
|
Esclusivo
20 gennaio 2015 - Prima - Italia - Il Giornale |
|
| Le italiane di Allah che inneggiano alle stragi |
Un'altra musulmana naturalizzata nel nostro Paese avrebbe aderito alla guerra santa in Siria, ma su Facebook sono decine le «jihadiste» d'Italia, almeno a parole. Estremiste, non terroriste, pronte a pubblicare la faccia di Hitler con una frase sullo sterminio degli ebrei lodandola in nome di Allah oppure la foto di aitanti miliziani islamici armati e sorridenti, che raccolgono tanti «ti piace». E 14, in gran parte donne, apprezzano la foto di un neonato con la bandana nera dell'Isis. La procura di Milano sta indagando non solo su Maria Luisa Sergio, alias Fatima, la prima convertita italiana partita per la Siria. Il quotidiano la Stampa ha rivelato che ci sarebbe una seconda lady Jihad o aspirante tale. In realtà non si tratterebbe di un'ex cristiana, ma di una giovane ventenne di origini arabe, naturalizzata in Italia. La ragazzina si è «convertita» al radicalismo islamico ostentandolo nell'abbigliamento e nelle abitudini. E sarebbe partita dalla zona di Milano verso il Califfato. Non solo gli uomini sono pronti alla guerra santa, ma anche numerose donne che vivono da noi, comprese diverse convertite. In rete nemmeno nascondano la loro deriva jihadista. Il numero in edicola di Panorama pubblica un post agghiacciante di Naima Ahmeti, che secondo il profilo Facebook vivrebbe a San Donato Milanese. «Spero con tutto il cuore che Allah accolga nella sua grandissima misericordia i nostri 3 fratelli uccisi in Francia» scrive il 10 gennaio, in buon italiano, poche ore dopo la morte dei terroristi di Parigi. E implora Allah che «protegga tutti i nostri jihadisti» con tanto di cuoricini fra le parole, come riporta Panorama. All'uscita del settimanale il post è stato cancellato, ma sulla sua pagina Naima, postava lo scorso luglio, il faccione di Hitler con una frase tremenda attribuita al dittatore tradotta in traballante italiano: «Avrei ucciso tutti gli ebrei del mondo ma ho tenuto un po' per mostrare perché li ho uccisi». Khalifa Eladla scrive nella nostra lingua «infatti ha fatto molto bene» e Naima, che si propone con il volto coperto dal velo, risponde in arabo «sia lodato Allah». Layla Noor, che sarebbe di Crema, risponde: «Io sono la prima che ucciderei con le mie mani ognuna delle bestie che sta sterminando le nostre famiglie» e poi incolpa gli israeliani sionisti. Sulle pagine Facebook delle musulmane radicali vengono postate immagini di ragazzoni sorridenti con il fucile mitragliatore in mano, che combattono su qualche fronte della guerra santa. Uno vestito di nero piace a diverse donne come Alessia Gervasi, che vive a Roma, o la giovanissima Ikram Tajiri, almeno nella foto su Facebook. La ragazzina ieri scriveva in buon italiano sulla sua pagina: «Fratelli e Sorelle di Allah (cuoricino) per un qualche motivo che nemmeno io conosco la mia pagina “Tutti insieme verso Al-Jannah” (il giardino del paradiso islamico, nda) è stata rimossa... dicono che non accetta gli standard (sull'estremismo di Facebook, nda) anche se io e un'altra ragazza pubblicavamo solo Ahadith (frasi e azioni del Profeta, nda) cmq ora ne ho fatta una nuova con lo stesso nome». Un altro «mi piace» al guerrigliero islamico arriva da Rahma Bellabes, che scrive in perfetto italiano, ma adesso vivrebbe a Londra. Il 16 ottobre aveva postato la foto di un neonato con una bandana dell'Isis riscuotendo 14 like, in gran parte da donne musulmane convertite e non che stanno in Italia. Diana Kauther, da Parigi, che pubblica la bandiera del Califfato, si è scatenata contro l'Occidente nei giorni dell'attacco a Charlie Hebdo. «Unici fascisti e criminali siete voi che andate in altri paesi (ad) ammazzare la gente con la scusa più schifosa al mondo della “democrazia e libertà!!!! - scrive in italiano rispondendo a chi prevede lo scontro di civiltà - Al suo posto non sarei così contento della guerra che arriverà e che purtroppo per la sua ignoranza i musulmani vincono, lega il Quran così avrà paura dei tempi che arriveranno». |
| [continua] |
|
video
|
|
|
11 novembre 2008 | Centenario della Federazione della stampa | reportage
A Trieste una targa per Almerigo Grilz e tutti i caduti sul fronte dell'informazione
Ci sono voluti 21 anni, epiche battaglie a colpi di articoli, proteste, un libro fotografico ed una mostra, ma alla fine anche la "casta" dei giornalisti triestini ricorda Almerigo Grilz. L'11 novembre, nella sala del Consiglio comunale del capoluogo giuliano, ha preso la parola il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, Pietro Villotta. Con un appassionato discorso ha spiegato la scelta di affiggere all'ingresso del palazzo della stampa a Trieste una grande targa in cristallo con i nomi di tutti i giornalisti italiani caduti in guerra, per mano della mafia o del terrorismo dal 1945 a oggi. In rigoroso ordine alfabetico c'era anche quello di Almerigo Grilz, che per anni è stato volutamente dimenticato dai giornalisti triestini, che ricordavano solo i colleghi del capoluogo giuliano uccisi a Mostar e a Mogadiscio. La targa è stata scoperta in occasione della celebrazione del centenario della Federazione nazionale della stampa italiana. Il sindacato unico ha aderito all'iniziativa senza dimostrare grande entusiasmo e non menzionando mai, negli interventi ufficiali, il nome di Grilz, ma va bene lo stesso. Vale la pena dire: "Meglio tardi che mai". E da adesso speriamo veramente di aver voltato pagina sul "buco nero" che ha avvolto per anni Almerigo Grilz, l'inviato ignoto.
|
|
|
|
|
16 marzo 2012 | Terra! | reportage
Feriti d'Italia
Fausto Biloslavo racconta le storie di alcuni soldati italiani feriti nel corso delle guerre in Afghanistan e Iraq.
Realizzato per il programma "Terra" (Canale 5).
|
|
|
|
|
10 giugno 2008 | TG3 regionale | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /1
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non dimentica i vecchi amici scomparsi. Il 10 giugno ha visitato a Bolzano la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” dedicata ad Almerigo Grilz. La mostra è stata organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti. Gli ho illustrato le immagini forti raccolte in 25 anni di reportage assieme ad Almerigo e Gian Micalessin. La Russa ha ricordato quando "sono andato a prendere Fausto e Almerigo al ritorno da uno dei primi reportage con la mia vecchia 500 in stazione a Milano. Poco dopo li hanno ricoverati tutti e due per qualche malattia". Era il 1983, il primo reportage in Afghanistan e avevamo beccato l'epatite mangiando la misera sbobba dei mujaheddin, che combattevano contro le truppe sovietiche.
|
|
|
|
radio

|
03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento |
Italia
Professione Reporter di Guerra
|

|
27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento |
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo
I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti.
“Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale.
I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria.
Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa.
In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo.
“In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani.
Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.
|

|
20 giugno 2017 | WDR | intervento |
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.
|

|
25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento |
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.
|

|
06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento |
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra
|
|
|
|
|