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Fatti
19 gennaio 2017 - Esteri - Libia - Panorama
Da Tobruk a Zintan, tutte le minacce contro i nostri connazionali

L’Italia non è mai stata così «sotto tiro» in Libia. Le fazioni fanno a gara per lanciare minacce. L’ultima è stata quella del governo di Tobruk, che ha appena rifiutato un piano di aiuti dall’Italia, sostenendo che Tripoli «ha permesso ai nipoti di Benito Mussolini 

di tornare in Libia».

La scintilla è stata l’arrivo a Tripoli del nostro rappresentante diplomatico, Giuseppe Perrone, che il 10 gennaio ha riaperto  l’ambasciata. Il premier Abdullah al-Thani del governo di Tobruk, ex alleato dell’Occidente, ha inviato una «nota diplomatica urgente» accusando l’Italia di «nuova occupazione» per essere sbarcata  a Tripoli con i corpi speciali, che garantiranno 

la sicurezza dell’ambasciata. Dietro l’attacco c’è il generale Khalifa Haftar, l’uomo forte in Cirenaica, che vede come fumo negli occhi l’appoggio italiano al governo di Fayez al Sarraj a Tripoli, riconosciuto dall’Onu. E strizza l’occhio 

ai russi per armi e appoggio politico. 

«Il generale Haftar si agita sullo scenario internazionale, illudendosi di essere abbastanza furbo  da strumentalizzare Putin» osserva  il generale Vincenzo Camporini, vice presidente dell’Istituto affari internazionali, «senza rendersi conto 

che è Mosca a strumentalizzarlo, procurandosi una nuova testa di ponte nel Mediterraneo e rafforzando il suo ruolo da protagonista per  la stabilizzazione del bacino Mediorientale». 

Rujban Salah Suhbi, influente esponente del parlamento  di Tobruk, ha pure bollato come «illegittimo»  l’appalto concesso 

dal governo di Tripoli a una ditta italiana  per la ricostruzione dell’aeroporto della capitale.   

L’Italia è finita nel mirino anche dell’ex premier islamista, Khalifa Ghweil, che nella capitale conta ancora su una milizia armata. «Il 24 dicembre si è tenuto l’anniversario dell’indipendenza libica, ma ora i soldati italiani tornano in Libia» ha esordito, chiedendo il ritiro dell’ospedale militare messo in piedi a Misurata per la caduta di Sirte, l’ex roccaforte delle bandiere nere in Libia. E pure la milizia di Zintan, alleata di Haftar in Tripolitania, minaccia di sabotare il gasdotto dell’impianto Eni di Mellitah, che arriva fino in Sicilia, se non ritiriamo la missione sanitaria Ippocrate da Misurata. 


video
26 marzo 2011 | TG5 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
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14 marzo 2011 | TG4 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
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05 aprile 2011 | TGCOM | reportage
I video choc dei prigionieri
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radio

26 aprile 2011 | Radio 101 | intervento
Libia
Con Luxuria bomba e non bomba
Il governo italiano, dopo una telefonata fra il presidente americano Barack Obama ed il premier Silvio Berlusconi, annuncia che cominciamo a colpire nuovi obiettivi di Gheddafi. I giornali titolano: "Bombardiamo la Libia". E prima cosa facevamo? Scherzavamo con 160 missioni aeree dal 17 marzo?

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29 aprile 2011 | Spazio Radio | intervento
Libia
Piegare Gheddafi e preparare l'intervento terrestre
Gli americani spingono con insistenza per un maggiore coinvolgimento dell’Italia nel conflitto in Libia, non solo per passare il cerino politico agli europei. L’obiettivo finale è piegare il colonnello Gheddafi e far sbarcare una forza di interposizione in Libia, con ampia partecipazione italiana. Un modello stile ex Yugoslavia, dove il contingente occidentale è arrivato dopo l’offensiva aerea.

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10 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
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26 agosto 2011 | Radio Città Futura | intervento
Libia
I giornalisti italiani rapiti a Tripoli


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12 maggio 2011 | Nuova spazio radio | intervento
Libia
Che fine ha fatto Gheddafi?
Il colonnello Gheddafi è morto, ferito oppure in perfetta forma, nonostante le bombe, e salterà fuori con la sua ennesima e prolissa apparizione televisiva? Il dubbio è d’obbligo, dopo i pesanti bombardamenti di Tripoli. Ieri è ricomparaso brevemente in un video girato durante un incontro, all'insaputa dei giornalisti, nell'hotel di Tripoli che ospita la stampa internazionale.

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