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18 novembre 2010 - Esteri - Iraq - Il Giornale
Iraq, il presidente ferma il boia "Tareq Aziz non sarà impiccato"
Il presidente iracheno, Ja­lal Talabani, non firmerà la condanna a morte per Tarek Aziz, il 'volto umano' del san­guinario regime di Saddam. Il gerarca cristiano, maestro della sopravvivenza, dalle purghe del defunto dittatore iracheno, a sette processi a suo cairco, forse la scampa anche questa volta. Ad evitar­gli la forca ci ha pensato il sag­gio Talabani, un curdo che vuole voltare pagina in Irak, compreso il capitolo delle esecuzioni capitali. Ieri, du­rante un'intervista alla televi­sione France 24, ha messo le mani avanti sulla sentenza di morte per l'ex braccio destro di Saddam. «Non firmerò quest'ordine perchè sono un socialista - ha spiegato Tala­bani - . Sto dalla parte di Ta­rek Aziz perché è un cristiano - ha aggiunto il capo dello Sta­to- , inoltre si tratta di una per­sona anziana, di oltre 70 an­ni ».
L'ex vice primo ministro ira­cheno, 74 anni, era stato con­dannato all'impiccagione il 26 ottobre per la feroce re­pressione degli esponenti dei partiti religiosi sciiti. Parti­colare accanimento fu riser­vato al Dawa, il movimento dell'attuale premier Nouri al Maliki. Aziz è passato inden­ne lun­go sei processi accumu­lando 22 anni di galera per va­rie nefandezze, ma sembra­va essersi salvato il collo. La condanna a morte, che suo­na come una vendetta degli sciiti contro uno dei gerarchi più in vista del regime sunni­ta di Saddam, ha provocato una valanga di proteste inter­nazionali. Dalla Russia al Va­ticano passando per l'Unio­ne Europea e il nostro mini­stro degli Esteri, Franco Frat­tini, in molti si sono appellati alla clemenza.
Sigaro cubano, baffetto gri­gio e occhialoni anni Settan­ta, sembra che tutti abbiano dimenticato Aziz in divisa ver­de oliva e basco nero. O quan­do cercava di spiegare che il Kuwait, invaso da Saddam nel 1991, è la diciannovesima provincia dell'Irak. Nato vici­no a Mosul, in una famiglia caldea, il suo vero nome è Mikhail Yuhanna, dai santi Michele e Giovanni. Ben pre­sto lo ha cambiato per inse­guire il panarabismo di Sad­dam e non ha mai mosso un dito a favore dei cristiani.
Talabani ha raccolto l'appel­lo internazionale sostenen­do che «è giunto il momento di voltare la pagina delle ese­cuzioni ad eccezione dei cri­mini contro la cattedrale di Nostra Signora del Perpetuo soccorso, i pellegrini sciiti e i loro luoghi santi». Pochi gior­ni
fa un commando suicida di Al Qaida ha ucciso 50 cri­stiani che pregavano nella cattedrale di Bagdad. Per il presidente, l'Irak ha bisogno di «una politica della clemen­za, di perdono e riconciliazio­ne nazionale».
Il capo dello Stato, secondo l'articolo 73 della Costituzio­ne, deve ratificare le condan­ne a morte. Si era opposto an­che a quella per Saddam e in altri casi, ma al suo posto han­n­o firmato i due vicepresiden­ti, uno sciita e l'altro sunnita. Dopo la recente riconferma di Talabani, per il suo secon­do mandato, i due forcaioli non sono più in auge.
Aziz, che si era consegnato agli invasori americani nel 2003, ha qualche vita in più dei gatti. Negli anni Ottanta è scampato a un attentato e poi alle purghe di Saddam. Die­tro le sbarre i carcerieri Usa l'hanno salvato da un infarto. Ora difficilmente salirà sul pa­tibolo, ma anziano e malato è già stato condannato dalla Storia.

www.faustobiloslavo.eu
[continua]

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