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Articolo
24 agosto 2021 - Il fatto - Afghanistan - Il Giornale
Voci dall’inferno
Fausto Biloslavo
Matteo Carnieletto
«Aveva 35 anni ed era la moglie di un interprete che lavorava ad Herat. È rimasta schiacciata nella calca e i suoi due figli sono dispersi». È il drammatico racconto di Hamid, uno dei collaboratori del contingente italiano nell\\\\\\\'Afghanistan occidentale che è riuscito, dopo cinque giorni di odissea, a entrare nell\\\\\\\'aeroporto di Kabul per mettersi in salvo. Via whatsapp invia al Giornale la foto del sacco bianco e freddo con il corpo senza vita della donna afghana, che è morta soffocata per scappare dal nuovo Emirato talebano.
Dopo la caduta di Kabul del 15 agosto e anche prima abbiamo cercato di dare una mano a interpreti, attiviste, collaboratori degli italiani in 20 anni di intervento in Afghanistan, che chiedono disperatamente aiuto. In una dozzina di casi ci siamo riusciti grazie alla nostra Task force d\\\\\\\'evacuazione all\\\\\\\'aeroporto di Kabul circondato da una massa umana di 20mila persone e al generale Luciano Portolano, che coordina da Roma le operazioni.
Non sempre, purtroppo, va tutto per il verso giusto. Una delle storie più dilanianti è quella delle due sorelle, che assieme hanno tentato disperatamente di arrivare al gate, uno degli ingressi dell\\\\\\\'aeroporto presidiato dai soldati americani che li aprono e chiudono senza guardare in faccia nessuno. La più anziana, in dolce attesa, era un po\\\\\\\' indietro nel serpentone umano di disgraziata umanità in fuga. La più giovane, di appena 12 anni pochi passi più avanti, era riuscita a passare, ma la sorella è rimasta tagliata fuori per una manciata di metri. Alla fine anche la piccola ha deciso di voltare le spalle alla salvezza ed è tornata indietro per scappare assieme nella valle del Panjshir, l\\\\\\\'ultimo lembo di resistenza al potere talebano. Hamid con la sua famiglia ha cercato per cinque giorni di penetrare la cintura umana attorno all\\\\\\\'aeroporto. Il momento più terribile è stato quando la calca ha divorato non si sa quanti afghani, anche donne e bambini, morti schiacciati o soffocati. «Era un inferno, non si riusciva a respirare - racconta il nostro interprete -. Il caldo e la ressa ci stavano uccidendo». Alla fine ce l\\\\\\\'ha fatta e in queste ore sta volando verso l\\\\\\\'Italia con la famiglia. Molti non sono ancora in salvo. Su 2.500 afghani che speriamo di evacuare sono stati imbarcati verso l\\\\\\\'Italia circa 1.600.
Più che evacuazione in sicurezza, che sarebbe stata possibile a giugno quando avevamo ancora le truppe ad Herat, tutti sono consapevoli che si tratta del caos, della fuga disperata per la vita. E avere portato in salvo centinaia di afghani in questa situazione è già un miracolo. Diverse donne sono state bastonate brutalmente come rivela l\\\\\\\'onlus milanese Pangea, che ieri è riuscita a far evacuare circa 200 persone. «Sono state picchiate dai talebani. Vedere le foto con i loro lividi è stato straziante - ha denunciato l\\\\\\\'associazione -. I bambini hanno assistito a scene di violenza inaudita e sono molto spaventati».
Il capitano Mohammadi Aijad, diventato ufficiale all\\\\\\\'accademia di Modena, ha combattuto con i corpi speciali fino all\\\\\\\'ultimo. I talebani gli avevano già decapitato il fratello e messo una taglia sulla testa. Per giorni si è nascosto in un pozzo fino a quando non ha avuto il via libera per andare in aeroporto con la famiglia. Una notte di tensione con messaggi vocali del seguente tenore: «Abbiamo dovuto cambiare cancello d\\\\\\\'ingresso passando attraverso un posto di blocco dei talebani. Nel minivan mi sono nascosto dietro le donne coperte dal burqa. Se mi avessero visto sarei morto». Ziad, ex tenente dei carabinieri, che vive da anni in Italia è nipote di Bismillah Khan, il ministro della Difesa del governo sconfitto. Quando Kabul è caduta era circondato con lo zio dai talebani. Poi è riuscito a dileguarsi e andare a prendere la famiglia nascosta in casa di amici. Per giorni si è immerso nel girone dantesco della massa umana attorno all\\\\\\\'aeroporto. Alla fine è riuscito a passare e una mattina sul telefonino manda una foto di lui e le sue tre bambine distrutte e sedute per terra, ma finalmente in salvo. Il messaggio non lascia dubbi: «Siamo dentro. Grazie di cuore».
[continua]

video
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Dai talebani alla situazione in Afghanistan ricordando che l'ultimo saluto ai paracadutisti caduti non può che essere il loro grido di battaglia: "Folgore".

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12 novembre 2001 | Radio 24 Gr | reportage
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12 settembre 2002 | Radio 24 Nove in punto | reportage
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Afghanistan un anno dopo/3
Un anno dopo l'11 settembre ed il crollo dei talebani il problema delle coltivazioni di papavero e del traffico di oppio

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11 novembre 2001 | Radio 24 Gr | reportage
Afghanistan
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