image
Articolo
26 aprile 2023 - Interni - Italia - Panorama
C’è un bancomat per la droga
Lo scorso mese vengono sequestrati a Firenze e Prato 74mila euro di commissioni incassate su movimenti per ben 3 milioni trasferiti illegalmente in Cina. La “banca” clandestina usava come paravento un negozio di materiale elettronico. Nella rete della Procura fiorentina finiscono in manette due cinesi e altri 13, tutti della stessa nazionalità, sono indagati per associazione a delinquere, attività bancarie illegittime ed evasione fiscale.
La punta dell’iceberg di un sistema sotterraneo di trasferimento di denaro, che sarebbe ramificato in tutta Italia. La Guardia di Finanza ha istituito un reparto speciale che sta indagando su movimenti per 1-2 miliardi di euro l’anno di una “banca sotterranea cinese” con “filiali” da Roma a Firenze e Prato fino a Padova, Napoli e Reggio Calabria. Un sistema creditizio illegale utilizzato anche dai trafficanti di droga legati alla criminalità organizzata italiana.
La premier Giorgia Meloni ha chiesto di approfondire la “penetrazione cinese in Italia” al Viminale, Fiamme Gialle e intelligence. Le indicazioni della presidenza del Consiglio vanno in due direzioni spiega una fonte di Panorama: “Si stanno attenzionando i cosiddetti “commissariati” cinesi composti da agenti che dovrebbero avere altre funzioni, ma in realtà svolgono attività di controllo nei confronti delle comunità e di possibili oppositori”. Il secondo tema riguarda “i trasferimenti di denaro che sfuggono alla vigilanza. Solo a Prato la Guardia di Finanza calcola che l’evasione fiscale legata ad attività cinesi sia di 1 miliardo”.
Francesco Pinto, sostituto procuratore capo di Genova ha dichiarato all’agenzia stampa Reuter che “a monte dell\'attività bancaria clandestina c\'è un\'enorme disponibilità di liquidità dei gruppi cinesi in tutto il mondo”. L’intelligence, nella relazione annuale presentata al Parlamento a fine febbraio, denuncia che “spregiudicati imprenditori sinici anche attraverso il ricorso ad articolati schemi di evasione fiscale e riciclaggio, cui spesso si accompagnano fattispecie di sistematica raccolta e trasferimento in madrepatria dei proventi di attività illegali, sono riusciti a consolidare il loro posizionamento all\'interno di taluni settori economici nazionali”.
La “banca” illegale scoperta in Toscana accoglieva \"i clienti, tutti imprenditori sinici operanti nel settore della pelletteria e dell\'abbigliamento\" e ritirava \"il contante che si intendeva trasferire senza essere tracciati dalla Banca d’Italia\" spiega una nota della Procura di Firenze. Il negozio di elettronica utilizzato come copertura aveva sede nel capoluogo toscano e una filiale a Prato, hub storico della comunità cinese in Italia.
Gli importi minori venivano gestiti tramite WeChat e AliPay, app con sede in Cina che consentono trasferimenti di denaro tramite carte di credito. Le somme consistenti seguivano un percorso più complicato. Il denaro veniva anticipato tramite conti correnti aperti in Cina in favore di altre persone nella madrepatria indicate dai clienti. Poi il contante raccolto in Italia era trasportato anche fisicamente in Cina dai “trasferitori”. A causa delle restrizioni sui voli dettati dalla pandemia i “banchieri” clandestini avevano optato per il trasporto dei soldi via container.
L’inchiesta di Firenze ha pure scoperto il sistema di copertura grazie ai beni di lusso. Talvolta venivano acquistati in Italia beni costosi su indicazione di connazionali residenti in Cina, che versavano il costo equivalente, oltre la commissione per il servizio, sui conti esteri degli indagati.
Il servizio occulto di trasferimento fondi costava il 2,5% dell’importo trasferito. Su 3 milioni movimentati erano stati incassati, come provvigione,  75mila euro.
Le ombre più pericolose riguardano i cartelli della droga che utilizzano le banche clandestine. Negli ultimi cinque anni sono state aperte nel nostro paese sei indagini su narcotrafficanti dall’America Latina, Marocco e Spagna, che si sono appoggiati a reti di pagamento sotterranee cinesi.
Non solo: Anne Milgram, a capo del servizio anti droga americano, ha rivelato in un’audizione al Senato a Washington che i cartelli messicani utilizzano il sistema cinese “nel mondo per facilitare il riciclaggio del denaro” sporco. Secondo le autorità Usa le “banche” segrete sono “una delle nuove minacce più preoccupanti nella lotta al traffico di droga”. Il denaro viene trasferito attraverso una rete di fiduciari. I clienti depositano una somma ad un broker in un paese e un referente in altre parti del mondo paga l\'importo equivalente al destinatario. Una specie di hawala, il trasferimento informale di denaro utilizzato anche dai gruppi jihadisti, che in Cina chiamano “fei qian” (denaro volante). “Il sistema bancario cinese non è così efficiente - spiega Federico Varese, docente di criminologia ad Oxford - Per questo viene utilizzato l’hawala che non va demonizzato, ma è ovvio che oltre alle rimesse degli immigrati può passare di tutto”.
Lo scorso novembre sono state arrestate in Italia e Spagna oltre 40 persone coinvolte in un vasto traffico di stupefacenti compreso Rosario D’Onofrio, soprannominato “Rambo”, ex militare ed ex procuratore capo dell’Associazione italiana arbitri. Secondo il mandato d’arresto avrebbe versato 180mila euro ad un intermediario nella Chinatown milanese per pagare 35 chili di hashish dalla Spagna. Il cinese, con un semplice sms, ha gestito l’operazione addebitando a “Rambo” una commissione di 2700 euro. Poca roba rispetto alle 6 tonnellate di droga che sarebbero state movimentate dalle due bande milanesi coinvolte nel traffico fra Spagna e Italia che ricorrevano “a strumenti di trasferimento e riciclaggio del denaro tramite i \"servizi\" garantiti dalla banca segreta cinese” secondo i Gruppi d\'investigazione sulla criminalità organizzata (Gico) della Guardia di Finanza.
In un’altra indagine che ha portato al sequestro di 720 chilogrammi di droga arrivati dal Marocco e milioni di euro sono saltate fuori imprese in Toscana e a Roma, che utilizzavano il sistema simile all’hawala attraverso “corrispondenti cinesi”nel Nord Africa per pagare i trafficanti di droga.
La Banca d’Italia  ha lanciato l’allarme su attività illecite e non collegate ai cinesi, per un valore di 300 milioni di euro, che viaggiano su canali finanziari sotterranei con provvigioni dal 2 al 5 per cento. L’ultima relazione annuale sottolinea che “sono pervenute diverse segnalazioni di operazioni sospette relative a trasferimenti di fondi di ammontare rilevante disposti da società italiane verso la Cina (…) pur esternando un\'apparente legittimazione commerciale, sono finalizzati al mero trasferimento di somme tra soggetti, in questo caso italiani e cinesi, per il regolamento di affari illeciti di varia natura”.
Negli ultimi dieci anno l’istituto nazionale ha registrato un crollo delle rimesse regolari dei cinesi in Italia dai 2,67 miliardi di euro del 2012 agli appena 22 milioni nel 2021. Il sospetto è che siano aumentati i trasferimenti illegali soprattutto verso le città di Fuqing e Wenzhou, della provincia cinese di Fujian, terminali del sistema bancario clandestino.
Fausto Biloslavo
[continua]

video
18 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
L'Islam nelle carceri
Sono circa 10mila i detenuti musulmani nelle carceri italiane. Soprattutto marocchini, tunisini algerini, ma non manca qualche afghano o iracheno. Nella stragrande maggioranza delinquenti comuni che si aggrappano alla fede per sopravvivere dietro le sbarre. Ma il pericolo del radicalismo islamico è sempre in agguato. Circa 80 detenuti musulmani con reati di terrorismo sono stati concentrati in quattro carceri: Macomer, Asti, Benevento e Rossano. Queste immagini esclusive mostrano la preghiera verso la Mecca nella sezione di Alta sicurezza 2 del carcere sardo di Macomer. Dove sono isolati personaggi come il convertito francese Raphael Gendron arrestato a Bari nel 2008 e Adel Ben Mabrouk uno dei tre tunisini catturati in Afghanistan, internati a Guantanamo e mandati in Italia dalla Casa Bianca. “Ci insultano per provocare lo scontro dandoci dei fascisti, razzisti, servi degli americani. Una volta hanno esultato urlando Allah o Akbar, quando dei soldati italiani sono morti in un attentato in Afghanistan” denunciano gli agenti della polizia penitenziaria. Nel carcere penale di Padova sono un centinaio i detenuti comuni musulmani che seguono le regole islamiche guidati dall’Imam fai da te Enhaji Abderrahman Fra i detenuti comuni non mancano storie drammatiche di guerra come quella di un giovane iracheno raccontata dall’educatrice del carcere Cinzia Sattin, che ha l’incubo di saltare in aria come la sua famiglia a causa di un attacco suicida. L’amministrazione penitenziaria mette a disposizione degli spazi per la preghiera e fornisce il vitto halal, secondo le regole musulmane. La fede nell’Islam serve a sopportare la detenzione. Molti condannano il terrorismo, ma c’è anche dell’altro....

play
11 novembre 2008 | Centenario della Federazione della stampa | reportage
A Trieste una targa per Almerigo Grilz
e tutti i caduti sul fronte dell'informazione

Ci sono voluti 21 anni, epiche battaglie a colpi di articoli, proteste, un libro fotografico ed una mostra, ma alla fine anche la "casta" dei giornalisti triestini ricorda Almerigo Grilz. L'11 novembre, nella sala del Consiglio comunale del capoluogo giuliano, ha preso la parola il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, Pietro Villotta. Con un appassionato discorso ha spiegato la scelta di affiggere all'ingresso del palazzo della stampa a Trieste una grande targa in cristallo con i nomi di tutti i giornalisti italiani caduti in guerra, per mano della mafia o del terrorismo dal 1945 a oggi. In rigoroso ordine alfabetico c'era anche quello di Almerigo Grilz, che per anni è stato volutamente dimenticato dai giornalisti triestini, che ricordavano solo i colleghi del capoluogo giuliano uccisi a Mostar e a Mogadiscio. La targa è stata scoperta in occasione della celebrazione del centenario della Federazione nazionale della stampa italiana. Il sindacato unico ha aderito all'iniziativa senza dimostrare grande entusiasmo e non menzionando mai, negli interventi ufficiali, il nome di Grilz, ma va bene lo stesso. Vale la pena dire: "Meglio tardi che mai". E da adesso speriamo veramente di aver voltato pagina sul "buco nero" che ha avvolto per anni Almerigo Grilz, l'inviato ignoto.

play
24 novembre 2015 | Rai 1 Storie vere | reportage
Terrorismo in Europa
Dopo gli attacchi di Parigi cosa dobbiamo fare per estirpare la minaccia in Siria, Iraq e a casa nostra

play
[altri video]
radio

24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.

play

25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

play

03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


play

03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento
Italia
Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea. Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.

play

06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

play

[altri collegamenti radio]




fotografie







[altre foto]