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Articolo
20 marzo 2013 - Esteri - India - Il Giornale
L’ “italiana” Sonia Gandhi contro l’Italia

Fausto Biloslavo 
L’«italiana» Sonia Gandhi, la don­na più potente dell’India, prende a schiaffi la sua patria d’origine con una dura reprimenda sul caso marò. Presi­dente del partito del Congresso, al pote­re a Delhi, spera così di allentare l’asse­dio dell’alleanza contro natura fra na­zionalisti e comunisti, che l’accusano di aver chiuso un occhio sui due fucilie­ri di Marina rimasti in Italia.
«La sfida del governo italiano sulla questione dei due militari e il tradimen­to dell’impegno dato alla Corte Supre­ma sono assolutamente inaccettabili» ha tuonato Sonia sulla decisione di non far rientrare i marò a Delhi alla sca­denza del permesso elettorale. L’ere­de della dinastia politica Nehru-Gan­dhi, nata in Veneto e vissuta in Piemon­te fino a 18 anni, si scaglia contro l’Ita­lia: «A nessun Paese può essere conces­so, dovrebbe o sarà permesso di sotto­valutare l’India ». La vedova di Rajiv, uc­ciso in un attentato, ha spiegato ai ca­poccia del suo partito riuniti ieri a
 Delhi, che «devono essere utilizzati tut­ti i mezzi per assicurare che l’impegno assunto dal governo italiano di fronte alla Corte Suprema sia rispettato». In pratica l’India deve fare tutto quello che è nelle sue possibilità per riportare indietro» i marò. L’«italiana» non si è minimamente preoccupata della viola­zione dell’immunità diplomatica del nostro ambasciatore, Daniele Manci­ni, da parte della Corte suprema india­na. Ieri il quotidiano Times of India ri­portava le parole stizzite del presiden­te della Corte, Altamas Kabir, che per il «tradimento» di non aver riportato i marò in India, ha paragonato Mancini a Bruto, figlio di Cesare.
Da Bruxelles, invece, è finalmente giunta una posizione più netta. La rap­presentante per la politica estera euro­pea,
 Catherine Ashton si è detta «preoc­cupata » e ha ricordato che «qualsiasi li­mitazione alla libertà di movimento dell’ambasciatore d’Italia in India sa­rebbe contraria agli obblighi interna­zionali previsti dalla Convenzione» di Vienna. La Convenzione «è una pietra angolare dell’ordine legale internazio­nale, che va rispettata in ogni momen­to ».
Anche la Farnesina ha ritrovato final­mente la parola ribadendo in una nota che «la decisione della Corte Suprema di precludere al nostro Ambasciatore di lasciare il Paese (...) costituisce una evidente violazione della Convenzio­ne di Vienna sulle relazioni diplomati­che ». L’Italia ribadisce che il caso dei marò «debba essere risolto secondo il diritto internazionale».Il ministero de­gli Esteri spiega che l’India non ha ri­sposto alla proposta dell’arbitrato, che era stata indicato dalla stessa Corte su­prema. E tantomeno alla proposta «di consultazioni tra esperti giuridici» per risolvere il caso. Non solo: «Il rientro in India dei Fucilieri sarebbe stato in con­trasto con le nostre norme costituzio­nali ». Per questi motivi i marò restano
 in patria. 
www.faustobiloslavo.eu



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03 luglio 2013 | Uno Mattina | reportage
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La storia di Massimilianno Latorre e Salvatore Girone i fucilieri di Marina trattenuti in India per un anno con l'accusa di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati. Sul Giornale.it è raccontata nell'e book "I NOSTRI MARO'", che ripercorre la vicenda attraverso documenti esclusivi, testimonianze, foto e video inediti. Un anno di sgarbi diplomatici, interpretazioni arbitrarie del diritto e umiliazioni, ma anche un anno di retroscena e di battaglie per riportarli a casa. Latorre e Girone restano in Italia, ma la storia non è finita. Ora è sotto tiro il nostro ambasciatore in india, Daniele Mancini, come rappresaglia per il mancato rientro a Delhi dei marò.

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