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Articolo
23 agosto 2023 - Prima - Italia - Il Giornale
La nuova vita di un super soldato fra inviti e lusinghe dei partiti
La nuova vita di Roberto Vannacci è sotto tiro, nel centro della tempesta, come le tante missioni da incursore dall’Africa all’Afghanistan e ai Balcani. La telefonata del vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, lo ha «sdoganato», ma al generale sono arrivate anche altre chiamate di esponenti politici. Il suo cellulare è sempre occupato da giornalisti, gente che si complimenta e non pochi inviti per presentare il libro in giro per l’Italia. «Da Vipiteno a Lampedusa sono in tantissimi ad avermelo proposto, si tratta di associazioni, organizzazioni, di singoli privati e personaggi famosi. Non dico di aver accettato, le valuterò» spiega Vannacci.
Il generale aveva pianificato tutto da tempo. Un libro di oltre trecento pagine non si scrive in un giorno. Dopo essere stato espulso dai russi per la guerra in Ucraina, come addetto militare a Mosca, gli stava stretto l’Istituto geografico militare di Firenze. Da paracadutista abituato alle operazioni sul campo è dura abituarsi a un lavoro dietro la scrivania in una specie di parcheggio da cimitero degli elefanti con la prospettiva di una carriera al tramonto. Dopo 37 anni di servizio «si è sentito tradito» racconta chi lo conosce, ma non ha apprezzato la «bomba» agostana del suo libro. Vannacci forse puntava su maggior supporto da parte di Fratelli d’Italia, ma il vuoto l’ha riempito Salvini.
Il primo annuncio del «mondo al contrario» è apparso sul sito Congedati Folgore, che è esploso da 13mila visite al giorno a 48 mila e il 21 agosto ha toccato quota 121mila. In contemporanea sono schizzate le vendite del libro autoprodotte su Amazon stracciando Accabadora di Michela Murgia, la santa del politicamente corretto appena scomparsa. Lunedì al telefono diceva che «il numero di copie vendute in una settimana sono da best seller». In licenza in Sardegna occupandosi di familiari anziani e più giovani è travolto dall’effetto mediatico e politico di questa storia: «Non riesco neanche ad andare a fare la spesa».
La pianificazione ha funzionato, prima con interviste mirate sui quotidiani, mentre montava la polemica, poi le uscite in tv e da settembre dovrà decidere sulle presentazioni. Il bello è che di norma qualsiasi apparizione pubblica di un militare in servizio deve venire autorizzata dallo Stato maggiore.
Il generale è già oltre la linea del Piave e sta incassando appoggi da altri ufficiali in congedo, ma soprattutto fa proseliti nelle Forze armate. Il suo avvicendamento l’ha messo a disposizione del Comando delle forze operative terrestri del generale di corpo d’armata Salvatore Camporeale. L’incursore se lo mangia con un boccone, ma i nodi con lo Stato maggiore arriveranno presto al pettine. Vannacci ha pianificato anche la difesa per l’inchiesta interna e continuerà a non mollare di un millimetro arroccato sulla libertà d’espressione. La sua carriera militare è finita, ma sbatterlo fuori lo trasformerebbe in un martire. Le mosse delle sua nuova vita vanno oltre in vista di un’altra possibile battaglia all’orizzonte, quella per le elezioni europee.
[continua]

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21 settembre 2012 | La Vita in Diretta | reportage
Islam in Italia e non solo. Preconcetti, paure e pericoli


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03 febbraio 2012 | UnoMattina | reportage
Il naufragio di nave Concordia e l'allarme del tracciato satellitare


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05 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
Islam, matrimoni forzati e padri assassini
Nosheen, la ragazza pachi­stana, in coma dopo le spranga­te del fratello, non voleva spo­sarsi con un cugino in Pakistan. Il matrimonio forzato era stato imposto dal padre, che ha ucci­so a colpi di mattone la madre della giovane di 20 anni schiera­ta a fianco della figlia. Se Noshe­e­n avesse chinato la testa il mari­to, scelto nella cerchia familia­re, avrebbe ottenuto il via libera per emigrare legalmente in Ita­lia. La piaga dei matrimoni com­binati nasconde anche questo. E altro: tranelli per rimandare nella patria d’origine le adole­scenti dove le nozze sono già pronte a loro insaputa; e il busi­ness della dote con spose che vengono quantificate in oro o migliaia di euro. Non capita solo nelle comuni­tà musulmane come quelle pa­chistana, marocchina o egizia­na, ma pure per gli indiani e i rom, che sono un mondo a par­te.

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
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Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
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Professione Reporter di Guerra


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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento
Italia
Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea. Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.

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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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