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Reportage
25 aprile 2019 - Il fatto - Libia - Il Giornale
I disperati di Tripoli sognano l’Italia “Ma con la lega la rotta è bloccata..”
Fausto Biloslavo
Tripoli «Tutti noi, neri, vogliamo andare in Italia con il gommone. Ma da quando è arrivato Matteo Salvini ha bloccato la rotta dell\\\'emigrazione» esordisce Leonel, che viene dal Camerun e parla la nostra lingua. Assieme a decine di clandestini, che in Libia rischiano l\\\'arresto, attende un lavoro giornaliero offerto dai libici. Per questo i migranti stazionano all\\\'incrocio di piazza Fashlun, una manciata di chilometri dalla linea del fronte nei sobborghi di Tripoli. Nonostante la guerra civile il problema dei migranti è sempre lo stesso. «Ho imparato la vostra lingua lavorando per nove mesi con una ditta di Bergamo impegnata all\\\'aeroporto Mitiga di Tripoli, ma con l\\\'inizio della guerra gli italiani sono tornati a casa» racconta sconsolato il migrante del Camerun. Gli altri compagni di sventura lo chiamano l\\\'«italiano» e dimostra di conoscere bene la politica del nostro ministro dell\\\'Interno. «Vogliamo attraversare il mare - spiega Leonel - ma la rotta è in gran parte ferma. Salvini l\\\'ha bloccata». E fa il gesto con una mano come se calasse una mannaia. 
Ghassam Salamè l\\\'inviato dell\\\'Onu per la Libia, in visita in Italia, ha dichiarato che «sul territorio vivono 700 mila cittadini non libici, ma non tutti vogliono partire e attraversare il Mediterraneo». Fra i 15mila e 20 mila migranti sarebbero detenuti nei centri governativi in attesa di rimpatrio. Martedì il centro di detenzione di Qasr Ben Gashir, nella zona conquistata dalle truppe del generale Haftar (a cui è arrivato anche il supporto verbale di Donald Trump), è stato preso d\\\'assalto da miliziani armati. L\\\'irruzione per rubare i cellulari ed i pochi averi dei migranti ha provocato sei vittime e una decina di feriti.
«Abbiamo paura. Siamo obbligati a partite per l\\\'Italia. Al momento non è sicuro restare in Libia» spiega Jean Castel, sempre del Camerun, con cappellino da baseball e giubbotto senza maniche. Gaetan è un suo compatriota: «La Guardia costiera libica mi ha fermato due volte in mare nel 2017 e 2018 riportandomi nei centri di detenzione. Non ne posso più. Voglio solo racimolare i soldi per tornare a casa, in Camerun». In Libia dal 2013 giura di avere visto scene terribili, ma difficili da provare: «Uno dei carcerieri ha detto ad un nigeriano che la sua testa valeva 4mila dollari. Lui non aveva i soldi. Allora lo ha cosparso di benzina e dato fuoco. È bruciato vivo davanti ai miei occhi».
Per ora le ostilità hanno diminuito le partenze clandestine. Nelle prime due settimane di guerra è stato intercettato un solo gommone. «Adesso non partono perché i trafficanti o sono miliziani o vengono protetti dalle milizie. E sono tutti impegnati sul fronte di Tripoli» spiega una fonte della Guardia costiera, che vuole mantenere l\\\'anonimato per timore di ritorsioni. Dall\\\'inizio del conflitto il comando della Marina e la brigata Nawassi, che controlla l\\\'aerea della base di Abu Sitta dove è ormeggiata anche la nave militare italiana Capri, insistono per pattugliare le coste alla ricerca di infiltrazioni delle truppe di Haftar o di carichi di armi. A tal punto che le motovedette donate dall\\\'Italia sono state armate artigianalmente. «Il contrasto all\\\'immigrazione clandestina è passata in secondo piano - spiega la fonte de il Giornale - Se troviamo un gommone non lo lasciamo affondare. Però non possiamo portare i migranti illegali a Tripoli essendo zona di guerra. Li facciamo sbarcare a Khoms o Zwuara».
Ai migranti si aggiungono 34mila sfollati libici, che se non riusciranno a tornare nelle loro case potrebbero scegliere la via del mare verso l\\\'Italia come profughi di guerra. «Prima di partire dal Camerun mi avevano detto che Libia e Italia erano un Paradiso - ricorda Gaetan che vuole tornare in Camerun - Non è così. Questo paese è un inferno».
[continua]

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29 marzo 2011 | TG4 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
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16 giugno 2011 | Matrix | reportage
La "guerra" degli italiani nel golfo della Sirte
Da tre mesi l’Italia è in prima linea, in mezzo al mare, di fronte alle coste libiche. Assieme agli alleati della Nato ci siamo impegnati a difendere, con le bombe, i civili e la fetta di Libia che si è ribellata al colonnello Gheddafi. L’ammiraglia della flotta occidentale nel golfo della Sirte è la portaerei Garibaldi. La tv di Tripoli accusa la Nato di bombardare i civili, ma i piloti italiani hanno ordini draconiani: possono colpire solo obiettivi militari che si trovano al di fuori dalle zone abitate per evitare vittime innocenti. Le 19 navi della Nato al largo della Libia, sotto il comando della Garibaldi, garantiscono l’embargo contro il regime del colonnello. I fanti di marina del reggimento San Marco si calano dagli elicotteri per ispezionare i mercantili e controllare che non trasportino armi. Come rappresaglia alle bombe Tripoli ha spalancato le porte agli immigrati clandestini che partono dalla Libia occidentale. A bordo della Garibaldi vivono 800 marinai comprese 62 donne, che si ritrovano nelle mensa dell’equipaggio. Ma hanno pochi momenti di svago, a parte qualche partita a biliardino ed una palestra ricavata negli spazi angusti della nave. A dare conforto ai giovani di 20 anni e ai veterani delle missioni in mare ci pensa don Vincenzo Caiazzo, che parla dei marinai e della portaerei come se fosse una parrocchia In mezzo al mare la guerra in Libia sembra invisibile e lontana, ma nella Centrale operativa di combattimento, cuore pulsante della Garibaldi, non si dorme mai, come il sottotenente di vascello Chiara Camaioni, 24 anni, di Ortona.

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19 marzo 2011 | Studio Aperto | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
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08 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
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29 aprile 2011 | Spazio Radio | intervento
Libia
Piegare Gheddafi e preparare l'intervento terrestre
Gli americani spingono con insistenza per un maggiore coinvolgimento dell’Italia nel conflitto in Libia, non solo per passare il cerino politico agli europei. L’obiettivo finale è piegare il colonnello Gheddafi e far sbarcare una forza di interposizione in Libia, con ampia partecipazione italiana. Un modello stile ex Yugoslavia, dove il contingente occidentale è arrivato dopo l’offensiva aerea.

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22 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
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10 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
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12 maggio 2011 | Nuova spazio radio | intervento
Libia
Che fine ha fatto Gheddafi?
Il colonnello Gheddafi è morto, ferito oppure in perfetta forma, nonostante le bombe, e salterà fuori con la sua ennesima e prolissa apparizione televisiva? Il dubbio è d’obbligo, dopo i pesanti bombardamenti di Tripoli. Ieri è ricomparaso brevemente in un video girato durante un incontro, all'insaputa dei giornalisti, nell'hotel di Tripoli che ospita la stampa internazionale.

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