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Reportage
10 settembre 2021 - Prima - Afghanistan - Il Giornale
Kabul, prigione delle donne: “Lottiamo ma abbiamo paura Ci avete illuse e poi tradite”
Fausto Biloslavo e Gian Micalessin
Kabul
«I talebani per me sono incubo. In pochi giorni m\\\'hanno preso tutto. M\\\'hanno rubato vent\\\'anni di studio e di lavoro. E con quelli anche il resto della mia vita. Ma a farmi ancor più rabbia è il modo in cui ci avete trattato voi occidentali. Prima ci avete illuso, poi ci avete abbandonate e tradite. Io sono laureata all\\\'università Americana, faccio la giornalista, sono stata in Italia per uno stage con l\\\'Università Cattolica di Milano e ho lavorato per un programma di ricerca olandese. Tutti dall\\\'Italia, all\\\'America, all\\\'Olanda hanno promesso di portarmi via.
Invece eccomi qua. Abbandonata in un paese trasformato in una grande prigione per donne. Più ci penso più mi chiedo come facciate a non vergognarvi. Se questo era il modo in cui volevate aiutarci perchè ci avete spinte a lottare per i nostri diritti? Perché ci avete chiesto di studiare? Perché ci avete convinto dell\\\'importanza di lavorare? Perchè ci avete illuse per vent\\\'anni e abbandonate in questo modo indegno?».
Roxane, chiamiamola così, ci ha dato appuntamento nelle sale deserte di un ristorante nel cuore di Kabul. Per arrivarci indisturbata ha trascinato con se la nipotina di quattro anni, figlia della sorella. «Altrimenti- spiega - rischiavo di avere seri problemi. Nessuno l\\\'ha detto ufficialmente, ma a nessuna donna è più permesso girare sola per strada. Non lo dicono , ma lo sappiamo tutte purtroppo è così». Roxane ha 28 anni, ma degli otto vissuti ai tempi del Mullah Omar, ricorda poco o nulla. «Quando ci pensavo mi tornava alla mente solo il dolore di mia madre disperata per non potermi mandarmi a scuola. Fino al 15 agosto, però, era solo un ricordo lontano. Oggi è la realtà. Nel giro di una notte mi son ritrovata nella stessa prigione in cui era vissuta mia madre».
Per visitare la prigione di cui parla Roxane sono sufficienti quattro passi al Faryab Market, un grande magazzino nel cuore di Kabul. I suoi larghi corridoi ,su cui si affacciavano i negozi d\\\'abbigliamento femminile sono desolatamente vuoti. Dietro le vetrine sono rimasti solo i manichini, sconciamente ignudi. Sugli scaffali non c\\\'è più neppure un capo. E anche i saloni di bellezza aperti negli ultimi vent\\\'anni intorno a Charai Yaqub si vanno adeguando alle logiche estetiche del nuovo emirato. Una mano di vernice nera opaca ha ricoperto le entrate dai colori troppo appariscenti mentre i volti di donna sono stati cancellati assieme alle acconciature. Ma quel che più inquieta le donne di Kabul è il senso d\\\'incertezza, l\\\'insicurezza per il domani, il timore di dover render conto del proprio passato di studio e di lavoro. «Abbiamo paura, tanta paura racconta Tamanne, un insegnante 28enne, in fuga dallo scorso agosto. In quei giorni io e la famiglia eravamo ancora nella nostra casa nel Wardak quando improvvisamente ci siamo trovati i talebani per strada. In 24 ore abbiamo fatto le valige e siamo corsi qui a Kabul. Loro però ci hanno raggiunto e così siamo di nuovo prigionieri. Ma ora oltre alla prigionia rischiamo la fame. A me hanno già fatto capire di non presentarmi nella scuola dove speravo di lavorare. Il motivo? Non posso più insegnare ai bambini di oltre dieci anni. Mio marito che insegnava in un\\\'università privata è a casa perchè l\\\'istituto non può riaprire. Quindi siamo sul lastrico. Non abbiamo neppure i soldi per mettere qualcosa nei piatti».
Seppur impaurita e disperata Tamanna non rinuncia a lottare. Un paio di giorni fa - quando l\\\'abbiamo incontrata per la prima volta - era in mezzo ai dimostranti dispersi a colpi di kalashnikov dal nuovo ordine talebano. «Le manifestazioni - sostiene convinta e orgogliosa - sono l\\\'ultimo spiraglio di libertà rimastoci. L\\\'ultima speranza di costruire un futuro migliore per questo paese. Certo abbiamo paura, tanta paura, ma le alternative quali sono? Se rinunceremo a lottare l\\\'unica alternativa sarà fuggire. E dire addio per sempre al nostro Paese».
[continua]

video
20 maggio 2010 | Rai 1 Mattina | reportage
L'ultimo addio ai caduti
I funerali di stato, a Roma per il sergente Massimiliano Ramadù ed il caporal maggiore Luigi Pascazio. La mattina del 17 maggio sono saltati in aria su una trappola esplosiva lungo la “strada maledetta”. Una pista in mezzo alle montagne di sabbia che porta da Herat, il capoluogo dell’Afghanistan occidentale, a Bala Murghab, dove i soldati italiani tengono con le unghie e con i denti una base avanzata. I caduti fanno parte del 32° reggimento genio guastatori della brigata Taurinense.
Il racconto di come vivono e combattono i nostri soldati in Afgahnistan.

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13 aprile 2010 | RaiNews24 | reportage
Rassegna stampa del mattino
Emergency in manette in Afghanistan

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14 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 | reportage
Il primo collegamento da Kabul liberata dai talebani
Il primo collegamento da Kabul liberata dai talebani

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[altri video]
radio

07 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - In pattuglia con i marines
Afghanistan, un'estate in trincea. In prima linea con i marines

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20 agosto 2009 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Al fronte con gli italiani/ Alle urne fra minacce talebane e presunti brogli
Si parte all’alba da base Tobruk, con i paracadutisti della Folgore, per garantire la sicurezza delle elezioni presidenziali in Afghanistan nella turbolenta provincia di Farah. Nel distretto di Bala Baluk, infestato dai talebani, sono aperti 5 seggi su 30. I parà della 6° compagnia Grifi, dislocati nei punti nevralgici, sono pronti ad intervenire per difendere le urne. Gli insorti hanno proclamato una specie di coprifuoco contro le elezioni “degli infedeli che occupano il paese”. Chi va ai seggi a queste parti rischia la pelle ancora prima di arrivarci. Con dei volantini affissi nelle moschee l’emirato talebano ha minacciato “di piazzare mine sulle strade principali”. I terroristi suicidi si sono inventati nuove tattiche come spiega prima di partire il tenente dei paracadutisti Alessandro Capone. L’elezione del nuovo presidente afghano e dei consigli provinciali nelle zone a rischio come questa di Bala Baluk è un terno al lotto. Nell'umile e polveroso villaggio di Sharak, le 40 famiglie che ci abitano avevano ricevuto solo 8 certificati elettorali. "E' passato il comandante Zabid Jalil e gli abbiamo consegnato le schede. Ha detto che ci pensa lui a scegliere il presidente. Meglio così: se i talebani le trovavano ci avrebbero ammazzato" racconta haji Nabu, il capo villaggio. Jalil è il boss della tribù e ha pure i gradi di generale della polizia. Un esempio di "democrazia" all'afghana.

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12 aprile 2010 | Rai Radio3 | intervento
Afghanistan
Smentito il Times
Il portavoce del governatore di Helmand, contattato telefonicamente da Il Giornale, ha smentito i virgoletatti del Times. “Non ho mai accusato gli italiani di Emergency di essere in combutta con al Qaida – ha ribadito – Ho solo detto sabato (come riportato da Il Giornale) che Marco (il chirurgo dell’ong fermato nda) stava collaborando e rispondendo alle domande”. IN STUDIO CECILIA STRADA PRESIDENTE DI EMERGENCY.

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18 agosto 2009 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Al fronte con gli italiani/Il seggio più vicino a "dushman" il nemico
La casupola disabitata, in paglia e fango, con il tetto a cupola sembra abbandonata dallo scorso anno, quando i marines combattevano nel deserto infernale di Bala Baluk. Oggi ci sono i paracadutisti della Folgore in questo sperduto angolo della provincia di Farah. All’interno è ancora peggio, ma la casupola viene subito scelta come seggio elettorale per le elezioni presidenziali e provinciali del 20 agosto. Non per il suo fascino esotico, ma perché può venir trasformata in un fortino. La roccaforte talebana di Shewan si trova ad un pugno di chilometri. Da quelle parti comanda mullah Sultan, un ex prigioniero del campo americano di Guantanamo. “E’ il seggio più vicino a dushman, il nemico” spiega un ufficiale della poliza afghana. Se incroci di notte lui ed i suoi uomini, barbe lunghe e stile armata Brancaleone, li scambi per talebani. Solo arrivarci da queste parti è un terno al lotto come spiega il tenente Alessandro Capone della 6° compagnia Grifi (audio originale). Il giorno del voto i paracadutisti italiani sono pronti a difendere le elezioni armi in pugno. La scorsa settimana sembrava che nella zona a rischio di Bala Baluk sarebbe stato disponibile un solo seggio, ma nelle ultime ore si punta ad aprirne 8 o 9. Un successo, anche se la vera incognita è quanti elettori si recheranno alle urne. I talebani hanno minacciato che taglieranno il naso, le orecchie ed il dito segnato dall’inchiostro indelebile di chi è andato a votare. Fausto Biloslavo da base Tobruk, provincia di Farah, Afghanistan per Radio 24 il Sole 24 ore

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14 novembre 2001 | Radio 24 | reportage
Afghanistan
Kabul ed il ritorno degli esuli
Torna a casa sua, nella capitale afghana, Mir Dad Panshiri, un esule anti talebano. Lo avevo conosciuto nel 1988 in carcere a Kabul, quando fui catturato dalle truppe filo sovietiche dopo un lungo reportage con i mujaheddin.

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