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Articolo
20 marzo 2012 - Esteri - India - Il Giornale |
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I caschi blu indiani? Li processano in patria |
I nostri marò resteranno sicuramente in carcere per altri 15 giorni senza la possibilità di ottenere gli arresti domiciliari all'indiana come sperava la diplomazia. Lo ha deciso in soli 15 minuti il magistrato della corte del Kerala che sta giudicando i fucilieri di marina accusati di aver sparato a due pescatori durante una missione anti pirateria. Peccato che New Delhi usi tutto un altro metodo con decine dei suoi caschi blu che si sono macchiati di porcherie, dai reati sessuali, al traffico d'oro fino al favoreggiamento dei signori della guerra locali nella missione Onu in Congo. Prima li porta a casa e poi indaga con la corte militare. Più o meno è lo stesso trattamento che chiede l'Italia con Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Ovvero il trasferimento in Italia per venire giudicati da un nostro tribunale. Sul difetto di giurisdizione l'Alta corte del Kerala ha rinviato l'udienza a domani, dopo due ore di dibattimento. Gli avvocati indiani dei marò puntano a dimostrare che non si può applicare la giustizia di New Delhi per un incidente avvenuto al di fuori delle acque territoriali. Se i giudici non accogliessero la richiesta italiana, come è probabile, bisognerà fare ricorso alla Corte suprema a Delhi perdendo altri sei mesi. Latorre prima di tornare in carcere nella capitale dello stato del Kerala si è ricordato che ieri era il 19 marzo e ha fatto gli «auguri a tutti i papà», come lui. Poi i marò hanno chiesto la televisione attraverso il loro avvocato difensore. L'India usa due pesi e due misure costringendo in galera i fucilieri italiani, arrestati in missione antipirateria, ma facendo sempre rimpatriare i loro caschi blu coinvolti in vere e proprie nefandezze durante le operazioni Onu. Nel 2008 un'inchiesta interna dell'esercito indiano confermava che una decina di militari impegnati con le Nazioni Unite in Congo, erano coinvolti in diversi reati. Si andava dal traffico d'oro alla detenzione illegale di civili congolesi, fino agli abusi sessuali. I rapporti dell'Onu hanno accusato i caschi blu indiani anche di sfruttamento della prostituzione minorile. Non solo: Chand Saroha, un colonnello indiano, ha addirittura appoggiato pubblicamente un signore della guerra locale, Laurent Nkunda, accusato di crimini di guerra definendolo «un fratello». Il personale indiano sotto accusa viene riportato a casa, nonostante le proteste dei congolesi. Solo due sottufficiali e un tenente sono stati condannati in patria, ma la maggior parte subisce solo provvedimenti disciplinari. Lo scorso anno è saltato fuori che ben 51 militari (12 ufficiali e 39 soldati) sono sospettati di porcherie in Congo. In gran parte fanno parte del 6˚ battaglione di fanteria leggera Sikh. In Congo hanno raccolto prove del Dna su bambini con fisionomia indiana nati nelle aree dove si trovavano i caschi blu di New Delhi. Le accuse variano dallo stupro allo sfruttamento della prostituzione fino al semplice fraternizzare con le congolesi che è proibito. In questo momento ci sono 4554 soldati indiani nella missione dell'Onu in Congo di oltre ventimila uomini. I caschi blu di New Delhi sono sempre stati l'ossatura dell'operazione, ma non sono riusciti ad evitare terribili massacri e la reputazione degli indiani è crollata sotto il peso delle accuse di vari abusi. A questo punto risulta ancora più assurda l'ostinazione indiana di tenersi i marò, intercettati in acque internazionali, mentre i loro caschi blu la fanno franca. www.faustobiloslavo.eu |
[continua] |
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20 marzo 2013 | TG5 | reportage
"I nostri marò" l'e book di Giornale.it
La storia di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone i fucilieri di Marina trattenuti in India per un anno con l'accusa di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati. "I NOSTRI MARO'" è un e book di Fausto Biloslavo e Riccardo Pelliccetti, che ripercorre la vicenda attraverso documenti esclusivi, testimonianze, foto e video inediti. Un anno di sgarbi diplomatici, interpretazioni arbitrarie del diritto e umiliazioni, ma anche un anno di retroscena e di battaglie per riportarli a casa. Latorre e Girone restano in Italia, ma la storia non è finita. Ora è sotto tiro il nostro ambasciatore in India, Daniele Mancini, per il mancato rientro a Delhi dei marò.
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08 gennaio 2014 | Vita in diretta | reportage
Il caso marò nella palude giudiziaria indiana
Gli indiani vogliono i marò alla sbarra, forse per torchiarli, anche se l’antiterrorismo non ha ancora presentato il voluminoso rapporto d’accusa contro Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Il processo «speciale» ai fucilieri di Marina è partito ieri con un rinvio al 30 gennaio. Il pubblico ministero aggiunto, Siddharth Luthra, a nome della polizia antiterrorismo (Nia), voleva obbligare i marò a presentarsi in aula. Non solo: gli investigatori pretendono che vengano intrapresi «i passi appropriati per garantire la custodia» di Latorre e Girone, secondo il giornale The Hindu .
Il pm ha poi precisato: «Non sto dicendo che devono essere fisicamente presi in custodia», ma passare sotto la completa tutela della corte speciale del giudice Darmesh Sharma e venire alla sbarra. Fonti italiane a Delhi gettano acqua sul fuoco, ma gli indiani fanno sapere al Giornale che la Nia «vuole interrogare ancora i fucilieri di Marina». E non escludono ulteriori sviluppi. I marò non si sono presentati all’udienza di ieri e attraverso i loro legali hanno chiesto di venir esentati anche in futuro.
L’unico dato certo è che l’antiterrorismo non ha ancora consegnato il rapporto d’accusa. Staffan De Mistura, inviato speciale del governo, volato a Delhi, haprecisato che l’ulteriore rinvio «non è stato subito ma voluto dai nostri legali per l'esistenza di troppe zone grigie ed ambiguità da parte indiana».De Mistura ribadisce: «Non possiamo accettare di procedere senza un capo di accusa chiaro e la certezza che non venga evocata la legge sulla repressione della pirateria» che prevede la pena di morte. L’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi ribadisce che il processo a Delhi «è illegittimo. Affidare la sorte dei nostri ragazzi all’India è profondamente sbagliato sia giuridicamente che politicamente». Secondo fonti indiane la Nia presenterà «l’atto d’accusa entro la fine del mese» e sarà pesante. I fucilieri di Marina, in servizio anti pirateria, sono accusati di aver ucciso due pescatori il 15 febbraio del 2012 al di fuori delle acque territoriali indiane.
L’aspetto paradossale è l’esempio che ci sta dando Delhi verso la superpotenza americana «colpevole» dell’arresto per qualche ora della console indiana a New York. Dopo immediate proteste e rappresaglie il governo indiano ha intimato ieri la chiusura di tutti gli esercizi commerciali e la palestra gestita da locali nel compound dell’ambasciata degli Stati Uniti. Non solo: le macchine con targa diplomatica americana potranno venir multate se violano le norme del traffico.
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10 febbraio 2014 | La vita in diretta | reportage
Marò candidati alle europee?
Se destra e sinistra candidassero un fuciliere di Marina a testa per le elezioni di Strasburgo sarebbe un segnale di unità e dignità nazionale.
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17 dicembre 2012 | Zappingduepuntozero | intervento |
India
La saga dei marò
Un'analisi fuori dai denti di dieci mesi di linea morbida che non sono serviti a molto.
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