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19 febbraio 2013 - Interni - India - Il Giornale
I due marò in Italia ma solo per votare Oggi l’India decide
I marò tornano in Italia, per votare, se i giudici indiani concederanno la soli­ta «licenza». Oggi alle 14 nel tribunale numero 1 della Corte suprema di New Delhi, responsabile del destino di Salva­tore Girone e Massimiliano Latorre, si discute la nuova istanza italiana.
I fucilieri di Marina hanno chiesto «un permesso di 4 settimane per torna­re in Italia a votare e per salutare le pro­prie famiglie» spiega Diljeet Titus, l’av­vocato che coordina la difesa dei marò.
Quella di oggi sarà la prima udienza che potrebbe già chiarire se il permes­so,
 simile a quello ottenuto lo scorso Na­tale, verrà concesso oppure no. Altri­menti ci vorranno un paio di giorni. L’avvocato Titus è fiducioso: «Non ve­do perché non gli debba essere conces­so ».
La special leave petition è stata prepa­rata in gran segreto ed inserita nel­l’agenda processuale per oggi. Il tribu­nale numero 1 risponde al presidente della Corte suprema, Altamas Kabir, che fin dall’inizio ha gestito lo spinoso caso dei marò. L’istanza verrà discussa nella sessione pomeridiana che inizia alle 14, ovvero le 9.30 in Italia. La richie­sta italiana verrà illustrata da Arish Sal­ve,
 l’avvocato che lo scorso anno ha so­st­enuto la battaglia legale presso la Cor­te Suprema a favore dei marò.
Latorre e Girone hanno già usufruito di una «licenza» di due settimane per Natale. Allo scadere del permesso sono rientrati in India a testa alta. Poi la Corte suprema ha deciso che lo stato del Kera­la non aveva alcun diritto di processar­li, ma non ha dato ragione all’Italia sul­la giurisdizione. Per questo Latorre e Gi­rone sono stati trasferiti a Delhi in atte­sa della costituzione di un tribunale speciale che si occupi del loro destino. Il tribunale dovrebbe venir formato su richiesta del ministero degli Esteri in­diano a quello della Giustizia.
 Per il mo­mento questo meccanismo non è anco­ra stato avviato.
A Delhi Latorre e Girone sono allog­giati in un edificio dell’ambasciata ita­liana, dove avrebbero potuto votare co­me il resto del personale e qualsiasi mili­tare in servizio all'estero.
La tattica dei permessi sembra far par­te di un accordo non scritto fra Italia e In­dia per disinnescare il problema. Il ca­so marò, però, non si può risolvere a col­pi di licenze, ma riconoscendo che la giurisdizione è italiana.
Se Latorre e Girone torneranno in pa­tria a votare non saranno più i «fanta­smi » della campagna elettorale. Ieri l’ex sottosegretario alla difesa, Guido Crosetto, di Fratelli d’Italia, annuncia­va: «Per i marò stiamo organizzando qualcosa venerdì a Milano in chiusura della campagna».
Curioso che dalla Difesa e dalla Far­nesina si era imposto in queste settima­ne un profilo ancora più basso sul caso «per non farlo diventare oggetto di pole­miche
 sotto elezioni». Speriamo che al governo Monti non venga in mente di gonfiare il petto se l’Indiaci concedesse l’ennesimo«con­tentino » in salsa elettorale. Come è sta­to per la licenza di Natale ed il trasfer­i­mento a Delhi sono solo vittorie di Pirro fino a quando i marò non torneranno per sempre a casa. 
www.faustobiloslavo.eu
[continua]

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08 gennaio 2014 | Vita in diretta | reportage
Il caso marò nella palude giudiziaria indiana
Gli indiani vogliono i marò al­la sbarra, forse per torchiarli, an­che se l’antiterrorismo non ha ancora presentato il volumino­so rapporto d’accusa contro Massimiliano Latorre e Salvato­re Girone. Il processo «speciale» ai fucilieri di Marina è partito ieri con un rinvio al 30 gennaio. Il pubblico ministero aggiunto, Siddharth Luthra, a nome della polizia antiterrorismo (Nia), vo­leva obbligare i marò a presen­tarsi in aula. Non solo: gli investi­gatori pretendono che vengano intrapresi «i passi appropriati per garantire la custodia» di La­torre e Girone, secondo il giorna­le The Hindu . Il pm ha poi precisato: «Non sto dicendo che devono essere fi­sicamente presi in custodia», ma passare sotto la completa tu­tela della cort­e speciale del giudi­ce Darmesh Sharma e venire al­la sbarra. Fonti italiane a Delhi gettano acqua sul fuoco, ma gli indiani fanno sapere al Giornale che la Nia «vuole interrogare an­cora i fucilieri di Marina». E non escludono ulteriori sviluppi. I marò non si sono presentati al­l’udienza di ieri e attraverso i lo­ro legali hanno chiesto di venir esentati anche in futuro. L’unico dato certo è che l’anti­te­rrorismo non ha ancora conse­gnato il rapporto d’accusa. Staf­fan De Mistura, inviato speciale del governo, volato a Delhi, haprecisato che l’ulteriore rinvio «non è stato subito ma voluto dai nostri legali per l'esistenza di troppe zone grigie ed ambiguità da parte indiana».De Mistura ri­badisce: «Non possiamo accetta­re di procedere senza un capo di accusa chiaro e la certezza che non venga evocata la legge sulla repressione della pirateria» che prevede la pena di morte. L’ex ministro degli Esteri Giulio Ter­zi ribadisce che il processo a Delhi «è illegittimo. Affidare la sorte dei nostri ragazzi all’India è profondamente sba­gliato sia giuridicamen­te che politicamente». Secondo fonti india­ne la Nia presenterà «l’at­to d’accusa entro la fine del mese» e sarà pesan­te. I fucilieri di Marina, in servizio anti pirateria, sono accusati di aver uc­ciso due pescatori il 15 febbraio del 2012 al di fuori delle acque territoriali indiane. L’aspetto paradossale è l’esempio che ci sta dando Delhi verso la superpotenza america­na «colpevole» dell’arresto per qualche ora della console india­na a New York. Dopo immediate proteste e rappresaglie il gover­no indiano ha intimato ieri la chiusura di tutti gli esercizi com­merciali e la palestra gestita da locali nel compound dell’amba­sciata degli Stati Uniti. Non solo: le macchine con targa diplomati­ca americana potranno venir multate se violano le norme del traffico.

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19 febbraio 2014 | Rai 1 mattina | reportage
Ennesimo rinvio per i marò. L'Italia richiama l'ambasciatore, ma non basta


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10 luglio 2014 | TG5 | reportage
Le parcelle d'oro degli avvocati dei marò
Cinque milioni di dollari, dalle tasche del contribuente italiano, sono stati sborsati per la difesa dei marò. In stragrande maggioranza serviti a pagare le costose parcelle degli avvocati indiani che rappresentano i marò ed in minima parte come anticipo del baronetto inglese ingaggiato per intraprendere la via dell’arbitrato internazionale. Soldi ben spesi se Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non fossero ancora trattenuti in India da due anni e mezzo senza processo. Un esborso assurdo tenendo conto dei risultati raggiunti fino ad ora, poco superiori allo zero.

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radio

26 marzo 2013 | Radio24 | intervento
India
I Marò rispediti in India


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26 marzo 2013 | Radio Città | intervento
India
Caso marò: Terzi si dimette. Il ministro della Difesa no


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12 marzo 2013 | Radio 24 - Melog | intervento
India
I due Marò
La storia di Massimilianno Latorre e Salvatore Girone i fucilieri di Marina trattenuti in India per un anno con l'accusa di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati. Sul Giornale.it è raccontata nell'e book "I NOSTRI MARO'", che ripercorre la vicenda attraverso documenti esclusivi, testimonianze, foto e video inediti. Un anno di sgarbi diplomatici, interpretazioni arbitrarie del diritto e umiliazioni, ma anche un anno di retroscena e di battaglie per riportarli a casa. Latorre e Girone restano in Italia, ma la storia non è finita. Ora è sotto tiro il nostro ambasciatore in india, Daniele Mancini, come rappresaglia per il mancato rientro a Delhi dei marò.

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