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15 dicembre 2008 - Prima - Iraq - il Giornale
L'addio di Bush ai soldati in Irak: "La guerra non è ancora finita"
Fausto Biloslavo
Visita d’addio in Irak per il presidente americano George W. Bush. A sorpresa l’inquilino della Casa Bianca è giunto ieri a Bagdad per incontrare i vertici iracheni e le sue truppe. "Il lavoro non è stato facile, ma era necessario per la sicurezza statunitense, la speranza irachena e la pace del mondo" ha esordito Bush accolto a Bagdad dal presidente Jalal Talabani.
Da segnalare un curioso incidente fuori programma. Un giornalista iracheno ha tirato le scarpe contro Bush, che è riuscito a schivarle. La sicurezza lo ha subito bloccato. Il presidente americano ci ha scherzato su dicendo “che erano di taglia 10”. Poi è tornato a rispondere alle domande della conferenza stampa congiunta con il premier iracheno Nouri al Maliki.
Sarà un caso ma 24 ore prima cadeva il quinto anniversario della cattura del dittatore iracheno, Saddam Hussein, in un nascondiglio sotterraneo a Tikrit. Bush ha voluto recarsi a Bagdad a fine mandato, per ribadire la paternità degli ultimi successi. A cominciare dal patto bilaterale di sicurezza firmato ieri da Bush ed il premier al Maliki. L’accordo fra l’Irak e gli Stati Uniti prevede il ritiro delle truppe americane dalle città, compresa Bagdad, entro fine giugno del prossimo anno. Nel 2011, invece, i soldati americani torneranno a casa. Bush ha definito l’intesa "un promemoria per la nostra amicizia e un mezzo per aiutare gli iracheni a realizzare la benedizione di una società libera".
Anche se la sicurezza è ancora fragile le ultime settimane hanno segnalato il livello più basso di violenza dall’invasione del 2003. Un attacco sucida a Kirkuk, due giorni fa ha provocato 47 morti, ma gli iracheni sono pronti a gestire da soli la sicurezza.
Il presidente Talabani ha definito l’ospite “un grande amico del popolo iracheno, che ci ha aiutati a liberare la nostra nazione". Il costo per gli Stati Uniti è stato alto: 4209 caduti e 576 miliardi di dollari spesi dal 2003. Decine di migliaia di iracheni sono morti nel conflitto.
Bush era partito in gran segreto da Washington. Dalla Casa Bianca hanno fatto sapere che il presidente si è detto “estremamente grato per aver avuto la possibilità di tornare in Iraq prima che termini il mandato". La quarta volta, ma Bush ha voluto tornare anche per salutare i soldati americani, che tanto sangue hanno versato. Molti sono stati gli errori compiuti. Proprio ieri il New York Times pubblicava un rapporto sul fallimento della ricostruzione in Irak. A metà 2008 erano stati spesi nel disgraziato paese 117 miliardi di dollari per risollevarlo. Almeno 50 venivano direttamente dalla tasche dei contribuenti americani. Ostilità del Pentagono, pastoie burocratiche, l’impennata della violenza e la totale ignoranza sugli elementi base della società irachena e sulle sue infrastrutture hanno fatto fallire il piano Marshall a favore di Bagdad. Il rapporto si intitola “Una dura lezione:l’esperienza della ricostruzione in Irak”. Lo ha preparato l’Ufficio dell’Ispettore speciale per la ricostruzione, l’avvocato repubblicano Stuart W. Bowen jr. "Nel momento in cui è entrato in carica il nuovo governo iracheno nel giugno 2004 nessun servizio pubblico - a parte i telefoni cellulari unica eccezione - era tornato ai livelli pre guerra. Tra il 2007 e il 2008 inoltre la produzione elettrica del paese superava solo del 10% quella del regime di Saddam Hussein e la produzione petrolifera era comunque comunque inferiore rispetto a prima del conflitto” denuncia il rapporto. Uno dei buchi senza fondo è stata la rinascita delle forze di sicurezza irachene. L’ex segretario di Stato Colin Powell, ha accusato il Pentagono di "inventare i numeri delle forze di sicurezza irachene: un numero che saltava in una settimana di 20mila unità! Ora ne avevamo 80mila, poi 100mila ed ancora 120mila".
www.faustobiloslavo.com


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