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01 novembre 2019 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
Gli estremisti rossi urlano e minacciano ma nell’aula di Curcio ora vince la libertà
di Fausto Biloslavo
V iolenza, intolleranza, insulti, cagnara hanno trasformato una conferenza sulla Libia alla facoltà di Sociologia a Trento in un caos. Alla fine nessuno ha piegato la testa davanti agli squadristi rossi, che volevano, ancora una volta, cacciarmi dall\'ateneo. Questa volta, seppure con grande difficoltà, ha vinto la libertà di parola. Una vittoria, però, triste, di Pirro, dove i finti democratici, in gran parte estremisti di sinistra estranei all\'università, hanno potuto fare quello che volevano dentro l\'ateneo «delle porte aperte» in totale impunità. La neonata Commissione per il no all\'antisemitismo e al razzismo si batterà contro «l\'intolleranza, l\'istigazione all\'odio e alla violenza» si spera senza distinzione di parte. Lo farà a Trento dove una banda di squadristi rossi mi ha impedito di parlare la prima volta e ha reso un caos la seconda con urla e messaggi di odio, intolleranza e violenza?
Mercoledì sera sono tornato a Sociologia su invito del rettore, Paolo Collini e di un gruppo di studenti di centrosinistra, nonostante collettivi minoritari si ostinassero a non volere che parlassi nell\'aula Kessler, da sempre chiamata «rossa», dove Curcio teneva i suoi sermoni negli anni Settanta. Quando ero ancora in viaggio è scoppiato un tafferuglio fra opposte fazioni all\'ingresso di Sociologia, sedato subito dalla polizia, di cui non sapevo e non c\'entravo nulla. Per essere chiari la conferenza di un giornalista non vale, in nessun caso, un solo punto di sutura sia per un ragazzo di sinistra che per uno di destra.
Però la libertà, compresa quella di parola, non ha prezzo e per questo non ho girato i tacchi trovandomi di fronte alla prevaricazione e intolleranza di chi continuava a volermi negare un diritto sancito dalla Costituzione. Una quarantina di squadristi rossi, solo 15 dell\'università e meno di 5 studenti di Sociologia hanno cominciato a sbattere i pugni contro le porte dell\'aula Kessler urlando slogan e insulti. Ad un certo punto hanno rotto anche un\'anta e il rettore, stoicamente in prima fila, ha rischiato di beccarsi un ombrello in testa lanciato come un dardo mentre cercava di calmare i facinorosi (guarda il video sul Giornale.it).
All\'inizio mi sono lanciato nella mischia cercando di convincere gli squadristi a entrare, ascoltare e intervenire anche duramente, ma sempre in maniera civile. Niente da fare, sembrava di parlare ai sordi. Allora si è deciso di tenere lo stesso la conferenza cercando di urlare al microfono più forte dei nipotini di Curcio. Ovviamente la conferenza si è trasformata nel caos in un clima da anni di piombo.
Il rettore ha scelto, a torto o ragione, di non fare intervenire la polizia dentro l\'università che dovrebbe essere il tempio del sapere, della tolleranza e della libertà. L\'importante è che gli studenti che hanno partecipato civilmente all\'incontro nonostante la gazzarra, il rettore e i docenti schierati in prima fila, non abbiamo piegato la testa. Anche se subire una prevaricazione ideologica impunita in un\'aula universitaria lascia l\'amaro in bocca. L\'ateneo ha fatto bene a ricordare con uno striscione appeso fuori Sociologia una frase di Norberto Bobbio valida per tutti: «Ho imparato a rispettare le idee altrui, a capire prima di discutere, a discutere prima di condannare».
[continua]

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05 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
Islam, matrimoni forzati e padri assassini
Nosheen, la ragazza pachi­stana, in coma dopo le spranga­te del fratello, non voleva spo­sarsi con un cugino in Pakistan. Il matrimonio forzato era stato imposto dal padre, che ha ucci­so a colpi di mattone la madre della giovane di 20 anni schiera­ta a fianco della figlia. Se Noshe­e­n avesse chinato la testa il mari­to, scelto nella cerchia familia­re, avrebbe ottenuto il via libera per emigrare legalmente in Ita­lia. La piaga dei matrimoni com­binati nasconde anche questo. E altro: tranelli per rimandare nella patria d’origine le adole­scenti dove le nozze sono già pronte a loro insaputa; e il busi­ness della dote con spose che vengono quantificate in oro o migliaia di euro. Non capita solo nelle comuni­tà musulmane come quelle pa­chistana, marocchina o egizia­na, ma pure per gli indiani e i rom, che sono un mondo a par­te.

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10 giugno 2008 | Emittente privata TCA | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /2
Negli anni 80 lo portava in giro per Milano sulla sua 500, scrive Panorama. Adesso, da ministro della Difesa, Ignazio La Russa ha voluto visitare a Bolzano la mostra fotografica Gli occhi della guerra, dedicata alla sua memoria. Almerigo Grilz, triestino, ex dirigente missino, fu il primo giornalista italiano ucciso dopo la Seconda guerra mondiale, mentre filmava uno scontro fra ribelli e governativi in Mozambico nell’87. La mostra, organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti, espone anche i reportage di altri due giornalisti triestini: Gian Micalessin e Fausto Biloslavo.

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06 giugno 2017 | Sky TG 24 | reportage
Terrorismo da Bologna a Londra
Fausto Biloslavo "Vado a fare il terrorista” è l’incredibile affermazione di Youssef Zaghba, il terzo killer jihadista del ponte di Londra, quando era stato fermato il 15 marzo dello scorso anno all’aeroporto Marconi di Bologna. Il ragazzo nato nel 1995 a Fez, in Marocco, ma con il passaporto italiano grazie alla madre Khadija (Valeria) Collina, aveva in tasca un biglietto di sola andata per Istanbul e uno zainetto come bagaglio. Il futuro terrorista voleva raggiungere la Siria per arruolarsi nello Stato islamico. Gli agenti di polizia in servizio allo scalo Marconi lo hanno fermato proprio perché destava sospetti. Nonostante sul cellulare avesse materiale islamico di stampo integralista è stato lasciato andare ed il tribunale del riesame gli ha restituito il telefonino ed il computer sequestrato in casa, prima di un esame approfondito dei contenuti. Le autorità inglesi hanno rivelato ieri il nome del terzo uomo sostenendo che non “era di interesse” né da parte di Scotland Yard, né per l’MI5, il servizio segreto interno. Il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, ha dichiarato a Radio 24, che "venne segnalato a Londra come possibile sospetto”. E sarebbero state informate anche le autorità marocchine, ma una fonte del Giornale, che ha accesso alle banche dati rivela “che non era inserito nella lista dei sospetti foreign fighter, unica per tutta Europa”. Non solo: Il Giornale è a conoscenza che Zaghba, ancora minorenne, era stato fermato nel 2013 da solo, a Bologna per un controllo delle forze dell’ordine senza esiti particolari. Il procuratore capo ha confermato che l’italo marocchino "in un anno e mezzo, è venuto 10 giorni in Italia ed è stato sempre seguito dalla Digos di Bologna. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare, ma non c'erano gli elementi di prova che lui fosse un terrorista. Era un soggetto sospettato per alcune modalità di comportamento". Presentarsi come aspirante terrorista all’imbarco a Bologna per Istanbul non è poco, soprattutto se, come aveva rivelato la madre alla Digos “mi aveva detto che voleva andare a Roma”. Il 15 marzo dello scorso anno il procuratore aggiunto di Bologna, Valter Giovannini, che allora dirigeva il pool anti terrorismo si è occupato del caso disponendo un fermo per identificazione al fine di accertare l’identità del giovane. La Digos ha contattato la madre, che è venuta a prenderlo allo scalo ammettendo: "Non lo riconosco più, mi spaventa. Traffica tutto il giorno davanti al computer per vedere cose strane” ovvero filmati jihadisti. La procura ha ordinato la perquisizione in casa e sequestrato oltre al cellulare, alcune sim ed il pc. La madre si era convertita all’Islam quando ha sposato Mohammed il padre marocchino del terrorista che risiede a Casablanca. Prima del divorzio hanno vissuto a lungo in Marocco. Poi la donna è tornata casa nella frazione di Fagnano di Castello di Serravalle, in provincia di Bologna. Il figlio jihadista aveva trovato lavoro a Londra, ma nella capitale inglese era entrato in contatto con la cellula di radicali islamici, che faceva riferimento all’imam, oggi in carcere, Anjem Choudary. Il timore è che il giovane italo-marocchino possa essere stato convinto a partire per la Siria da Sajeel Shahid, luogotenente di Choudary, nella lista nera dell’ Fbi e sospettato di aver addestrato in Pakistan i terroristi dell’attacco alla metro di Londra del 2005. "Prima di conoscere quelle persone non si era mai comportato in maniera così strana” aveva detto la madre alla Digos. Il paradosso è che nessuna legge permetteva di trattenere a Bologna il sospetto foreign fighter ed il tribunale del riesame ha accolto l’istanza del suo avvocato di restituirgli il materiale elettronico sequestrato. “Nove su dieci, in questi casi, la richiesta non viene respinte” spiega una fonte del Giornale, che conosce bene la vicenda. Non esiste copia del materiale trovato, che secondo alcune fonti erano veri e propri proclami delle bandiere nere. E non è stato possibile fare un esame più approfondito per individuare i contatti del giovane. Il risultato è che l’italo-marocchino ha potuto partecipare alla mattanza del ponte di Londra. Parenti e vicini cadono dalle nuvole. La zia acquisita della madre, Franca Lambertini, non ha dubbi: “Era un bravo ragazzo, l'ultima volta che l'ho visto mi ha detto “ciao zia”. Non avrei mai pensato a una cosa del genere".

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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