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26 giugno 2012 - Prima - Afghanistan - Il Giornale
Ucciso un carabiniere, lite Roma-Kabul
Un carabiniere morto e altri due feriti in Afghanistan, in un cam­po di addestramento della polizia locale, per un attacco dei talebani. «Non c’è alcun dubbio: è stato un razzo sparato da una distanza di cir­ca 4 km a colpire la torretta della ba­se di Adraskan causando la morte del carabiniere scelto Manuele Braj».Lo ribadisce il tenente colon­nello Alessandro Lingeri coman­dante del centro di addestramen­to. Non solo: il campo di Adraskan è finito più volte sotto il tiro degli in­sorti.
Gli afghani,però,hanno incredi­bil­mentesostenutolaversionedel­l’incidente
provocato dall’esplo­sione di una granata o altro ordi­gno a causa di un errore dei carabi­nieri. Ma in serata è arrivata anche una rivendicazione da parte di un portavoce degli insorti: «È stata un’operazione condotta dai nostri mujaheddin».
La vera certezza è che Braj, cara­binieredi30anni, del13˚ reggimen­to Friuli-Venezia Giulia, tornerà a casa mercoledì in una bara avvolta daltricolore. Lescheggehannocol­pito alle gambe anche il marescial­lo capo Dario Cristinelli, 37 anni, di Lovere (Bergamo) e il carabiniere scelto Emiliano Asta, 29, di Alcamo (Trapani). I feriti sono stati elitra­sportati all’ospedale da campo americano di Shindand e non ver­sano in pericolo di vita. «L’impor­tante è che stia bene. Sono orgoglio­sodilui » hadettoLucianoCristinel­li, il padre di uno dei sopravvissuti. Ad Adraskan, nell’Afghanistan occidentale, unacinquantinadica­rabinieri addestra le reclute della polizia afghana. Non solo i normali agenti, ma gli Ancop, le unità milita­rizzate che vengono schierate sui fronti più caldi. Reparti simili ai no­stri carabinieri addestrati sia per l’ordine pubblico,che per combat­tere i talebani. Ieri verso le 8.50 (le 6.20 in Italia) un razzo ha centrato la garitta di osservazione sulla li­nea di tiro del poligono. «C’è il foro d’entrata del razzo che ha colpito i sacchi di sabbia appoggiati alla pa­rete
e poi purtroppo il petto del ra­gazzo che si trovava proprio lì, insie­me ad altri tre suoi compagni per un briefing» ha dichiarato Lingeri da Adraskan.
Gli artificieri e lo speciale team dell’intelligenceinvestigativahan­no trovato alcuni frammenti di un razzo da 107 millimetri. Questi ordi­gni vengono lanciati anche da 3-4 chilometri di distanza, talvolta con dei timer che danno il tempo agli at­tentatori di dileguarsi. Il 19 giugno un razzo aveva sorvolato la base
senza centrare l’obiettivo. Lo stes­so­giorno un altro colpo di 107 è sta­to lanciato contro un convoglio che transitava in zona. Il 22 è toccato al­la base italiana di Shindand, ma non si sono registrati danni. In pas­sato il campo di addestramento di Adraskan ha subito diversi attacchi con mortai e razzi.
«Manuele è stato colpito in mo­do vigliacco » ha sottolineato il mini­stro della Difesa, Giampaolo Di Pa­ola, in una nota sulla morte del cara­biniere. «Stava addestrando le trup­pe
afghane contro il terrorismo. Questo era il suo lavoro, la sua mis­sione: permettereaquelPaesedidi­fendersi da solo. E il terrorismo lo ha ucciso, proprio per impedire ­ha concluso Di Paola - la nascita di un Afghanistan libero e democrati­co ».
Gli afghani, però, fin dalle prime ore del mattino hanno fornito ver­sioni diverse. Un’agenzia di stam­pa islamica sosteneva addirittura che un poliziotto afghano avesse «sparato sul team di addestratori
italiani causando un morto e due fe­riti ». Italebaniinfiltranodellequin­te colonne, che a un certo punto am­mazzano gli alleati. Fino a maggio la Nato ha già contato 22 vittime per mano degli «amici» afghani ri­spetto ai 35 di tutto lo scorso anno. Ad Adraskan i carabinieri stanno addestrando 791 allievi. Dal 2008 hanno già formato 10317 poliziotti afghani.
Con il passare delle ore la versio­ne più insidiosa del fuoco «amico» halasciatospazioaquelladell’erro­re
da parte dei carabinieri. Il co­mandante afghano del campo, co­lonnello Fazl Ahmad Khalili, ha di­chiarato che l’esplosione «è stata causata dall’erronea manipolazio­ne di un ordigno da parte dei milita­ri italiani». Anche il responsabile del distretto, Subhan Rostayee, smentiva l’attentato parlando di una bomba a mano esplosa per sba­glio.
«Smentiamo decisamente que­sta versione » sottolinea il colonnel­lo Lingeri. Lo stesso Khalili verrà
sentito nell’ambito dell’inchiesta. Il comandante dell’Arma ipotizza che l’equivoco può essere nato dal fatto che non si è sentito il sibilo del razzo, ma i ri«lievi tecnici non la­sciano dubbi: il colpo è partito dal­la zona sud. La base è molto estesa e non è possibile proteggerla in ogni punto da questo genere di minac­ce ».
Oggi alle 12.30 il governo riferirà alla Camera sulla morte del 51imo militare italiano in Afghanistan.

www.faustobiloslavo.eu
[continua]

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20 maggio 2010 | Rai 1 Mattina | reportage
L'ultimo addio ai caduti
I funerali di stato, a Roma per il sergente Massimiliano Ramadù ed il caporal maggiore Luigi Pascazio. La mattina del 17 maggio sono saltati in aria su una trappola esplosiva lungo la “strada maledetta”. Una pista in mezzo alle montagne di sabbia che porta da Herat, il capoluogo dell’Afghanistan occidentale, a Bala Murghab, dove i soldati italiani tengono con le unghie e con i denti una base avanzata. I caduti fanno parte del 32° reggimento genio guastatori della brigata Taurinense.
Il racconto di come vivono e combattono i nostri soldati in Afgahnistan.

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16 dicembre 2012 | Terra! | reportage
Afghanistan Goodbye
Dopo oltre dieci anni di guerra in Afghanistan i soldati italiani cominciano a tornare a casa. Questa è la storia del ripiegamento di 500 alpini dall’inferno di Bakwa, una fetta di deserto e montagne, dimenticata da Dio e dagli uomini, dove le penne nere hanno sputato sangue e sudore. I famigerati ordigni improvvisati chiamati in gergo Ied sono l’arma più temibile dei talebani che li sotterrano lungo le piste. Questo è il filmato ripreso da un velivolo senza pilota di un blindato italiano che salta in aria. A bordo del mezzo con quattro alpini del 32imo genio guastatori di Torino c'ero anch'io. Grazie a 14 tonnellate di corazza siamo rimasti tutti illesi. Il lavoro più duro è quello degli sminatori che devono aprire la strada alle colonne in ripiegamento. Il sergente Dario Milano, veterano dell’Afghanistan, è il cacciatore di mine che sta davanti a tutti. Individua le trappole esplosive da un mucchietto di terra smossa o da un semi invisibile filo elettrico del detonatore che spunta dalla sabbia. Nel distretto di Bakwa, 32 mila anime, questo giovane afghano rischia di perdere la gamba per la cancrena. Il padre ha paura di portarlo alla base italiana dove verrebbe curato, per timore della vendetta talebana. La popolazione è succube degli insorti e dei signori della droga. Malek Ajatullah è uno dei capi villaggio nel distretto di Bakwa. La missione del capitano Francesco Lamura, orgoglioso di essere pugliese e alpino è dialogare con gli afghani seduto per terra davanti ad una tazza di chai, il tè senza zucchero di queste parti. Malek Ajatullah giura di non saper nulla dei talebani, ma teme che al ritiro delle truppe italiane il governo di Kabul non sia in grado di controllare Bakwa. Tiziano Chierotti 24 anni, caporal maggiore del 2° plotone Bronx era alla sua prima volta in Afghanistan. Una missione di sola andata. La polizia afghana cerca tracce dei talebani nel villaggio di Siav, ma gli insorti sono come fantasmi. Il problema vero è che nessuno vuole restare a Bakwa, dove in tutto il distretto ci sono solo 100 soldati dell’esercito di Kabul. Il maggiore Gul Ahmad ha arrestato tre sospetti che osservavano i movimenti della colonna italiana, ma neppure con il controllo dell’iride e le impronte digitali è facile individuare i talebani. Il caporal maggiore Erik Franza, 23 anni, di Cuneo è alla sua seconda missione in Afghanistan. Suo padre ogni volta che parte espone il tricolore sul balcone e lo ammaina solo quando gli alpini del 2° reggimento sono tornati a casa. Per Bakwa è passato anche il reggimento San Marco. I fucilieri di marina, che garantiscono il servizio scorte ad Herat, hanno le idee chiare sulla storiaccia dei due marò trattenuti in India. Anche se ordini da Roma li impongono di non dire tutto quello che pensano. Per Natale i 500 alpini di base Lavaredo saranno a casa. Per loro è l’addio all’Afghanistan dove rimangono ancora 3000 soldati italiani.

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13 marzo 2011 | Terra! | reportage
Cicatrici
Cicatrici

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04 gennaio 2012 | Radio24 | intervento
Afghanistan
Parlano le armi sussurrano le diplomazie


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