’Afghanistan. Franco scatta foto esclusive di Mastrogiacomo mentre sale sul Falcon della presidenza del Consiglio, che lo riporterà a casa. Le immagini non vengono mai pubblicate e sul canale parallelo di mediazione viene steso un velo di silenzio. C‘è voluto un negoziato per avere questa fotografia di Sayed Agha con tre dei suoi cinque bambini. Nell’immagine c’era pure la moglie, ma i familiari, da buoni pasthun, non potevano farla vedere a degli stranieri (…) per di più infedeli. Alla fine hanno tagliato via la moglie e sono rimasti i bambini. Non vedranno più loro padre, morto nella provincia di Helmand, in Afghanistan, (…) per fare l’autista ad un giornalista italiano, Noi preferiamo ricordarlo così, (…) da vivo, con i suoi figli.

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29 luglio 2015 | Sky Tg24 | reportage
Omar il fantasma
“Mullah Omar, il capo dei talebani, è morto nel 2013” rivela il governo di Kabul, ma sulla sua fine aleggia il mistero. Il leader guercio dei tagliagole afghani, dato per morto tante volte, è sempre “resuscitato”. Questa volta, per Omar il fantasma, potrebbe essere diverso. Abdul Hassib Seddiqi, portavoce dell’Nds, l’intelligence di Kabul ha sostenuto in un’intervista al New York Times che l’imprendibile mullah “è morto due anni fa in un ospedale alla periferia di Karachi, città pachistana”. Sicuramente l’Isi, il potente servizio segreto militare di Islamabad, aveva idea di dove fosse. Non è escluso che il capo dei talebani sia stato un sorvegliato speciale, praticamente agli arresti domiciliari, a Qetta, capoluogo della provincia pachistana del Baluchistan al confine con l’Afghanistan. Un ex ministro dei talebani ha dichiarato ieri, in cambio dell’anonimato, che il mullah “è morto due anni e 4 mesi fa di tubercolosi e poi sepolto in Afghanistan” in gran segreto.

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radio

13 aprile 2010 | SBS Radio Italian Language Programme | intervento
Afghanistan
Mistero Emergency
La Radio per gli italiani d'Australia intervista Strada, ma i misteri di Emergency cominciano con il rapimento del free lance Gabriele Torsello nel 2006 e dell'inviato di Repubblica, Daniele Mastrogiacomo, l'anno dopo, sempre nella provincia di Helmand.

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16 aprile 2010 | Radio 24 | intervento
Afghanistan
I tre di Emergency a Kabul
Una svolta l'arrivo nella capitale afghana degli italiani arrestati e l'incontro con i diplomatici.

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18 agosto 2009 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Al fronte con gli italiani / Scontro a Farah
Questa mattina dalle 9.48, ora afghana, i Leoni del primo reggimento bersaglieri sono stati attaccati ad una decina di chilometri a nord di Farah, con armi controcarro e fucili mitragliatori. I fanti piumati erano partiti dalla base El Alamein nel capoluogol della turbolenta provincia sotto controllo del nostro contingente nell’Afghanistan occidentale. I cingolati d’attacco Dardo, armati di cannoncino da 25 millimetri, hanno risposto al fuoco. Sono stati impegnati anche i mortai da 60 millimetri in una battaglia che è durata fino alle 11.50. Fra gli italianii non si registrano feriti o seri danni ai mezzi. La richiesta di intervento era giunta dal governatore di Farah che aveva segnalato la presenza dei talebani pronti ad ostacolare le elezioni presidenziali del 20 agosto. La battaglia per il voto in Afghanistan è appena iniziata.

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08 aprile 2008 | Radio 24 - Gr24 extralarge | reportage
Afghanistan
Surobi, avamposto dimenticato. Gli italiani in prima linea
A piedi, con i muli, nei mezzi che assomigliano a gatti delle nevi blindati, gli alpini paracadutisti dell’avamposto dimenticato di Surobi, 70 chilometri a sud est di Kabul, ce la mettano tutta. Centoquaranta uomini a cominciare dai corpi speciali, i ranger del reggimento Monte Cervino, assieme ai paracadutisti della Folgore e agli esperti Cimic degli interventi umanitari e di ricostruzione. Tutti in prima linea nella guerra degli italiani in Afghanistan.

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12 novembre 2001 | Radio 24 Linea 24 | reportage
Afghanistan
Il crollo dei talebani - Una giornata di guerra/2
In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre. L'avanzata su Kabul e le notizie di saccheggi e vendette a Mazar i Sharif. I "gulam jam" del generale Dostum sono entrati in città. Tagliano le orecchie ai nemici per ottenere la ricompensa. Il soprannome "gulam jam" significa che quando passano loro bisogna arrotolare il tappeto e andarsene, perchè non resta più nulla

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