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Reportage
17 marzo 2021 - Esteri - Iraq - Panorama
La guerra dimenticata dell’Iraq
Fausto Biloslavo
BAGHDAD - Nel buio pesto squarciato dai riflettori del posto di blocco si intravedono i militari iracheni in assetto di guerra. “Dovete aspettare una scorta. L’intelligence ha segnalato una possibile autobomba in questa zona” rivela un ufficiale di guardia. Ad un pugno di chilometri da Qaraqosh, che i cristiani della piana di Ninive chiamano “dono di Dio”, il dispiegamento di sicurezza è capillare in attesa, fra poche ore, dell’arrivo di Papa Francesco nella sua storica visita in Iraq.
Il 9 marzo, il giorno dopo il rientro a Roma del Santo Padre, la 14° divisione lancia un’offensiva nelle province di Ninive e Anbar contro cellule e sacche dello Stato islamico, che non è mai morto. Non solo l’Isis rialza la testa, ma le milizie sciite legate all’Iran continuano ad attaccare le basi americane sfiorando il contingente italiano ad Erbil e il nuovo presidente americano Joe Biden reagisce ordinando raid aerei. Il reportage di Panorama racconta la “guerra” dimenticata d’Iraq.
Il 3 marzo, due giorni prima dell’arrivo di Francesco, gli estremisti sciiti hanno lanciato 13 razzi sulla base americana di Air al Assad. Il quarto attacco in un mese contro le truppe Usa in Iraq oramai ridotte a 2500 uomini, che i miliziani filo Iran vogliono cacciare del tutto dal paese. Il 15 febbraio altri razzi avevano colpito l’aeroporto di Erbil, la “capitale” del Kurdistan iracheno, sempre diretti alla base americana. In risposta il presidente Biden ha ordinato il  suo primo raid aereo contro una base in Siria dei “Guardiani del sangue” il gruppo sciita che ha rivendicato l’attacco.
AGLI ITALIANI IL COMANDO DELLA MISSIONE NATO
I razzi sono scoppiati a 500 metri da camp Singar, la base degli oltre 250 militari italiani nel nord dell’Iraq. Una missione dimenticata e per ora ridotta a causa del Covid, che affianca le forze curde dei Peshmerga nella pianificazione delle operazioni anti terrorismo. Il generale Francesco Principe è il più alto in grado della coalizione internazionale in Kurdistan e comanda il contingente italiano. La missione cambierà volto, sotto il cappello della Nato, con 4mila uomini, in gran parte europei, al nostro comando, destinati a sostituire gli americani. In realtà gli Usa resteranno nel paese, almeno in Kurdistan, dove il consolato americano si sta espandendo a dismisura con la previsione di 1000 posti letto, 800 per i marines. “Il passaggio di consegne dovrebbe arrivare prima di Natale” rivela una fonte della coalizione internazionale. Il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, è già venuto quattro volte in Iraq. E il 9 marzo ha confermato alle Commissioni Difesa di Camera e Senato, che l’Italia sosterrà “il rafforzamento della missione Nato”. E “siamo pronti ad assumere la guida, al termine del comando danese, a conferma dell\'importanza della nostra presenza in un\'area fondamentale per l\'assetto degli equilibri in Medio-Oriente”.
Durante la tappa conclusiva del viaggio con la messa del Papa nello stadio di Erbil davanti a 10mila persone, ogni tanto spariva il segnale dei cellulari. Gli italiani hanno dispiegato il bimotore C 27 Jedi, un gioiello della guerra elettronica, che intercetta le comunicazioni radio dei gruppi jihadisti, qualsiasi telefono “e può inibire il funzionamento dei cellulari utilizzati per fare esplodere le trappole esplosive” spiega la fonte della coalizione internazionale anti terrorismo.
In Kuwait abbiamo schierato droni e caccia, che non  bombardano, ma forniscono immagini all’intelligence sulle nuove sacche dell’Isis e pure sugli schieramenti delle Unità di mobilitazione popolare (Pmu). Circa 100mila miliziani sciiti nati nel 2014 grazie ad una fatwa del grande ayatollah, Alì Al Sistani per fermare l’avanzata dello Stato islamico, che era arrivato alle porte di Baghdad. Ora le Pmu, appoggiate da Teheran, sono integrate nel sistema di sicurezza iracheno e “schierate anche nella delicata zona di Makmur di fronte ai Peshmerga curdi, che temono i droni iraniani operanti nell\'area” rivela la fonte alleata. Makmur è una fascia cuscinetto strategica fra Iraq e Kurdistan autonomo, dove i curdi controllano ancora dei ricchi pozzi petroliferi.
LE MILIZIE SCIITE MINACCIANO I CRISTIANI
Le milizie sciite sono un pericolo anche per i cristiani. Nella piana di Ninive, cuore della cristianità in Iraq, la cittadina di Bartella è tappezzata dalle foto dei martiri sciiti a cominciare dal generale iraniano Qassim Suleimani e dal comandante delle milizie Abou Mahdi al-Mohandes inceneriti nel gennaio 2020 da un drone americano a Baghdad. Dopo la pulizia etnica religiosa dello Stato islamico sono tornate a Bartella poco più di un migliaio di famiglie cristiane, meno della metà di quelle costrette alla fuga dal Califfato nel 2014. Le altre vivono come esuli nel vicino Kurdistan o sono scappate all’estero. Ai cristiani si sono sostituiti gli shabak, mezzi sciiti e mezzi curdi che facevano i contadini. Le milizie li ha radunati e rafforzati formando la Brigata 30 utilizzata per combattere l’Isis e adesso per scalzare i cristiani. “Sequestrano o comprano terre e appartamenti con le buone o con le cattive. Prima siamo stati cacciati dal Califfato e adesso siamo circondati dagli shabak” racconta un sacerdote della zona che preferisce l’anonimato.
Il risultato è che nella piana di Ninive a nord di Mosul, grazie a finanziamenti iraniani, gli sciiti sono entrati in possesso o hanno costruito 13mila case mettendo in piedi veri e propri villaggi roccaforte. Francesco non a caso ha incontrato Al Sistani, il “Papa” degli sciiti iracheni, che aveva alzato la voce per difendere i cristiani e fa da contraltare ai grandi ayatollah dell’Iran.
LA MILIZIA CRISTIANA
Il colonnello Jawad Habib, che il Papa ha salutato nella cattedrale di Qaraqosh, è un ex ufficiale di Saddam Hussein al comando delle Unità di protezione di Ninive. “Per difendere sette piccole città cristiane abbiamo 500-600 uomini addestrati dagli americani, che rispondono al comando centrale di Baghdad” spiega l’ufficiale veterano delle guerre di Saddam. I suoi uomini sono tutti cristiani con  il simbolo della croce assira sulla mimetica. All’ingresso di Karemelesh il posto di guardia è sovrastato da un crocifisso. Il campanile della chiesa, data alle fiamme dall’Isis, è rimasto con i segni della brutale occupazione dello Stato islamico “per non dimenticare” spiega padre Paolo. Il sacerdote ha portato sull’altare del Papa ad Erbil la statua della Madonna decapitata e con le mani mozzate dai tagliagole del Califfato.
I cristiani, ai tempi di Saddam, erano un milione e mezzo, ma dopo anni di violenze e crisi economica sono scesi a meno di 300mila.  Nella piana di Ninive sono tornati il 45,3% dei cristiani fuggiti all’avanzata del Califfato secondo Aiuto alla chiesa che soffre. La fondazione pontificia ha investito quasi 50 milioni di euro di euro per rimettere in piedi abitazione e chiese distrutte dall’Isis.
LO STATO ISLAMICO CHE RISORGE
La vera minaccia è che esisterebbe una tacita alleanza tattica fra alcune milizie sciite estremiste e le cellule jihadiste contro il comune nemico americano. La fonte internazionale di Panorama rivela che “abbiamo informazioni di intelligence su posti di blocco in mano a gruppi sciiti dove sono stati fatti passare i terroristi orfani dello Stato islamico”.
Il 9 febbraio è stato catturato in Kurdistan il “cecchino” dell’Isis, che comandava i micidiali tiratori scelti delle bandiere nere. Bashar Mustafa Hafez Adwan al-Awaisi sarebbe stato in possesso di una lista di obiettivi, soprattutto alti ufficiali della coalizione internazionale, compreso il generale Principe.
Sheikh Jaafar Sheikh Mustafa, vice presidente del Kurdisatn iracheno ammette che “l’Isis è ancora forte”. Sulle alture che sovrastano Kirkuk i superstiti dello Stato islamico si sono rifugiati dopo la disfatta del Califfato. In almeno cinque province irachene si registrano attacchi di cellule dell’Isis con la tattica del “mordi e fuggi”. La catena montuosa di Hamrin, a ridosso di Kirkuk, è il nuovo santuario.
Per la visita del Papa dal 5 al’8 marzo “alcuni religiosi fondamentalisti hanno assunto sui social media un atteggiamento ostile - ha denunciato monsignor Bashar Matti Warda -  Per questa gente il Papa è il re dei crociati che arriva nel Paese come missionario”. Un motivo in più per chiedere alla Nato, sostiene l’arcivescovo di Erbil, “un piano di sicurezza che pacifichi la situazione nella piana di Ninive”. Nel capoluogo, Mosul, terza città del paese, sono tornate solo 70 famiglie cristiane. Thanoon Yahya Yusuf, nonostante la visita di speranza del Papa, non ha dubbi: “Neppure se arrivasse il Messia i cristiani che sono scappati tornerebbero a Mosul”. Francesco ha pregato davanti alle macerie della piazza delle quattro chiese trasformate dall’Isis in prigione e bombardate dagli alleati. Grazie a 55 milioni di dollari degli Emirati arabi, l’Unesco vuole farle tornare all’antico splendore. Altre, però, sono abbandonate. Nel 2017 siamo entrati per primi nella chiesa caldea di Santa Maria del perpetuo soccorso, appena liberata durante la sanguinosa battaglia nella “capitale” dell’Isis. Sul muro esterno, accanto al portone con la croce ancora bucherellato dai proiettili, nessuno ha cancellato la scritta nera rimasta come allora: “Vietato l’ingresso, ordine dello Stato islamico”.
[continua]

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22 novembre 2014 | | reportage
Premio Cutuli
Da Erbil collegamento per ricordare Maria Grazia uccisa dai talebani il 19 novembre 2011 a Surobi sulla strada per Kabul

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21 giugno 2016 | Caffè di Rai 1 | reportage
Profughi dimenticati
Sulle macerie della guerra in Iraq, grazie al Rotary, abbiamo raccontato il dramma dei profughi dimenticati. Siamo stati gli occhi della guerra lungo il fronte dove scappano i rifugiati dall'offensiva su Mosul, la capitale del Califfato. Siamo andati nei campi dove i cristiani in fuga vivono in condizioni miserevoli. Siamo stati sotto le tende dei siriani attirati dai trafficanti per partire verso l’Europa. Abbiamo raccolto le testimonianze dei rifugiati yazidi massacrati dalle bandiere nere. Con le loro donne schiave come Lamja saltata su una mina per fuggire allo Stato islamico. Drammi veri provocati dalla tragedia della guerra.Storie terribili, che non possiamo dimenticare e che abbimo presentato 7 giugno a Cremona.

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06 marzo 2010 | Rai News 24 | reportage
I morti di Nassiriya
Sei anni dopo la strage non si fermano le polemiche sulla mancata sicurezza della base e sulle responsabilità dei comandanti.

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26 agosto 2010 | Radio Anch'io - Radio Uno | intervento
Iraq
Missione compiuta?
Il ritiro del grosso dei soldati americani lascia un paese ancora instabile, ma la missione è in parte compiuta.

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31 ottobre 2010 | Nuova Spazio Radio | intervento
Iraq
Wikileaks dice quello che si sa già. Per tutti è un grande scoop
I rapporti Usa che smonterebbero la versione italiana di un episodio della battaglia dei ponti ad An Nassiryah e la morte accidentale di un paracadutista in Iraq sono la classica tempesta in un bicchier d’acqua. Le rivelazioni di Wikileaks sugli italiani della missione Antica Babilonia derivano dagli stessi rapporti scritti dal nostro contingente, che lungo la catena di comando arrivavano fino al quartier generale americano a Baghdad. E altro ancora.

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14 giugno 2014 | Radio24 | intervento
Iraq
L'avanzata del Califfato
Il califfato con Baghdad capitale, Corano e moschetto, mani amputate ai ladri, nemici crocefissi, tasse islamiche, donne chiuse in casa ed Occidente nel mirino con l’obiettivo di governare il mondo in nome di Allah. Questo è lo “Stato islamico dell’Iraq e della Siria” (Isis), che sta conquistando città dopo città rischiando di far esplodere il Medio Oriente.

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06 ottobre 2015 | Zapping Rai Radio 1 | intervento
Iraq
Raid italiani in Iraq?
Raid italiani le ipotesi:Paolo Magri dir.Ispi,Fausto Biloslavo corrispondente Il Giornale.

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