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Reportage
16 novembre 2025 - Attualità - Iraq - Il Giornale
Nell’Iraq che riparte
Fausto Biloslavo e Michele Pisano
BASHIQA (Nord dell’Iraq) - Lo stemma che spicca sulle mimetiche dei combattenti curdi non lascia dubbi: un teschio con le ossa incrociate. Basco amaranto e kalashnikov a tracolla sono i Peshmerga, che significa “pronti alla morte” per il Kurdistan, la regione autonoma nel Nord dell’Iraq che assomiglia ad uno Stato. 
La trincea scavata per fermare gli assalti del Califfato durante la guerra del 2014-2017 si snoda ancora come un lungo budello per oltre mille chilometri. Adesso la possibile minaccia sono Hashd al-Shaabi, le milizie sciite. La Frontline Academy del Giornale ha portato gli aspiranti reporter di guerra ed i lettori avventurosi del viaggio in Iraq a Bashiqa, un settore del vallo curdo rafforzato da fortini color ocra con torrette e filo spinato. L’obiettivo è far vivere sul campo un reportage e raccontare in presa diretta l’evoluzione dell’Iraq fra luci e ombre. I Peshmerga al comando del generale Ahmed Nabi, sono a totale disposizione dei giovani dell’Academy e dei lettori, che girano video e scattano foto dei combattenti in trincea. Oltre a provare stand up descrivendo brevemente la scena davanti all’obiettivo per realizzare il mini documentario che trovate sul sito del Giornale.
Il movimento di truppe attira l’attenzione di un blindato che spunta ad un chilometro da noi delle Forze di mobilitazione popolare, integrate nella Difesa irachena, ma pilottate dall’Iran.  “Le milizie sciite sono come l’Isis” spiega un veterano. I Peshmerga si addestrano al fuoco in un poligono ricavato fra le rocce e spiegano che  “Daesh (il nome arabo dello Stato islamico nda) ha ancora cellule dormienti annidate nei villaggi o nelle grotte delle zone montagnose”. 
A Mosul, che era stata proclamata “capitale” del Califfato, la città vecchia è rimasta un cumulo di macerie provocate dalla furiosa battaglia dell’esercito iracheno per liberarla dalle bandiere nere. Bossoli, il contenitore di una bomba a mano, medicinali, giacche militari sono abbandonate nella polvere. Un murales fra le macerie rende l’idea: una bambina con un vestitino azzurro tiene per mano il suo orsacchiotto camminando in mezzo alle bombe.
A Qaraqosh, cuore cristiano, nella piana di Ninive rimane come ricordo e monito il campanile abbattuto durante la guerra con l’Isis della chiesa ricostruita dei santi Behnam e Sarah. Padre Wisham, che ha vissuto l’esodo di 150mila cristiani nell’agosto del 2014, costretti alla fuga davanti all’avanzata fulminea della bandiere nere verso Mosul ammette con un velo di rassegnazione: “Prima vivevano 60mila cristiani a Qaraqosh. Dopo la guerra sono tornati la metà”. 
Alla sera, una volta rientrati in albergo, è il momento del corso: Si proiettano i video reportage realizzati durante la battaglia di Mosul oppure sui combattimenti dei Peshmerga lungo la linea trincerata. Non mancano momenti di relax come il dopocena a fumare il narghilè. Il viaggio della Frontline Academy prevede anche l’incontro con personaggi che ci fanno capire la realtà sul campo del calibro di Niyaz Saleh Barzani, braccio destro del presidente del Kurdistan per le relazioni esterne. 
Non solo i cristiani hanno sofferto l’occupazione sanguinaria dell’Isis. La minoranza yazida è stata sterminata e 6mila ragazzine sono state ridotte a schiave sessuali dei tagliagole jihadisti. Solo la metà è sopravvissuta. Un’altra “prova” dell’Academy è la visita al campo profughi alle porte di Dohuk. Diecimila yazidi vivono ancora sotto le tende. “Vogliamo tornare a Sinjar, la città da dove siamo fuggiti oltre dieci anni fa davanti all’Isis” si lamentano le donne, che mostrano sui telefonini le foto dei parenti scomparsi ancora oggi. I curdi hanno combattuto duramente per liberare Sinjar, ma la “capitale” yazida è nel territorio federale e i profughi sono diventati tema di scontro fra il Kurdistan e Baghdad.
Per immergersi nelle tradizioni locali il modo migliore è una cena in casa seduti per terra con le gambe incrociate davanti ad una sfilza di prelibatezze da mangiare con le mani. Il capofamiglia si ricorda bene i tempi della dittatura di Saddam Hussein abbattuta dall’invasione americana, che ha scoperchiato il vaso di Pandora del terrorismo e dell’influenza degli ayatollah iraniani. Gli basta una frase secca per fare capire tutto: “Saddam era il diavolo, ma ancora oggi ce ne sono di peggiori”. 
[continua]

video
18 novembre 2015 | Virus Raid due | reportage
Speciale terrorismo
LE IMMAGINI DELLA BATTAGLIA DI SINJAR NEL NORD DELL'IRAQ VICINO AL CONFINE SIRIANO, CHE HA SPACCATO IN DUE IL CALIFFATO. COLLEGAMENTO SULL'INTERVENTO DI TERRA: "SPAZZARE VIA IL CALIFFATO NON E' IMPOSSIBILE, MA NON ABBIAMO GLI ATTRIBUTI E LA VOLONTA' POLITICA DI UNIRE LE FORZE"

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22 novembre 2014 | | reportage
Premio Cutuli
Da Erbil collegamento per ricordare Maria Grazia uccisa dai talebani il 19 novembre 2011 a Surobi sulla strada per Kabul

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28 settembre 2015 | Terra! | reportage
Il fronte del parto
In onda su Rete 4 la puntata "Avanti c'è posto" del settimanale tv di Toni Capuozzo sull'immigrazione e le sue cause. Uno dei servizi è il mio reportage di dieci minuti sul fronte nel nord dell'Iraq fra battaglie contro le bandiere nere, tendopoli dove i profughi vogliono partire per l'Europa, paracadutisti della Folgore che addestrano i curdi ed i monuments men italiani, che proteggono il patrimonio archeologico dell'umanità.

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radio

14 giugno 2014 | Radio24 | intervento
Iraq
L'avanzata del Califfato
Il califfato con Baghdad capitale, Corano e moschetto, mani amputate ai ladri, nemici crocefissi, tasse islamiche, donne chiuse in casa ed Occidente nel mirino con l’obiettivo di governare il mondo in nome di Allah. Questo è lo “Stato islamico dell’Iraq e della Siria” (Isis), che sta conquistando città dopo città rischiando di far esplodere il Medio Oriente.

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26 agosto 2010 | Radio Anch'io - Radio Uno | intervento
Iraq
Missione compiuta?
Il ritiro del grosso dei soldati americani lascia un paese ancora instabile, ma la missione è in parte compiuta.

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06 ottobre 2015 | Zapping Rai Radio 1 | intervento
Iraq
Raid italiani in Iraq?
Raid italiani le ipotesi:Paolo Magri dir.Ispi,Fausto Biloslavo corrispondente Il Giornale.

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31 ottobre 2010 | Nuova Spazio Radio | intervento
Iraq
Wikileaks dice quello che si sa già. Per tutti è un grande scoop
I rapporti Usa che smonterebbero la versione italiana di un episodio della battaglia dei ponti ad An Nassiryah e la morte accidentale di un paracadutista in Iraq sono la classica tempesta in un bicchier d’acqua. Le rivelazioni di Wikileaks sugli italiani della missione Antica Babilonia derivano dagli stessi rapporti scritti dal nostro contingente, che lungo la catena di comando arrivavano fino al quartier generale americano a Baghdad. E altro ancora.

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