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14 giugno 2020 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
I buchi neri zone rosse e dietrofront ecco cosa onte non ha chiarito
di Fausto Biloslavo
I l presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sostiene di avere chiarito tutto e di sentirsi assolutamente tranquillo sulla mancata zona rossa in provincia di Bergamo. In realtà i buchi neri sulla sua deposizione, che non è durata cinque minuti nel caso fosse stato tutto a posto, ma tre ore, sono tanti.
Il primo punto da chiarire è lo stesso pilastro della linea difensiva di Conte, che sostiene come fosse troppo tardi e la zona rossa di Alzano Lombardo e Nembro era stata superata con il decreto dell\'8 marzo, che allargava le restrizioni a tutta l\'Italia. In realtà il governo decise una «zona protetta» chiamata subito «zona arancione», che non era né carne né pesce. Restrizioni aumentate, ma non totali come era necessario in provincia di Bergamo per tamponare il contagi. E già avvenuto con successo a Codogno e Vo\' Euganeo grazie a un blocco totale. E poi se le «zone arancioni» fossero bastate, come mai sono state istituite altre 115 vere zone rosse nel paese dopo il decreto dell\'8 marzo? La verità è che soprattutto i rappresentanti locali non volevano le zone rosse. Per Medicina richiesta dall\'Emilia Romagna ci sono voluti due tentativi prima di attuarla con l\'arrivo dell\'esercito. «In provincia di Alessandria non è mai stata fatta anche se necessaria - racconta una fonte del Giornale in prima linea nella pandemia - perché la politica si è opposta».
Conte non ha esteso alcuna zona rossa a tutta Italia agli inizi di marzo. Al contrario, con il disastroso annuncio in tv del decreto, ha fatto fuggire migliaia di persone da Milano verso il sud.
Il secondo buco nero da esplorare è perché il governo avesse deciso di istituire la zona rossa ad Alzano e Nembro e poi ha cambiato idea. Le comunicazioni delle Difesa del 5 marzo rivelate dal Giornale confermano che «a seguito di individuazione di zona rossa nell\'area di Bergamo dalle autorità governative relativa all\'emergenza nazionale Covid 19, su richiesta di Mininterno Ufficio sicurezza ed ordine pubblico si dispone il rinforzo di personale impiegato nell\'operazione Strade sicure con un contingente di 120 unità». Ridicola e impossibile la spiegazione trapelata, che i comandi generali di carabinieri, polizia, esercito abbiano agito in maniera autonoma all\'insaputa di Conte e del ministro dell\'Interno, Luciana Lamorgese. E ancora più dubbia l\'idea che il Viminale si fosse portato avanti per prepararsi a qualsiasi evenienza muovendo 370 uomini. Carabinieri e poliziotti di Bergamo dal 4-5 marzo avevano già individuato i punti dove piazzare i posti di blocco ed erano pronti a chiudere tutto. Un altro tassello è la parte della comunicazione della Difesa sulla zona rossa che recita: «Seguirà ordinanza della Prociv», ovvero Protezione civile, che dipende dal presidente del Consiglio.
Il terzo buco nero riguarda proprio i veri motivi del contrordine, arrivato tre giorni dopo ai militari: «Mininterno ha comunicato che l\'esigenza di rinforzo di personale impiegato nell\'area di Bergamo è terminata». I parenti delle vittime del virus nella zona di Bergamo del comitato «Noi denunceremo» hanno allegato agli atti delle loro denunce un documento del 27 febbraio, che spiega molto sulle pressioni anti-chiusura. Imprese e pure il sindacato scrivono che «dopo i primi giorni di emergenza, è ora importante valutare con equilibrio la situazione per procedere a una rapida normalizzazione, consentendo di riavviare tutte le attività ora bloccate». La firma è di Abi, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confindustria, Alleanza delle cooperative, Rete Imprese Italia, Cgil, Cisl, Uil. Il giorno dopo «Confindustria Bergamo lancia uno spot con l\'hashtag #Bergamoisrunning, un video in inglese () in cui si dice che il rischio nella zona è basso». Ieri il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, stella locale del centrosinistra, ha fatto qualche ammissione con la Stampa. Il primo cittadino chiamava Roma, ma esclude operazioni di lobbyng da parte di Confindustria. Però ammette di avere parlato almeno «con un imprenditore, preoccupato per il fatto che tutto il mondo continuasse a produrre mentre solo loro dovevano fermare il lavoro». Il sindaco fa onestamente mea culpa: «Eravamo convinti tutti, che il virus potesse passare nel giro di poche settimane. È un\'assoluta ammissione di errore da parte mia. Sicuramente ho sbagliato».
Gran parte dei giornali si arrampicano sugli specchi per difendere il governo sulla mancata zona rossa e forse usciranno verbali mirati per dimostrare che Conte non ha alcuna responsabilità. L\'inchiesta, però, dovrà chiarire il buco nero delle pressioni che nel giro di tre giorni ha fatto cambiare idea al governo sulla zona rossa di Bergamo, che se fatta subito e bene avrebbe potuto diminuire il numero di vittime.

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31 ottobre 2021 | Quarta repubblica | reportage
No vax scontri al porto
I primi lacrimogeni rimbalzano sull'asfalto e arditi No Pass cercano di ributtarli verso il cordone dei carabinieri che sta avanzando per sgomberare il varco numero 4 del porto di Trieste. I manifestanti urlano di tutto «merde, vergogna» cercando pietre e bottiglie da lanciare contro le forze dell'ordine. Un attivista ingaggia lo scontro impossibile e viene travolto dalle manganellate. Una volta crollato a terra lo trascinano via oltre il loro cordone. Scene da battaglia urbana, il capoluogo giuliano non le vedeva da decenni. Portuali e No Pass presidiavano da venerdì l'ingresso più importante dello scalo per protestare contro l'introduzione obbligatoria del lasciapassare verde. In realtà i portuali, dopo varie spaccature, sono solo una trentina. Gli altri, che arriveranno fino a 1.500, sono antagonisti e anarchici, che vogliono la linea dura, molta gente venuta da fuori, più estremisti di destra. Alle 9 arrivano in massa le forze dell'ordine con camion-idranti e schiere di agenti in tenuta antisommossa. Una colonna blu che arriva da dentro il porto fino alla sbarra dell'ingresso. «Lo scalo è porto franco. Non potevano farlo. È una violazione del trattato pace (dello scorso secolo, nda)» tuona Stefano Puzzer detto Ciccio, il capopopolo dei portuali. Armati di pettorina gialla sono loro che si schierano in prima linea seduti a terra davanti ai cordoni di polizia. La resistenza è passiva e gli agenti usano gli idranti per cercare di far sloggiare la fila di portuali. Uno di loro viene preso in pieno da un getto d'acqua e cade a terra battendo la testa. Gli altri lo portano via a braccia. Un gruppo probabilmente buddista prega per evitare lo sgombero. Una signora si avvicina a mani giunte ai poliziotti implorando di retrocedere, ma altri sono più aggressivi e partono valanghe di insulti. Gli agenti avanzano al passo, metro dopo metro. I portuali fanno da cuscinetto per tentare di evitare incidenti più gravi convincendo la massa dei No Pass, che nulla hanno a che fare con lo scalo giuliano, di indietreggiare con calma. Una donna alza le mani cercando di fermare i poliziotti, altri fanno muro e la tensione sale alimentata dal getto degli idranti. «Guardateci siamo fascisti?» urla un militante ai poliziotti. Il nocciolo duro dell'estrema sinistra seguito da gran parte della piazza non vuole andarsene dal porto. Quando la trattativa con il capo della Digos fallisce la situazione degenera in scontro aperto. Diego, un cuoco No Pass, denuncia: «Hanno preso un mio amico, Vittorio, per i capelli, assestandogli una manganellata in faccia». Le forze dell'ordine sgomberano il valico, ma sul grande viale a ridosso scoppia la guerriglia. «Era gente pacifica che non ha alzato un dito - sbotta Puzzer - È un attacco squadrista». I più giovani sono scatenati e spostano i cassonetti dell'immondizia per bloccare la strada scatenando altre cariche degli agenti. Donne per nulla intimorite urlano «vergognatevi» ai carabinieri, che rimangono impassibili. In rete cominciano a venire pubblicati post terribili rivolti agli agenti: «Avete i giorni contati. Se sai dove vivono questi poliziotti vai a ucciderli».Non a caso interviene anche il presidente Sergio Mattarella: «Sorprende e addolora che proprio adesso, in cui vediamo una ripresa incoraggiante esplodano fenomeni di aggressiva contestazione». Uno dei portuali ammette: "Avevamo detto ai No Pass di indietreggiare quando le forze dell'ordine avanzavano ma non ci hanno ascoltati. Così la manifestazione pacifica è stata rovinata». Puzzer raduna le «truppe» e i rinforzi, 3mila persone, in piazza Unità d'Italia. E prende le distanze dagli oltranzisti: «Ci sono gruppi che non c'entrano con noi al porto che si stanno scontrando con le forze dell'ordine». Non è finita, oltre 100 irriducibili si scatenano nel quartiere di San Vito. E riescono a bloccare decine di camion diretti allo scalo con cassonetti dati alle fiamme in mezzo alla strada. Molti sono vestiti di nero con il volto coperto simili ai black bloc. La battaglia sul fronte del porto continua fino a sera.

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12 maggio 2020 | Tg5 | reportage
L'infermiera sopravvissuta al virus
L’infermiera ha contratto il virus da un paziente anziano nell’ospedale Maggiore di Trieste A casa non riusciva più a respirare ed è stata trasportata d’urgenza in ospedale Il figlio, soldato della Nato, era rimasto bloccato sul fronte baltico dall’emergenza virus con l’appartamento pieno di medicine l’incubo del contagio non l’abbandonerà mai Due mesi dopo il contagio Svetlana è negativa al virus ma ancora debole e chiusa in casa

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29 dicembre 2011 | SkyTG24 | reportage
Almerigo ricordato 25 anni dopo
Con un bel gesto, che sana tante pelose dimenticanze, il presidente del nostro Ordine,Enzo Iacopino, ricorda davanti al premier Mario Monti, Almerigo Grilz primo giornalista italiano caduto su un campo di battaglia dopo la fine della seconda guerra mondiale, il 19 maggio 1987 in Mozambico.

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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