LIBRO E MOSTRA Gli occhi
della guerra
Gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage in prima linea. Per questo gli occhi della guerra diventano il titolo di un libro fotografico. Un libro per raccontare, con immagini e sguardi fugaci, 25 anni di servizi dai fronti più caldi del mondo.
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REPORTAGE
Nel Mar Rosso
per difendere
i mercantili
MAR ROSSO - Il rendezvous è fissato alle 2 Zulu in una notte di mezza luna nel Mar Rosso. Il cacciatorpediniere, Caio Duilio, naviga a tutta velocità verso nord. L’obiettivo è garantire la protezione ravvicinata a un convoglio di tre navi mercantili lungo la “zona rossa”, ad alto rischio, per la minaccia di droni e missili che gli Houti lanciano dallo Yemen. Fino ad oggi i miliziani filo iraniani, in guerra con Israele per l’invasione di Gaza, hanno attaccato 73 mercantili.
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I libri degli altri

imageLa spirale balcanica

autore: Giovanni Giacalone
editore: Il Giornale
anno: 2016
pagine: 160
Le bandiere nere sventolano alle porte di casa nostra, nella vicina Bosnia, ben più vicine rispetto alle coste libiche. In piccoli villaggi che sembrano isolati dal resto del mondo si annida il morbo della guerra santa, che spinge i più giovani a partire per arruolarsi nei ranghi del Califfato o di altri gruppi del terrore. Molti si offrono volontari per gli attentati suicidi, come Emrah Fojnica, 23 anni, nome di battaglia Khattab, che si è fatto saltare in aria in Iraq. Suo padre Hamdi, nel piccolo villaggio di Osve, sperduto fra le colline della Bosnia centrale, l’ha spiegato così offrendomi un tè: “Non sono certo contento della perdita di mio figlio, ma con la sua morte si è compiuta la volontà di Allah”. Davanti a casa sventola la bandiera nera con la professione di fede musulmana, molto simile a quelle di Al Nusra, la costola di Al Qaida dei ribelli siriani. Il Giornale con “Gli occhi della guerra”, il crowdfunding per i reportage di qualità realizzati grazie ai lettori, è stato il primo ad alzare il velo sull’attuale penetrazione jihadista nell’ex Jugoslavia. Non solo la Bosnia, ma il Kosovo, l’Albania, la Macedonia, il Sanjaccato in Serbia sono i focolai della spirale balcanica, la vecchia e nuova metastasi di cellule dell’Islam radicale, che rappresentano una minaccia anche per noi. “La spirale balcanica”, l’instant book di Giovanni Giacalone, accende i riflettori su un fenomeno sottovalutato, ma che per vicinanza geografica e radicamento delle comunità ex jugoslave in Italia potrebbe risultare più pericoloso delle bandiere nere che sventolano in Libia. La relazione dei servizi segreti al Parlamento per il 2015 registra che dai Balcani sono partiti 900 jihadisti per i fronti della guerra santa in Iraq e Siria. Molti sono già rientrati o mantengono stretti contatti con le comunità di appartenenza ponendo, secondo l’intelligence, rischi concreti "per l'eventualità di un insediamento nella regione di basi logistiche in grado di supportare pianificazioni terroristiche contro Paesi europei, incluso il nostro”. Giacalone fa un’analisi delle fasi storiche della spirale balcanica ed una radiografia delle operazioni antiterrorismo, che hanno debellato cellule e reti di reclutamento annidate in Italia. Il timore è che si tratti solo della punta di un vasto iceberg. Una minaccia sommersa grazie alla forte coesione degli estremisti originari dell’ex Jugoslavia, che ogni tanto affiora nelle inchieste. Dall’asse Milano-Zenica, roccaforte dei mujaheddin bosniaci e stranieri durante la guerra etnica degli anni novanta, al sottobosco del radicalismo kosovaro in provincia di Siena fino alla calamita del Nord Est per i volontari balcanici di casa nostra partiti verso la Siria. L’aspetto scandaloso è che molti ex jugoslavi finiti nella rete dell’antiterrorismo in Italia vivevano grazie ai sussidi pubblici. In pratica manteniamo di tasca nostra, in nome di un ottuso buonismo, gli aspiranti terroristi della porta accanto. E nei Balcani è ancora peggio, come dimostra Giacalone. La spirale balcanica viene alimentata da un nugolo di Ong di paravento utilizzate per ottenere fondi e alimentare il radicalismo, se non reclutare direttamente i mujaheddin da inviare sul campo di battaglia in Medio Oriente. Gli ultimi dati indicano che sarebbero circa 120 i kosovari rientrati dalla Siria e proprio Kosovo e Albania sono i due paesi che preoccupano come possibili trampolini di lancio per attentati in Italia. Non solo: i servizi segreti rivelano che le infiltrazioni dei terroristi e delle loro organizzazioni “possono inquinare i canali dell'immigrazione e sottoporre alla radicalizzazione elementi poi destinati ad emigrare nei Paesi europei”. Un rischio, rispetto al flusso via mare dalla Libia, “che si presenta più concreto lungo l'asse della rotta balcanica”. Fausto Biloslavo
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