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06 dicembre 2020 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
A Pratica di Mare l’hub dei vaccini L’esercito protegge 3,5 milioni di fiale
Fausto Biloslavo
Chiara Giannini
Sarà l\'aeroporto «Mario de Bernardi» di Pratica di Mare a ospitare il maxi hub nazionale per lo stoccaggio dei vaccini anti Covid. Ad annunciarlo il commissario straordinario dell\'emergenza Domenico Arcuri, in accordo con il ministro della Salute Roberto Speranza e quello della Difesa Lorenzo Guerini. Fonti vicine alle Forze armate fanno sapere che il suggerimento per la collocazione del grosso centro di raccolta delle dosi era arrivato alla task force dedicata per l\'aeroporto di Pisa, sede della 46esima Brigata aerea dell\'Aeronautica militare, soprattutto per la capacità di trasporto attraverso i vettori aerei come il C-130 e il C-27, ma in un secondo momento si è optato per Pratica di Mare per la lunghezza della pista, per la presenza di numerosi shelter e per la centralità dell\'area, ma soprattutto perché proprio lì ha sede l\'Irbm, l\'azienda che sta producendo il vaccino AstraZeneca-Oxford, tra quelli che arriveranno al più presto negli ambulatori. Le dosi arriveranno a Pratica via terra, attraverso l\'uso di camion anche dell\'Esercito, come gli Aps, in grado di trasportare anche container con celle frigorifere. I vaccini saranno stoccati con ogni probabilità all\'interno dei grossi hangar presenti nella base, dove ha sede anche il 16esimo stormo con i giganti del cielo, i Kc-767 dell\'Aeronautica militare. Una volta scongelate, le dosi dovranno essere inoculate entro 12 ore. Ecco perché la distribuzione avverrà velocemente attraverso aerei ed elicotteri su tutto il territorio nazionale. All\'Italia, in questa prima fase, spettano 3,5 milioni di fiale.
Le Forze armate parteciperanno anche alla vaccinazione di massa, la seconda fase, che dovrebbe iniziare in primavera. La gigantesca operazione è stata battezzata «Eos», dal nome della Dea greca dell\'aurora. Il Comando Operativo di Vertice Interforze sta mettendo a punto il piano di attuazione dell\'operazione. Guerini ha sottolineato «la caratteristica intermodale dell\'hub in grado di accogliere vettori aerei, elicotteri e baricentrico per la connettività stradale».
Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha dichiarato a Sky Tg24 che «ci saranno tutte le garanzie» di sicurezza e il 2021 «sarà, speriamo, l\'anno giusto in cui avremo un vaccino sicuro ed efficace». Per garantire il successo dell\'operazione «Eos», il piano prevede, oltre all\'hub di Pratica di Mare, almeno 4 hub inter regionali compresi due nelle isole e una ventina nelle regioni in collaborazione con la protezione civile. Uno degli hub importanti della rete dovrebbe essere quello dell\'Esercito a Piacenza che ha particolari shelter frigoriferi sia fissi che mobili adatti per i vaccini da - 20 gradi in su, che serviranno alla seconda fase di vaccinazione di massa.
Il grande sforzo sarà logistico e di trasporto rispettando le condizioni, a cominciare dalle temperature, dei diversi vaccini che per ora sono sei. L\'operazione prevede l\'impiego di almeno 300 automezzi dell\'Esercito. Per il cosiddetto «ultimo miglio» i militari metteranno a disposizione un centinaio di speciali celle portatili fino alla somministrazione. I punti di somministrazione saranno 1.500 e sono previste unità mobili per chi non potrà raggiungerli facilmente.
Le Forze armate garantiranno la sicurezza dei siti di stoccaggio e le scorte alle colonne per evitare sabotaggi. Si calcola che saranno mobilitati fra i 2mila e 3mila uomini compreso il personale che parteciperà alla somministrazione di massa dei vaccini. Per la sicurezza oltre al sabotaggio diretto può esserci il rischio di un black out elettrico, più o meno doloso, che prevede in caso di emergenza l\'utilizzo degli stessi, potenti, generatori delle nostre basi nelle missioni in zone di guerra. Dagli Usa arriva l\'allarme cyber sicurezza su attacchi già in corso o possibili sulla filiera di stoccaggio, trasporto e consegna dei vaccini. Terrorismo, criminalità per ottenere un «riscatto», ma anche potenze straniere che vogliono danneggiare un Paese sono tutte minacce credibili. Non a caso saranno mobilitate anche le unità militari della difesa informatica per evitare intrusioni o danneggiamenti dei programmi utilizzati per l\'operazione vaccini.

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05 febbraio 2015 | Porta a Porta | reportage
IN RICORDO DELLE FOIBE E L'ESODO LA PUNTATA DI PORTA A PORTA


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06 giugno 2017 | Sky TG 24 | reportage
Terrorismo da Bologna a Londra
Fausto Biloslavo "Vado a fare il terrorista” è l’incredibile affermazione di Youssef Zaghba, il terzo killer jihadista del ponte di Londra, quando era stato fermato il 15 marzo dello scorso anno all’aeroporto Marconi di Bologna. Il ragazzo nato nel 1995 a Fez, in Marocco, ma con il passaporto italiano grazie alla madre Khadija (Valeria) Collina, aveva in tasca un biglietto di sola andata per Istanbul e uno zainetto come bagaglio. Il futuro terrorista voleva raggiungere la Siria per arruolarsi nello Stato islamico. Gli agenti di polizia in servizio allo scalo Marconi lo hanno fermato proprio perché destava sospetti. Nonostante sul cellulare avesse materiale islamico di stampo integralista è stato lasciato andare ed il tribunale del riesame gli ha restituito il telefonino ed il computer sequestrato in casa, prima di un esame approfondito dei contenuti. Le autorità inglesi hanno rivelato ieri il nome del terzo uomo sostenendo che non “era di interesse” né da parte di Scotland Yard, né per l’MI5, il servizio segreto interno. Il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, ha dichiarato a Radio 24, che "venne segnalato a Londra come possibile sospetto”. E sarebbero state informate anche le autorità marocchine, ma una fonte del Giornale, che ha accesso alle banche dati rivela “che non era inserito nella lista dei sospetti foreign fighter, unica per tutta Europa”. Non solo: Il Giornale è a conoscenza che Zaghba, ancora minorenne, era stato fermato nel 2013 da solo, a Bologna per un controllo delle forze dell’ordine senza esiti particolari. Il procuratore capo ha confermato che l’italo marocchino "in un anno e mezzo, è venuto 10 giorni in Italia ed è stato sempre seguito dalla Digos di Bologna. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare, ma non c'erano gli elementi di prova che lui fosse un terrorista. Era un soggetto sospettato per alcune modalità di comportamento". Presentarsi come aspirante terrorista all’imbarco a Bologna per Istanbul non è poco, soprattutto se, come aveva rivelato la madre alla Digos “mi aveva detto che voleva andare a Roma”. Il 15 marzo dello scorso anno il procuratore aggiunto di Bologna, Valter Giovannini, che allora dirigeva il pool anti terrorismo si è occupato del caso disponendo un fermo per identificazione al fine di accertare l’identità del giovane. La Digos ha contattato la madre, che è venuta a prenderlo allo scalo ammettendo: "Non lo riconosco più, mi spaventa. Traffica tutto il giorno davanti al computer per vedere cose strane” ovvero filmati jihadisti. La procura ha ordinato la perquisizione in casa e sequestrato oltre al cellulare, alcune sim ed il pc. La madre si era convertita all’Islam quando ha sposato Mohammed il padre marocchino del terrorista che risiede a Casablanca. Prima del divorzio hanno vissuto a lungo in Marocco. Poi la donna è tornata casa nella frazione di Fagnano di Castello di Serravalle, in provincia di Bologna. Il figlio jihadista aveva trovato lavoro a Londra, ma nella capitale inglese era entrato in contatto con la cellula di radicali islamici, che faceva riferimento all’imam, oggi in carcere, Anjem Choudary. Il timore è che il giovane italo-marocchino possa essere stato convinto a partire per la Siria da Sajeel Shahid, luogotenente di Choudary, nella lista nera dell’ Fbi e sospettato di aver addestrato in Pakistan i terroristi dell’attacco alla metro di Londra del 2005. "Prima di conoscere quelle persone non si era mai comportato in maniera così strana” aveva detto la madre alla Digos. Il paradosso è che nessuna legge permetteva di trattenere a Bologna il sospetto foreign fighter ed il tribunale del riesame ha accolto l’istanza del suo avvocato di restituirgli il materiale elettronico sequestrato. “Nove su dieci, in questi casi, la richiesta non viene respinte” spiega una fonte del Giornale, che conosce bene la vicenda. Non esiste copia del materiale trovato, che secondo alcune fonti erano veri e propri proclami delle bandiere nere. E non è stato possibile fare un esame più approfondito per individuare i contatti del giovane. Il risultato è che l’italo-marocchino ha potuto partecipare alla mattanza del ponte di Londra. Parenti e vicini cadono dalle nuvole. La zia acquisita della madre, Franca Lambertini, non ha dubbi: “Era un bravo ragazzo, l'ultima volta che l'ho visto mi ha detto “ciao zia”. Non avrei mai pensato a una cosa del genere".

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26 settembre 2012 | Uno Mattina | reportage
I lati oscuri (e assurdi) delle adozioni
Con mia moglie, prima di affrontare l’odissea dell’adozione, ci chiedevamo come mai gran parte delle coppie che sentono questa spinta d’amore andavano a cercare bambini all’estero e non in Italia. Dopo quattro anni di esperienza sulla nostra pelle siamo arrivati ad una prima, parziale e triste risposta. La burocratica e farraginosa gestione delle adozioni nazionali, grazie a leggi e cavilli da azzeccagarbugli, non aiutano le coppie che vogliono accogliere un bimbo abbandonato in casa propria, ma le ostacolano.

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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