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Articolo
08 aprile 2019 - Prima - Libia - Il Giornale |
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| Caos Libia, nessuna tregua E gli americani se ne vanno |
Fausto Biloslavo Gli americani se ne vanno dalla Libia in fiamme. Gli scontri a ridosso della capitale si intensificano con bombardamenti aerei, la controffensiva «Vulcano di rabbia» annunciata dal governo e quinte colonne a Tripoli del generale Khalifa Haftar, che potrebbero mobilitare la popolazione. Nelle prime ore del mattino di ieri, un\\\'unità anfibia stile hovercraft della flotta Usa ha raggiunto Janzur, un porto ad una manciata di chilometri a ovest della capitale. A bordo sono stati evacuati militari americani dispiegati a Palm city alla periferia di Tripoli. «A causa dei crescenti disordini in Libia, un contingente di forze Usa è stato temporaneamente trasferito dal Paese in conseguenza delle condizioni di sicurezza sul terreno» ha annunciato il generale del corpo dei marine Thomas Waldhause a capo del Comando Usa in Africa con sede a Stoccarda. Il numero degli evacuati non è stato reso noto, ma i libici hanno filmato la partenza di un hovercraft a stelle e strisce dalla banchina di Janzur. L\\\'unità è stata probabilmente lanciata nella missione dalla nave anfibia USS Arlington, che opera nel Mediterraneo di fronte alla Libia. Secondo il Comando Usa per l\\\'Africa il personale evacuato si occupava di «sostegno militare a missioni diplomatiche, attività di anti-terrorismo e miglioramento della sicurezza nella regione». L\\\'ambasciata italiana a Tripoli continua ad operare a pieno regime. La cintura di sicurezza è garantita dai carabinieri paracadutisti e squadre di forze speciali. Dopo quattro giorni di combattimenti le truppe fedeli al governo di Fayez al Serraj hanno lanciato l\\\'operazione «Burkan al ghadab» (Vulcano di rabbia) contro l\\\'Esercito nazionale libico del generale Haftar che vuole entrare nella capitale. In soccorso a Tripoli è arrivata da Misurata, la Sparta libica, una colonna con 350 mezzi, secondo gli annunci, ma il numero sarebbe minore. Attorno all\\\'aeroporto internazionale di Tripoli, chiuso dal 2014, si continua a combattere. Le forze aeree governative hanno bombardato le postazioni di Haftar nei pressi dello scalo. Anche i caccia del generale si sono alzati in volo colpendo le unità avversarie, ma in realtà il numero ufficiale di vittime rimane limitato per uno scontro a tutto campo. Fonti sanitarie di Tripoli parlano di 21 morti fra i governativi e il portavoce dell\\\'uomo forte della Cirenaica, Ahmad al-Mesmari, ha ammesso la perdita di 14 uomini. Altri 70 sarebbero stati fatti prigionieri. Haftar sostiene di avere usato solo il 30% della sua forza bellica. Razzi Grad BM-21 sono stati lanciati dall\\\'aera di Garyan a sud di Tripoli. La gittata è di una ventina di chilometri e non possono raggiungere la capitale. La tattica dell\\\'Esercito nazionale libico e dei suoi alleati è di spingere su più direttrici verso Tripoli penetrando e poi ritirandosi per attrarre i governativi al di fuori del centro urbano. La punta dell\\\'avanzata più vicina è a 9 chilometri dalla città. Dentro Tripoli, però, ci sono quinte colonne di Haftar in distretti come Fashlum, che sarebbero pronte a mobilitare la popolazione in manifestazioni a favore del generale. «Il 60-70% degli abitanti della capitale non ne può più dello strapotere delle milizie, delle file davanti alle banche per ritirare i propri soldi, di stipendi che non arrivano, dei black out elettrici. Per questo sperano che arrivi Haftar considerandolo il male minore» spiega una fonte del Giornale in prima linea a Tripoli. Non è valso a nulla nemmeno l\\\'appello dell\\\'Onu per una tregua umanitaria di due ore, non accolto dalle parti. Il generale non si è mosso senza il via libera di potenti padrini che vanno dai sauditi ai francesi. Ieri il premier libico Serraj ha convocato l\\\'ambasciatrice di Francia protestando duramente con Béatrice du Hellen, «per il collegamento tra il suo paese e l\\\'attuale attacco contro la capitale». |
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30 marzo 2011 | TG4 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme
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21 settembre 2017 | Matrix | reportage
Migranti in gabbia
Per i migranti la Libia è un inferno. In 7000 sono detenuti nei centri del ministero dell’Interno in condizioni impossibili.
L’Onu e le Ong, che denunciano le condizioni miserevoli, dovrebbero parlare di meno e fare di più prendendo in mano i centri per alzarne il livello di umanità.
E non utilizzare le condizioni di questi disgraziati come grimaldello per riaprire il flusso di migranti verso l’Italia.
Non solo: Tutti i dannati che vedete vogliono tornare a casa, ma i rimpatri, organizzati da un’agenzia dell’Onu, vanno a rilento perché mancano soldi e uomini.
E chi ce la fa esulta come si vede in questo video dei nigeriani che tornano in patria girato dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni.
Dietro le sbarre a Tripoli un migrante ci mostra i segni di percosse e maltrattamenti. Nel centro di detenzione di Triq al-Siqqa, il più grande della capitale libica, ci sono anche le donne, intercettate prima di raggiungere l’Italia, con i loro bambini nati nei cameroni, che protestano con le guardie per il cibo pessimo ed insufficiente.
Il responsabile del centro di Triq al-Siqqa si scaglia contro l’Europa e parla di “visite dei ministri degli esteri di Germania, Inghilterra, delegazioni italiane…. tanto inchiostro sui documenti, ma poi non cambia nulla, gli aiuti sono minimi”.
Ogni giorno arrivano al centro nuovi migranti fermati in mare, che ci provano ancora a raggiungere l’Italia. In Libia sono bloccate fra mezzo milione e 800mila persone, in gran parte vessate dai trafficanti, che attraggono le donne come Gwasa dicendo che in Italia i migranti “hanno privilegi, rifugio e cibo”.
In agosto le partenze sono crollate dell’86% grazie ad un accordo con le milizie che prima proteggevano i trafficanti.
Nei capannoni-celle di Garyan i migranti mostrano i foglietti di registrazioni delle loro ambasciate per i rimpatri, ma devono attendere mesi o anche un anno mangiando improbabile maccheroni. E non sono solo musulmani.
Nel centro di detenzione costruito dagli italiani ai tempi di Gheddafi i dannati dell’inferno libico invocano una sola parola: “Libertà, libertà”.
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21 marzo 2011 | TG5 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme
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10 marzo 2011 | Panorama | intervento |
Libia
Diario dalla Libia
Diario dalla Libia
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09 marzo 2011 | Panorama | intervento |
Libia
Diario dalla Libia
Diario dalla Libia
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08 marzo 2011 | Panorama | intervento |
Libia
Diario dalla Libia
Diario dalla Libia
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26 agosto 2011 | Radio Città Futura | intervento |
Libia
I giornalisti italiani rapiti a Tripoli
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12 maggio 2011 | Nuova spazio radio | intervento |
Libia
Che fine ha fatto Gheddafi?
Il colonnello Gheddafi è morto, ferito oppure in perfetta forma, nonostante le bombe, e salterà fuori con la sua ennesima e prolissa apparizione televisiva? Il dubbio è d’obbligo, dopo i pesanti bombardamenti di Tripoli. Ieri è ricomparaso brevemente in un video girato durante un incontro, all'insaputa dei giornalisti, nell'hotel di Tripoli che ospita la stampa internazionale.
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