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04 dicembre 2019 - Interni - Italia - Il Giornale
E la sinistra attacca: “Lamorgese come Salvini”
Fausto Biloslavo
Leoluca Orlando, sindaco paladino delle Ong estremiste di stampo tedesco, apre il porto di Palermo all\'ennesimo sbarco di migranti, scavalcando il Viminale. In mare c\'è Alan Kurdi la nave della Ong tedesca Sea Eye, talebani dell\'accoglienza finanziati anche dal cardinale tedesco Reinhard Marx, dall\'arcivescovo cattolico Hans-Josef Becker e dalle chiese evangeliche in Germania. Orlando ha stretto da mesi un patto d\'acciaio con il potente vescovo Heinrich Bedford-Strohm, sodale di Marx, che guida gli evangelici in Germania. Il Viminale aveva autorizzato lunedì lo sbarco di 5 donne fra i 17 e 19 anni assieme a tre mariti per motivi di salute. A bordo restavano 61 migranti recuperati al largo della Libia. Ieri sera la Commissione Ue ha attivato la procedura per la ricollocazione dei migranti: i 61 della Alan Kurdi sbarcheranno a Messina, i 60 della Ocean Viking a Pozzallo.
Il capo missione della Alan Kurdi aveva lanciato un appello a Orlando: «Ci aspettiamo onde alte, le persone salvate sono esaurite. Vi chiediamo di aprire il porto di Palermo». Il primo cittadino ha risposto a stretto giro, come se dipendesse da lui e non dal ministero dell\'Interno. «Palermo è una città accogliente e il suo porto deve essere aperto. Chiedo a Conte di intervenire per garantire lo sbarco immediato dei migranti in emergenza». Nel teatrino concordato via social i talebani dell\'accoglienza di Sea Eye hanno risposto: «Grazie per la solidarietà! Ci avviamo verso il porto di Palermo».
In realtà non era arrivata ancora alcuna autorizzazione, ma da giorni il Viminale e il governo sono «bombardati» anche per la nave Ocean Viking di Medici senza frontiere, in mare con un buon carico di migranti. Cecilia Strada, ancora più pasionaria dopo avere abbandonato Emergency, ha twittato: «Scusate Pd, ma voi non siete quelli dei porti aperti? Perché nessuno sta assumendo la responsabilità di coordinare il soccorso della Alan Kurdi? Perché sono ancora in mare? Quanta gente deve stare male, ancora? Per quanto? #fateliscendere».
Amnesty international, che sui migranti ha scelto la deriva oltranzista, ribadisce che «è urgente assegnare un porto sicuro di sbarco a Ocean Viking e Alan Kurdi» con a bordo un totale di 120 migranti. In rincalzo sono arrivati i soliti parlamentari pro Ong specializzati nel fuoco amico sul proprio governo. «Gentile Conte la Alan Kurdi è da giorni in mezzo al mare in attesa di un porto. Ed è proprio su questi temi che si misura la discontinuità con Salvini. La smettiamo di tenere in ostaggio i naufraghi?» ha cinguettato Matteo Orfini del Pd. Seguito da Nicola Fratoianni, pasdaran della Sinistra Italiana-Leu: «Cosa stiamo aspettando ad assegnare un porto sicuro per farli sbarcare?». Da gennaio all\'avvento del nuovo governo ci sono stati 5.135 sbarchi in otto mesi, secondo i dati del Viminale. Solo negli ultimi tre mesi, fino a ieri, si registrano 5.820 arrivi. Secondo un sondaggio dell\'Ipso ben il 59% degli italiani è favorevole ai porti chiusi. 
Il ministro dell\'Interno, Luciana Lamorgese, nonostante la Caporetto dei numeri canta vittoria. «Negli ultimi sbarchi è capitata una cosa mai successa prima, ovvero la Commissione europea ha richiesto la redistribuzione in Europa dei migranti pervenuti sulle coste italiane» ha dichiarato la responsabile del Viminale. Calcoli a spanne indicano la partenza verso altri paesi europei di 57 migranti al mese, ma se i numeri in proporzione al periodo precedente triplicano siamo al punto di partenza.
[continua]

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31 ottobre 2021 | Quarta repubblica | reportage
No vax scontri al porto
I primi lacrimogeni rimbalzano sull'asfalto e arditi No Pass cercano di ributtarli verso il cordone dei carabinieri che sta avanzando per sgomberare il varco numero 4 del porto di Trieste. I manifestanti urlano di tutto «merde, vergogna» cercando pietre e bottiglie da lanciare contro le forze dell'ordine. Un attivista ingaggia lo scontro impossibile e viene travolto dalle manganellate. Una volta crollato a terra lo trascinano via oltre il loro cordone. Scene da battaglia urbana, il capoluogo giuliano non le vedeva da decenni. Portuali e No Pass presidiavano da venerdì l'ingresso più importante dello scalo per protestare contro l'introduzione obbligatoria del lasciapassare verde. In realtà i portuali, dopo varie spaccature, sono solo una trentina. Gli altri, che arriveranno fino a 1.500, sono antagonisti e anarchici, che vogliono la linea dura, molta gente venuta da fuori, più estremisti di destra. Alle 9 arrivano in massa le forze dell'ordine con camion-idranti e schiere di agenti in tenuta antisommossa. Una colonna blu che arriva da dentro il porto fino alla sbarra dell'ingresso. «Lo scalo è porto franco. Non potevano farlo. È una violazione del trattato pace (dello scorso secolo, nda)» tuona Stefano Puzzer detto Ciccio, il capopopolo dei portuali. Armati di pettorina gialla sono loro che si schierano in prima linea seduti a terra davanti ai cordoni di polizia. La resistenza è passiva e gli agenti usano gli idranti per cercare di far sloggiare la fila di portuali. Uno di loro viene preso in pieno da un getto d'acqua e cade a terra battendo la testa. Gli altri lo portano via a braccia. Un gruppo probabilmente buddista prega per evitare lo sgombero. Una signora si avvicina a mani giunte ai poliziotti implorando di retrocedere, ma altri sono più aggressivi e partono valanghe di insulti. Gli agenti avanzano al passo, metro dopo metro. I portuali fanno da cuscinetto per tentare di evitare incidenti più gravi convincendo la massa dei No Pass, che nulla hanno a che fare con lo scalo giuliano, di indietreggiare con calma. Una donna alza le mani cercando di fermare i poliziotti, altri fanno muro e la tensione sale alimentata dal getto degli idranti. «Guardateci siamo fascisti?» urla un militante ai poliziotti. Il nocciolo duro dell'estrema sinistra seguito da gran parte della piazza non vuole andarsene dal porto. Quando la trattativa con il capo della Digos fallisce la situazione degenera in scontro aperto. Diego, un cuoco No Pass, denuncia: «Hanno preso un mio amico, Vittorio, per i capelli, assestandogli una manganellata in faccia». Le forze dell'ordine sgomberano il valico, ma sul grande viale a ridosso scoppia la guerriglia. «Era gente pacifica che non ha alzato un dito - sbotta Puzzer - È un attacco squadrista». I più giovani sono scatenati e spostano i cassonetti dell'immondizia per bloccare la strada scatenando altre cariche degli agenti. Donne per nulla intimorite urlano «vergognatevi» ai carabinieri, che rimangono impassibili. In rete cominciano a venire pubblicati post terribili rivolti agli agenti: «Avete i giorni contati. Se sai dove vivono questi poliziotti vai a ucciderli».Non a caso interviene anche il presidente Sergio Mattarella: «Sorprende e addolora che proprio adesso, in cui vediamo una ripresa incoraggiante esplodano fenomeni di aggressiva contestazione». Uno dei portuali ammette: "Avevamo detto ai No Pass di indietreggiare quando le forze dell'ordine avanzavano ma non ci hanno ascoltati. Così la manifestazione pacifica è stata rovinata». Puzzer raduna le «truppe» e i rinforzi, 3mila persone, in piazza Unità d'Italia. E prende le distanze dagli oltranzisti: «Ci sono gruppi che non c'entrano con noi al porto che si stanno scontrando con le forze dell'ordine». Non è finita, oltre 100 irriducibili si scatenano nel quartiere di San Vito. E riescono a bloccare decine di camion diretti allo scalo con cassonetti dati alle fiamme in mezzo alla strada. Molti sono vestiti di nero con il volto coperto simili ai black bloc. La battaglia sul fronte del porto continua fino a sera.

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11 novembre 2008 | Centenario della Federazione della stampa | reportage
A Trieste una targa per Almerigo Grilz
e tutti i caduti sul fronte dell'informazione

Ci sono voluti 21 anni, epiche battaglie a colpi di articoli, proteste, un libro fotografico ed una mostra, ma alla fine anche la "casta" dei giornalisti triestini ricorda Almerigo Grilz. L'11 novembre, nella sala del Consiglio comunale del capoluogo giuliano, ha preso la parola il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, Pietro Villotta. Con un appassionato discorso ha spiegato la scelta di affiggere all'ingresso del palazzo della stampa a Trieste una grande targa in cristallo con i nomi di tutti i giornalisti italiani caduti in guerra, per mano della mafia o del terrorismo dal 1945 a oggi. In rigoroso ordine alfabetico c'era anche quello di Almerigo Grilz, che per anni è stato volutamente dimenticato dai giornalisti triestini, che ricordavano solo i colleghi del capoluogo giuliano uccisi a Mostar e a Mogadiscio. La targa è stata scoperta in occasione della celebrazione del centenario della Federazione nazionale della stampa italiana. Il sindacato unico ha aderito all'iniziativa senza dimostrare grande entusiasmo e non menzionando mai, negli interventi ufficiali, il nome di Grilz, ma va bene lo stesso. Vale la pena dire: "Meglio tardi che mai". E da adesso speriamo veramente di aver voltato pagina sul "buco nero" che ha avvolto per anni Almerigo Grilz, l'inviato ignoto.

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24 novembre 2015 | Rai 1 Storie vere | reportage
Terrorismo in Europa
Dopo gli attacchi di Parigi cosa dobbiamo fare per estirpare la minaccia in Siria, Iraq e a casa nostra

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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