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27 marzo 2013 - Il Fatto - India - Il Giornale
I fucilieri seguono tutto in tv E i parenti: “Fateli tornare”
«Riportate a casa mio mari­to » urla dalla tribuna degli ospi­ti della Camera Vania Girone, la moglie di Salvatore, uno dei due marò rimandati in India dal governo Monti. Lo stesso fa Franca Latorre chiedendo a gran voce il ritorno di suo fratel­lo Massimiliano e stringendo fra le mani la bandiera del Reg­gimento San Marco con il leo­ne alato. Il primo gesto forte e pubblico.
Con loro, per assistere in di­retta alle dimissioni del mini­stro degli Esteri, Giulio Terzi, c'è pure Michele Girone, il pa­dre di Salvatore. «Ho sentito mio figlio al telefono. Anche i due ragazzi a Delhi hanno se­guito il dibattito in Parlamen­to. Ci ha fatto piacere che il loro messaggio sull'unità per ripor­tarli
a casa sia stato ripreso da molti deputati» racconta al Giornale il genitore. E sul mora­le di Salvatore aggiunge: «È pre­occupato e lo sarà fino a quan­do non si capirà cosa accadrà».
Dopo le dimissioni il nipote di Latorre, Christian D'Adda­rio, ha mandato un tweet a Ter­zi: «Lei è una grande persona ol­tre a rivestire bene il suo ruolo è anche un UOMO (in maiusco­lo). Onore a lei». In un Paese do­ve
 non si dimette mai nessuno il colpo di reni del ministro de­gli Esteri fa la sua figura.
I familiari dei marò che han­no assistito alla seduta di fuoco non commentano. «Il clima po­litico e le beghe interne non ci devono riguardare. Confidia­mo solo nella stabilità e nell' unione che fa la forza per ripor­tare a casa i nostri ragazzi » spie­ga al telefono la sorella di Lator­re. Dopo il voltafaccia che pri­ma ha illuso e poi rispedito i ma­rò
 in India «auspichiamo che il caso sia gestito in maniera più oculata - sottolinea Franca La­torre - Bisogna dare un segnale forte all'India per riportare Massimiliano e Salvatore a ca­sa in tempi brevi».
La sorella del marò ricorda che in Italia hanno lasciato i lo­ro figli e per la prima volta entra nel merito delle accuse: «Agli italiani dico che sono innocen­ti. Vediamo le prove. Penso che fino ad oggi si è soprasseduto su troppe cose».
A New Delhi i due marò han­no seguito dall'ambasciata la convulsa seduta del Parlamen­to. Il loro messaggio sul serrare
 i ranghi ha fatto breccia in Par­lamento. Quasi tutti i capigrup­po che hanno preso la parola si sono uniti all'invito di Latorre e Girone: «Come dicono i fucilie­ri, tutti insieme nessuno indie­tro. Siamo italiani dimostria­molo ».
I due marò nonostante la vi­gliaccheria del governo Monti non sono soli. Ieri mattina dal­la rete e su Facebook è partita la campagna per inviare fax e messaggi di posta elettronica all'ambasciata indiana e al go­verno di Delhi. Una petizione con quasi 5mila firme è stata spedita alla Ue a Bruxelles. Uno dei testi da indirizzare al primo ministro indiano Man­mohan Singh ha il seguente te­nore: «Il popolo italiano non può tollerare che ai loro compa­trioti Massimiliano Latorre e Salvatore Girone siano negati i diritti che le leggi internaziona­li prevedono (...) Così, a partire dal giorno di Pasqua gli Italiani non compreranno nulla che sia prodotto in India né che sia venduto in negozi indiani; non mangeranno in ristoranti in­diani e non assumeranno ma­no
d'opera indiana».

video
10 luglio 2014 | TG5 | reportage
Le parcelle d'oro degli avvocati dei marò
Cinque milioni di dollari, dalle tasche del contribuente italiano, sono stati sborsati per la difesa dei marò. In stragrande maggioranza serviti a pagare le costose parcelle degli avvocati indiani che rappresentano i marò ed in minima parte come anticipo del baronetto inglese ingaggiato per intraprendere la via dell’arbitrato internazionale. Soldi ben spesi se Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non fossero ancora trattenuti in India da due anni e mezzo senza processo. Un esborso assurdo tenendo conto dei risultati raggiunti fino ad ora, poco superiori allo zero.

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18 marzo 2013 | TG5 | reportage
Caso marò: documento esclusivo pubblicato dal Giornale
Il 15 marzo con la nota verbale 100/685, l’ambasciata italiana ricordava al “ministero degli Esteri indiano gli obblighi alla protezione dei diplomatici derivanti dalla Convenzione di Vienna”. Nella nota si chiede al governo di Delhi di “riassicurare che nessuna autorità indiana possa applicare misure restrittive alla libertà di Sua Eccellenza l’ambasciatore”. Alla fine si invita pure a garantire la “personale sicurezza” di Mancini e tutti i nostri diplomatici in India.

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08 gennaio 2014 | Vita in diretta | reportage
Il caso marò nella palude giudiziaria indiana
Gli indiani vogliono i marò al­la sbarra, forse per torchiarli, an­che se l’antiterrorismo non ha ancora presentato il volumino­so rapporto d’accusa contro Massimiliano Latorre e Salvato­re Girone. Il processo «speciale» ai fucilieri di Marina è partito ieri con un rinvio al 30 gennaio. Il pubblico ministero aggiunto, Siddharth Luthra, a nome della polizia antiterrorismo (Nia), vo­leva obbligare i marò a presen­tarsi in aula. Non solo: gli investi­gatori pretendono che vengano intrapresi «i passi appropriati per garantire la custodia» di La­torre e Girone, secondo il giorna­le The Hindu . Il pm ha poi precisato: «Non sto dicendo che devono essere fi­sicamente presi in custodia», ma passare sotto la completa tu­tela della cort­e speciale del giudi­ce Darmesh Sharma e venire al­la sbarra. Fonti italiane a Delhi gettano acqua sul fuoco, ma gli indiani fanno sapere al Giornale che la Nia «vuole interrogare an­cora i fucilieri di Marina». E non escludono ulteriori sviluppi. I marò non si sono presentati al­l’udienza di ieri e attraverso i lo­ro legali hanno chiesto di venir esentati anche in futuro. L’unico dato certo è che l’anti­te­rrorismo non ha ancora conse­gnato il rapporto d’accusa. Staf­fan De Mistura, inviato speciale del governo, volato a Delhi, haprecisato che l’ulteriore rinvio «non è stato subito ma voluto dai nostri legali per l'esistenza di troppe zone grigie ed ambiguità da parte indiana».De Mistura ri­badisce: «Non possiamo accetta­re di procedere senza un capo di accusa chiaro e la certezza che non venga evocata la legge sulla repressione della pirateria» che prevede la pena di morte. L’ex ministro degli Esteri Giulio Ter­zi ribadisce che il processo a Delhi «è illegittimo. Affidare la sorte dei nostri ragazzi all’India è profondamente sba­gliato sia giuridicamen­te che politicamente». Secondo fonti india­ne la Nia presenterà «l’at­to d’accusa entro la fine del mese» e sarà pesan­te. I fucilieri di Marina, in servizio anti pirateria, sono accusati di aver uc­ciso due pescatori il 15 febbraio del 2012 al di fuori delle acque territoriali indiane. L’aspetto paradossale è l’esempio che ci sta dando Delhi verso la superpotenza america­na «colpevole» dell’arresto per qualche ora della console india­na a New York. Dopo immediate proteste e rappresaglie il gover­no indiano ha intimato ieri la chiusura di tutti gli esercizi com­merciali e la palestra gestita da locali nel compound dell’amba­sciata degli Stati Uniti. Non solo: le macchine con targa diplomati­ca americana potranno venir multate se violano le norme del traffico.

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radio

26 marzo 2013 | Radio Città | intervento
India
Caso marò: Terzi si dimette. Il ministro della Difesa no


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26 marzo 2013 | Radio24 | intervento
India
I Marò rispediti in India


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12 marzo 2013 | Radio 24 - Melog | intervento
India
I due Marò
La storia di Massimilianno Latorre e Salvatore Girone i fucilieri di Marina trattenuti in India per un anno con l'accusa di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati. Sul Giornale.it è raccontata nell'e book "I NOSTRI MARO'", che ripercorre la vicenda attraverso documenti esclusivi, testimonianze, foto e video inediti. Un anno di sgarbi diplomatici, interpretazioni arbitrarie del diritto e umiliazioni, ma anche un anno di retroscena e di battaglie per riportarli a casa. Latorre e Girone restano in Italia, ma la storia non è finita. Ora è sotto tiro il nostro ambasciatore in india, Daniele Mancini, come rappresaglia per il mancato rientro a Delhi dei marò.

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