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Esclusivo
06 dicembre 2015 - Attualità - Italia - Il Giornale
Aleotti era indagato per terrorismo
La «spada di Allah», all'anagrafe Luca Aleotti, convertito di Reggio Emilia, è indagato per terrorismo internazionale dalla procura di Bologna. Eppure continua, come ha rivelato ieri il Giornale, a pubblicare su Facebook bandiere nere, disprezzo per i musulmani che piangono le vittime di Parigi o la domanda inquietante: «Ma quando muore Berlusconi?».A fine agosto l'appartamento di Reggio Emilia dove vive Aleotti con la madre di origine marocchina, è stato perquisito dalla Digos, che ha sequestrato del materiale non meglio specificato. Nell'atto del pm Antonella Scandellari, che lo stesso Aleotti ha postato venerdì su Facebook e cancellato il giorno dopo, si legge che è indagato per la partecipazione «a un'associazione terroristica denominata Jabat Al Nusra d'ispirazione qaedista, che si proponeva il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo». Una notizia mai trapelata, che porta alla luce un'inchiesta, probabilmente più ampia, su una rete jihadista in Italia.Venerdì un «amico» della «spada di Allah», il tunisino Eslameddine Hafaiedh, che vive in Liguria, posta su Facebook l'ordinanza di perquisizione effettuata dalla Digos di Genova a casa sua alla ricerca di «armi, munizioni, materiale esplodente» o documenti di propaganda. L'esito è negativo. Aleotti gli scrive su Facebook «di non aver paura... da me sono venuti in 20 armati fino al collo... Tuttavia li devo ringraziare.... si perché mi hanno aiutato a capire da che parte devo stare Al hamdulillah». Ovvero che deve stare con le bandiere nere. E aggiunge che la perquisizione a Reggio Emilia è avvenuta dopo che «hanno arrestato Jalal». Si tratta del marocchino, Jalal El Hanaoui, finito in manette nel pisano il 6 luglio per «propaganda e istigazione alla guerra santa».Accanto ai post Aleotti pubblica la prima pagina dell'atto della procura di Bologna che conferma le indagini per terrorismo internazionale su di lui secondo l'articolo 270 bis del codice penale. La perquisizione era stata ordinata «poiché vi è fondato motivo di ritenere che nei locali () della sopraindicata persona sottoposta ad indagini, nonchè all'interno di sistemi informatici o telematici a lui accessibili, possano rinvenirsi () armi, esplosivi o parti di essi, munizioni, materiale cartaceo, telefoni cellulari, dati e informazioni e quant'altro riconducibile al reato per cui si procede».La Digos di Reggio Emilia conferma il sequestro di materiale, senza specificare di cosa si tratti e che il convertito è sempre indagato. L'attenzione su Aleotti sarebbe partita dal libro del giornale.it, di Matteo Carnieletto e Andrea Indini, che in giugno citava Luca Guerra, come pericoloso convertito sul web fondatore della pagina «Musulmani d'Italia». Il suo vero cognome è Aleotti.Non saranno ancora state trovate prove inconfutabili, ma appare incredibile che la «spada di Allah» continui a usare la bandiera di Al Nusra, costola di al Qaida in Siria, come copertina della sua pagina Facebook. Oppure che il 2 dicembre, quando il fondatore di Forza Italia aveva appena lanciato la proposta di una grande coalizione contro il terrorismo, Aleotti abbia postato su Facebook «Ma quando muore Berlusconi?». E i suoi sodali gli sono andati dietro aggiungendo: «E la Santanchè? E i leghisti?». Il convertito ha risposto senza ombra di dubbio: «Kuffar maledetti». I kuffar sono gli infedeli che in Siria ed Iraq vengono decapitati. Per non parlare delle frasi inneggianti alla guerra santa e quelle sprezzanti contro i musulmani, che piangono le vittime del terrorismo o rispettano il Natale.Ieri, Andrea Zambrano, del quotidiano Prima pagina di Reggio è andato a suonare al campanello di Aleotti, che ha risposto spacciandosi per un fratello inesistente sostenendo che la «spada dell'Islam» si è trasferito a Modena. Nessuno ha fermato il delirio dell'indagato su Facebook, che frequenta pagine palesemente pro estremisti islamici ed è «amico» in rete di vari personaggi non proprio moderati. Fra i contatti di Aleotti spicca Qatip Sulejmani, che nel dicembre 2014 inneggiava a Bilal Bosnic, l'imam condannato a Sarajevo a sette anni di carcere per aver arruolato mujaheddin per la Siria anche in Italia e altri reclutatori in carcere in Albania. E subito dopo postava il simbolo del Califfato con il dito indice rivolto verso Allah.
[continua]

video
05 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
Islam, matrimoni forzati e padri assassini
Nosheen, la ragazza pachi­stana, in coma dopo le spranga­te del fratello, non voleva spo­sarsi con un cugino in Pakistan. Il matrimonio forzato era stato imposto dal padre, che ha ucci­so a colpi di mattone la madre della giovane di 20 anni schiera­ta a fianco della figlia. Se Noshe­e­n avesse chinato la testa il mari­to, scelto nella cerchia familia­re, avrebbe ottenuto il via libera per emigrare legalmente in Ita­lia. La piaga dei matrimoni com­binati nasconde anche questo. E altro: tranelli per rimandare nella patria d’origine le adole­scenti dove le nozze sono già pronte a loro insaputa; e il busi­ness della dote con spose che vengono quantificate in oro o migliaia di euro. Non capita solo nelle comuni­tà musulmane come quelle pa­chistana, marocchina o egizia­na, ma pure per gli indiani e i rom, che sono un mondo a par­te.

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29 dicembre 2011 | SkyTG24 | reportage
Almerigo ricordato 25 anni dopo
Con un bel gesto, che sana tante pelose dimenticanze, il presidente del nostro Ordine,Enzo Iacopino, ricorda davanti al premier Mario Monti, Almerigo Grilz primo giornalista italiano caduto su un campo di battaglia dopo la fine della seconda guerra mondiale, il 19 maggio 1987 in Mozambico.

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14 marzo 2015 | Tgr Friuli-Venezia Giulia | reportage
Buongiorno regione
THE WAR AS I SAW IT - L'evento organizzato dal Club Atlantico giovanile del Friuli-Venezia Giulia e da Sconfinare si svolgerà nell’arco dell’intera giornata del 10 marzo 2015 e si articolerà in due fasi distinte: MATTINA (3 ore circa) ore 9.30 Conferenza sul tema del giornalismo di guerra Il panel affronterà il tema del giornalismo di guerra, raccontato e analizzato da chi l’ha vissuto in prima persona. Per questo motivo sono stati invitati come relatori professionisti del settore con ampia esperienza in conflitti e situazioni di crisi, come Gianandrea Gaiani (Direttore responsabile di Analisi Difesa, collaboratore di diverse testate nazionali), Fausto Biloslavo (inviato per Il Giornale in numerosi conflitti, in particolare in Medio Oriente), Elisabetta Burba (firma di Panorama), Gabriella Simoni (inviata Mediaset in numerosi teatri di conflitto, specialmente in Medio Oriente), Giampaolo Cadalanu (giornalista affermato, si occupa di politica estera per La Repubblica). Le relazioni saranno moderate dal professor Georg Meyr, coordinatore del corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche dell’Università di Trieste. POMERIGGIO (3 ore circa) ore 14.30 Due workshop sul tema del giornalismo di guerra: 1. “Il reporter sul campo vs l’analista da casa: strumenti utili e accorgimenti pratici” - G. Gaiani, G. Cadalanu, E. Burba, F. Biloslavo 2. “Il freelance, l'inviato e l'addetto stampa in aree di crisi: tre figure a confronto” G. Simoni, G. Cuscunà, cap. B. Liotti

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radio

03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.

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