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Articolo
08 luglio 2012 - Esteri - Libia - Il Giornale |
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| Libia al voto, scontri e una vittima fra i ribelli |
Dopo mezzo secolo i libici vanno a votare con le lacrime agli occhi dalla gioia a Tripoli, fra le raffiche di kalashnikov in Cirenaica, dove i secessionisti hanno buttato per aria diversi seggi. Ieri alle 8 si sono aperte le urne per scegliere i 200 membri, su 3700 candidati, che formeranno la prima assemblea libica con il compito di nominare un primo ministro ed il governo. Fra quattro mesi si tornerà alle urne per scegliere i rappresentanti che dovranno scrivere la nuova Costituzione. Ed il prossimo anno si terrà l’elezione per un Parlamento vero e proprio. «Sono un cittadino libero della nuova Libia e vado a votare democraticamente. Per me è come il giorno del matrimonio » ha detto Mahmud Mohammed Al-Bizamti nella capitale. Non sono mancati gli «Allah o akbar» (Dio è grande) all’uscita dei seggi in segno di vittoria. Oppure i caroselli di macchine per celebrare la giornata, compresi i pick up dei miliziani con le contraeree sul retro. Molte donne con i bambini pazientano in coda assieme a giovani ed anziani. «Abbiamo atteso 50 anni, possiamo attendere ancora qualche ora per la democrazia» dicono in molti. Tutti sperano che le urne risolvano i problemi di sicurezza ed economici, come una bacchetta magica. Nuri Baryun, un veterano che ha votato nel 1965 per le elezioni senza partiti di re Idris, mentre infila la scheda nell’urna ammette: «Non avrei mai pensato di poterlo fare di nuovo». In Cirenaica, la regione più ricca di petrolio, si respira un’atmosfera diversa rispetto alla mal sopportata Tripolitania. Nelle prime ore del voto i miliziani tentati dalla secessione sono riusciti a bloccare i seggi in diversi centri a cominciare da Ajdabiya, dove ci sono stati scontri e almeno una vittima. A Bengasi, la «capitale » della Cirenaica, origine della rivolta contro Gheddafi, uomini armati hanno preso d’assalto alcuni seggi bruciando in piazza le schede elettorali. In sette sono stati arrestati, ma si segnalano anche tafferugli e cordoni umani attorno alle urne di gente che vuole andare a votare. La sicurezza è stata rafforzata ed in alcune zone «calde» i seggi sono stati aperti con ore di ritardo. «Possiamo confermare che il voto è in corso nel 94% dei seggi. Circa 100 sono rimasti chiusi per atti di vandalismo» ha dichiarato a metà giornata il presidente della commissione elettorale libica, Nuri al-Abbar. Gli ha fatto eco Ian Martin, l’inviato dell’Onu in Libia: «Ci sono dei problemi, ma in proporzione talmente ridotta da non minare la credibilità delle elezioni ». Non esistono sondaggi o proiezioni. I seggi dovevano chiudere alle 20 di ieri, ma in alcuni casi sono stati mantenuti aperti fuori orario. Su una popolazione di 6 milioni di abitanti gli elettori registrati sono poco meno della metà. I primi risultati parziali arriveranno, forse, lunedì sera. Tutti danno per favoriti i Fratelli musulmani sull’onda della vittoria in Egitto ed in Tunisia. Il partito Giustizia e ricostruzione di Mohammed Sawan, un ex prigioniero politico, punta alla poltrona di primo ministro. Però le antenne internazionali sul terreno segnalano che non è escluso un primo posto, a sorpresa, dei «liberali» di Jibril, che è stato premier dei ribelli durante la rivolta. Ex economista di Gheddafi con studi negli Stati Uniti ha saputo mettere in piedi un’Alleanza nazionale di varie forze non religiose. Per il cartello di Jibril voteranno molti ex seguaci di Gheddafi, che temono l’avvento degli islamici duri e puri. Un altro favorito, grazie ai soldi del Qatar, è il partito Al Watan (patria) fondato da Abdel Hakim Belhadj. Un combattente filo al Qaida pentito, che ha guidato la rivolta diventando il comandante militare di Tripoli. Al voto si presentano pure i salafiti del predicatore Abdul Bassit Ghweila, che nei loro poster elettorali propongono le donne con il volto completamente coperto dal velo. Quasi certamente nessun partito conquisterà la maggioranza assoluta. Per il nuovo governo libico all’ipotesi dell’alleanza islamica si contrappone quella fra i «liberali » di Jibril ed i Fratelli musulmani, chehanno già avuto contatti riservati. www.faustobiloslavo.eu |
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26 febbraio 2011 | TGCom | reportage
Io a Tripoli
Io a Tripoli
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09 aprile 2011 | TG5 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme
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31 marzo 2011 | Mattino Cinque | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme
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08 marzo 2011 | Panorama | intervento |
Libia
Diario dalla Libia
Diario dalla Libia
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26 aprile 2011 | Radio 101 | intervento |
Libia
Con Luxuria bomba e non bomba
Il governo italiano, dopo una telefonata fra il presidente americano Barack Obama ed il premier Silvio Berlusconi, annuncia che cominciamo a colpire nuovi obiettivi di Gheddafi. I giornali titolano: "Bombardiamo la Libia". E prima cosa facevamo? Scherzavamo con 160 missioni aeree dal 17 marzo?
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29 aprile 2011 | Spazio Radio | intervento |
Libia
Piegare Gheddafi e preparare l'intervento terrestre
Gli americani spingono con insistenza per un maggiore coinvolgimento dell’Italia nel conflitto in Libia, non solo per passare il cerino politico agli europei. L’obiettivo finale è piegare il colonnello Gheddafi e far sbarcare una forza di interposizione in Libia, con ampia partecipazione italiana. Un modello stile ex Yugoslavia, dove il contingente occidentale è arrivato dopo l’offensiva aerea.
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18 marzo 2011 | Radio Capodistria | intervento |
Libia
IL vaso di pandora
IL vaso di pandora
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12 maggio 2011 | Nuova spazio radio | intervento |
Libia
Che fine ha fatto Gheddafi?
Il colonnello Gheddafi è morto, ferito oppure in perfetta forma, nonostante le bombe, e salterà fuori con la sua ennesima e prolissa apparizione televisiva? Il dubbio è d’obbligo, dopo i pesanti bombardamenti di Tripoli. Ieri è ricomparaso brevemente in un video girato durante un incontro, all'insaputa dei giornalisti, nell'hotel di Tripoli che ospita la stampa internazionale.
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