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24 marzo 2013 - Esteri - India - Il Giornale
I marò rischiano la pena di morte
Nella Caporetto indiana vacilla anche la fo­glia di fico dell'accordo con l'India che evita la pe­na di morte ai marò. Ieri il ministro della Giusti­zia di New Delhi, Ashwani Kumar, ha sbugiarda­to l'Italia sostenendo in un'intervista televisiva che il governo non può fornire alcuna assicura­zione del genere. Non solo: tutte le altre richieste chiave italiane sulla giurisdizione, il comitato di saggi per dirimere il caso e l'arbitrato internazio­nale, sono state respinte dagli indiani.
«Questa vicenda (...) sta sempre più assumen­do i toni di una farsa» ha dichiarato ieri il Capo di stato maggiore della Difesa, l'ammiraglio Luigi Binelli Mantelli. Una figuraccia di rare dimensio­ni, che oramai viene difesa solo dal sottosegreta­rio agli Esteri Staffan De Mistura, che ha scortato i due marò in India. Si arrampica sugli specchi, ma almeno ci mette la faccia. A differenza degli altri due pezzi grossi della Trimurti che ha riman­dato i fucilieri di Marina a Delhi: il presidente dl Consiglio, Mario Monti, e il capo dello Stato, Giorgio Napolitano.
Ieri il ministro della Giustizia Kumar ha esclu­so che il governo indiano possa aver fornito un' assicurazione all'Italia che ai due marò non sarà inflitta la pena di morte. «Come può il potere ese­cu­tivo fornire garanzie sulla sentenza di un tribu­nale?
 » si è chiesto in tv. De Mistura è insorto: «C'è un documento scritto del ministro degli Esteri in­diano, che rassicura che non ci sarà la pena di morte» per Salvatore Girone e Massimiliano La­torre. Una difesa patetica della foglia di fico che doveva nascondere la disfatta. I marò non verran­no mai condannati a morte e infatti più tardi il mi­nistro degli Esteri indiano Salman Khurshid tor­na a precisare ciò che aveva detto in Parlamento venerdì: il caso «non è di quelli che implica in In­dia l’applicazione della pena di morte» e di ciò «sono state date assicurazioni al governo italia­no ». Ma ora sembra quasi che se evitiamo il pati­bolo ci accontentiamo dell'ergastolo.
La tragicomica diatriba sulla pena di morte è una cortina fumogena che cerca di nascondere ben altri problemi. Ieri Kurshid ha ribadito che non «non ci sono stati accordi (con l'Italia
 ndr ) da nessuna parte, né a Ginevra, né a Colombo, né a Roma». Anzi gli indiani hanno respinto tutte le nostre richieste. Kurshid lo ha spiegato chiara­mente ai parlamentari e al governo italiano: «La Corte suprema ha affermato che la giurisdizione del caso è indiana (...). La richiesta italiana per in­contri a livello di esperti e diplomatici sulla que­stione della giurisdizione o l'arbitrato o qualsiasi altro meccanismo non può essere accettata». Dalla trascrizione del discorso del ministro in parlamento si scopre pure come abbiamo calato le braghe. «Siamo stati informati per via diploma­tica, che il Governo italiano sarebbe disponibile a rimandare i due marò in India». In pratica ab­biamo alzato bandiera bianca quando Delhi ha fatto «bau» trattenendo il nostro ambasciatore.
L'unico spiraglio è che i marò potranno appel­la­rsi alla Convenzione dell'Onu sul diritto del ma­re (Unclos) chiedendo il processo in Italia al tri­bunale speciale che si sta istituendo. Due giorni fa è iniziata la procedura per la scelta dei giudici. Il governatore del Kerala, dove è cominciata l'odissea, vuole che la Corte speciale giudichi La­torre e Girone nel suo Stato. Da qualunque ango­lazione si guardi ha ragione l'ammiraglio Binelli, che a nome di «tutto il personale delle Forze Ar­mate (...) auspica che questa vicenda, che sta sempre più assumendo i toni di una farsa, si con­cluda quanto prima» con la consegna dei marò «alla giurisdizione italiana». Un «pronunciamen­to » vero e proprio sulla Caporetto indiana, che nel silenzio governativo fa onore ai militari.
 
www.faustobiloslavo.eu
 

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18 marzo 2013 | TG5 | reportage
Caso marò: documento esclusivo pubblicato dal Giornale
Il 15 marzo con la nota verbale 100/685, l’ambasciata italiana ricordava al “ministero degli Esteri indiano gli obblighi alla protezione dei diplomatici derivanti dalla Convenzione di Vienna”. Nella nota si chiede al governo di Delhi di “riassicurare che nessuna autorità indiana possa applicare misure restrittive alla libertà di Sua Eccellenza l’ambasciatore”. Alla fine si invita pure a garantire la “personale sicurezza” di Mancini e tutti i nostri diplomatici in India.

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20 marzo 2013 | TG5 | reportage
"I nostri marò" l'e book di Giornale.it
La storia di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone i fucilieri di Marina trattenuti in India per un anno con l'accusa di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati. "I NOSTRI MARO'" è un e book di Fausto Biloslavo e Riccardo Pelliccetti, che ripercorre la vicenda attraverso documenti esclusivi, testimonianze, foto e video inediti. Un anno di sgarbi diplomatici, interpretazioni arbitrarie del diritto e umiliazioni, ma anche un anno di retroscena e di battaglie per riportarli a casa. Latorre e Girone restano in Italia, ma la storia non è finita. Ora è sotto tiro il nostro ambasciatore in India, Daniele Mancini, per il mancato rientro a Delhi dei marò.

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08 gennaio 2014 | Vita in diretta | reportage
Il caso marò nella palude giudiziaria indiana
Gli indiani vogliono i marò al­la sbarra, forse per torchiarli, an­che se l’antiterrorismo non ha ancora presentato il volumino­so rapporto d’accusa contro Massimiliano Latorre e Salvato­re Girone. Il processo «speciale» ai fucilieri di Marina è partito ieri con un rinvio al 30 gennaio. Il pubblico ministero aggiunto, Siddharth Luthra, a nome della polizia antiterrorismo (Nia), vo­leva obbligare i marò a presen­tarsi in aula. Non solo: gli investi­gatori pretendono che vengano intrapresi «i passi appropriati per garantire la custodia» di La­torre e Girone, secondo il giorna­le The Hindu . Il pm ha poi precisato: «Non sto dicendo che devono essere fi­sicamente presi in custodia», ma passare sotto la completa tu­tela della cort­e speciale del giudi­ce Darmesh Sharma e venire al­la sbarra. Fonti italiane a Delhi gettano acqua sul fuoco, ma gli indiani fanno sapere al Giornale che la Nia «vuole interrogare an­cora i fucilieri di Marina». E non escludono ulteriori sviluppi. I marò non si sono presentati al­l’udienza di ieri e attraverso i lo­ro legali hanno chiesto di venir esentati anche in futuro. L’unico dato certo è che l’anti­te­rrorismo non ha ancora conse­gnato il rapporto d’accusa. Staf­fan De Mistura, inviato speciale del governo, volato a Delhi, haprecisato che l’ulteriore rinvio «non è stato subito ma voluto dai nostri legali per l'esistenza di troppe zone grigie ed ambiguità da parte indiana».De Mistura ri­badisce: «Non possiamo accetta­re di procedere senza un capo di accusa chiaro e la certezza che non venga evocata la legge sulla repressione della pirateria» che prevede la pena di morte. L’ex ministro degli Esteri Giulio Ter­zi ribadisce che il processo a Delhi «è illegittimo. Affidare la sorte dei nostri ragazzi all’India è profondamente sba­gliato sia giuridicamen­te che politicamente». Secondo fonti india­ne la Nia presenterà «l’at­to d’accusa entro la fine del mese» e sarà pesan­te. I fucilieri di Marina, in servizio anti pirateria, sono accusati di aver uc­ciso due pescatori il 15 febbraio del 2012 al di fuori delle acque territoriali indiane. L’aspetto paradossale è l’esempio che ci sta dando Delhi verso la superpotenza america­na «colpevole» dell’arresto per qualche ora della console india­na a New York. Dopo immediate proteste e rappresaglie il gover­no indiano ha intimato ieri la chiusura di tutti gli esercizi com­merciali e la palestra gestita da locali nel compound dell’amba­sciata degli Stati Uniti. Non solo: le macchine con targa diplomati­ca americana potranno venir multate se violano le norme del traffico.

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26 marzo 2013 | Radio Città | intervento
India
Caso marò: Terzi si dimette. Il ministro della Difesa no


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12 marzo 2013 | Radio 24 - Melog | intervento
India
I due Marò
La storia di Massimilianno Latorre e Salvatore Girone i fucilieri di Marina trattenuti in India per un anno con l'accusa di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati. Sul Giornale.it è raccontata nell'e book "I NOSTRI MARO'", che ripercorre la vicenda attraverso documenti esclusivi, testimonianze, foto e video inediti. Un anno di sgarbi diplomatici, interpretazioni arbitrarie del diritto e umiliazioni, ma anche un anno di retroscena e di battaglie per riportarli a casa. Latorre e Girone restano in Italia, ma la storia non è finita. Ora è sotto tiro il nostro ambasciatore in india, Daniele Mancini, come rappresaglia per il mancato rientro a Delhi dei marò.

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26 marzo 2013 | Radio24 | intervento
India
I Marò rispediti in India


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