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28 agosto 2023 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
Via a un nuovo decreto o superare la Bossi-Fini “Tavolo sugli sbarchi”
Un nuovo decreto sicurezza in settembre è inevitabile, ma non basterà a tamponare l’ondata di sbarchi. L’emergenza è nazionale e come tale (107.530 arrivi fino a venerdì scorso), governo ed opposizione dovrebbero affrontarla, anche a muso duro, ma trovando soluzioni concrete e più ampie possibili in Parlamento. L’idea è stata lanciata da Marco Minniti, ex ministro dell’Interno ai tempi del primo boom degli sbarchi, che propone, in un’intervista al Corriere della sera il superamento della legge Bossi-Fini: «Perché non promuovere un dibattito in Parlamento, magari aspro, per decidere assieme come cambiare» la legge base sull’immigrazione?
Minniti, testa pensante del Pd, sa bene cosa significano 1800 sbarchi al giorno, ma punta dritto sull’accoglienza diffusa per legge osteggiata soprattutto dalla Lega perché rischia di diventare illimitata e non porta all’integrazione. Nel grande dibattito parlamentare si potrebbe mettere sul piatto pure la legge Zampa sui minori stranieri non accompagnati, un peso obbligato sulle amministrazioni locali, che sta diventando insostenibile.
Al momento accogliamo 20mila minori non accompagnati, ma in molti casi si presentano come tali, per essere sicuri di restare in Italia, pure ultra maggiorenni.
Il nuovo decreto affronterà sicuramente il problema per sgravare, almeno in parte, il peso e la responsabilità dell’accoglienza dagli enti locali.
Se mai si arrivasse ad un ampio e costruttivo dibattito sull’immigrazione, governo ed opposizione, dovrebbero chiarire una volta per tutte i parternariati con i Paesi da dove salpano i migranti per sbarcare da noi. I numeri sono chiari: la Guardia costiera tunisina e quella libica, tanto vituperata dalla sinistra, hanno fermato quest’anno oltre 70mila migranti illegali. In quest’ottica sarebbe cruciale un accordo politico e operativo con la Tunisia, che permetta un pattugliamento congiunto al limite delle loro acque territoriali, davanti a Sfax, con la nostra Marina. Né muro, né blocco navale, ma una «barriera» capace di intercettare più barchini possibili che i tunisini riporterebbero indietro.
Il governo sta lavorando in questa direzione. Berlusconi con il ministro dell’Interno Roberto Maroni lo aveva già fatto ai tempi delle primavere arabe e i governi di sinistra con l’Albania negli anni novanta.
Il decreto sicurezza prevederà sicuramente espulsioni più rapide soprattutto per i soggetti maggiormente pericolosi, ma non sarà facile perché bisogna ampliare gli accordi con i paesi di partenza e servirebbe almeno un Cpr (Centri di permanenza per i rimpatri) per regione.
Adesso sono la metà. Sul fronte terrestre sia Trieste che Gorizia rischiano di trasformarsi in Lampedusa del Nord Est a causa degli arrivi in aumento dalla rotta balcanica. Il sindaco forzista del capoluogo isontino, Rodolfo Ziberna, auspica l’intervento di un «esercito europeo» al confine esterno croato con «grandi centri per filtrare e controllare gli arrivi e bloccare queste "bombe umane”».
Al momento riusciamo a riammettere pochi migranti illegali in Slovenia, solo a singhiozzo, per colpa della guerriglia giudiziaria delle Ong e della ritrosia del nuovo governo di Lubiana. Minniti ha sottolineato nell’intervista al Corriere l’assoluta necessità per l’Italia di «promuovere un vertice straordinario dei capi di Stato e di governo europei. Al centro il tema dei rapporti con l’Africa».
Il leader della Lega e vicepremier, Matteo Salvini, reputa «necessario un nuovo decreto sicurezza già a settembre» e sostiene che la Ue «dopo tante chiacchiere deve muoversi, deve svegliarsi, perchè i confini dell'Italia sono i confini dell’Europa».
La proposta di Minniti, per sua stessa ammissione, è simile al piano Mattei, cavallo di battaglia del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che verrà svelato nei dettagli all’inizio di novembre. Un altro punto di convergenza se non vogliamo venire travolti dagli sbarchi.
[continua]

video
10 giugno 2008 | TG3 regionale | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /1
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non dimentica i vecchi amici scomparsi. Il 10 giugno ha visitato a Bolzano la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” dedicata ad Almerigo Grilz. La mostra è stata organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti. Gli ho illustrato le immagini forti raccolte in 25 anni di reportage assieme ad Almerigo e Gian Micalessin. La Russa ha ricordato quando "sono andato a prendere Fausto e Almerigo al ritorno da uno dei primi reportage con la mia vecchia 500 in stazione a Milano. Poco dopo li hanno ricoverati tutti e due per qualche malattia". Era il 1983, il primo reportage in Afghanistan e avevamo beccato l'epatite mangiando la misera sbobba dei mujaheddin, che combattevano contro le truppe sovietiche.

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23 aprile 2012 | Premio Lago | reportage
Il premio Giorgio Lago: Arte, impresa, giornalismo, volontariato del Nord Est
Motivazione della Giuria: Giornalista di razza. Sempre sulla notizia, esposto in prima persona nei vari teatri di guerra del mondo. Penna sottile, attenta, con un grande amore per la verità raccontata a narrare le diverse vicende dell’uomo.

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04 luglio 2012 | Telefriuli | reportage
Conosciamoci
Giornalismo di guerra e altro.

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radio

25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio

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