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Articolo
06 aprile 2013 - Esteri - India - Il Giornale |
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Marò trattati come Bin Laden E torna l’incubo pena di morte |
Dopo indiscrezioni e smentite alla fine salta fuori la conferma che i nostri due marò sono sotto indagine dell'antiterrorismo indiano, come se fossero i nipotini di Osama Bin Laden. Non solo: l'Agenzia nazionale di investigazione (Nia), una specie di Fbi locale, indaga sui marò per gli stessi capi d'accusa della vecchia inchiesta nel Kerala, ovvero l'omicidio, ma pure l'associazione a delinquere. E non si esclude l'applicazione di norme che prevedono la pena di morte. In pratica siamo tornati indietro di un anno con le stesse imputazioni e l'inchiesta a Delhi, che dovrà ripartire da capo. Oramai non è più solo una Caporetto, ma una Waterloo senza fine. Nel disperato tentativo di fermare il disastro su una linea del Piave, il presidente del Consiglio Mario Monti ha chiamato al telefono il ministro degli Esteri indiano, Salman Khurshid. Poco prima lo aveva visto di persona il viceministro Staffan De Mistura, che parlava di «incontro utile e costruttivo» per trovare una «soluzione onorevole e rapida ». Peccato che non ci sia nulla del genere all'orizzonte. Negli ultimi tempi esperto di arrampicate sugli specchi, De Mistura continua a sostenere che «bisogna attenersi alle dichiarazioni ufficiali e non alle speculazioni della stampa». Ieri, però, è stata confermata la rivelazione dei giornali che il ministero dell'Interno ha incaricato l'antiterrorismo del caso di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. «La questione è in mano all'ispettore generale P. V. Rama Sastry, che ora è a Hyderabad» hanno fatto sapere dall'Agenzia. Sastry sta indagando su due attentati nell' India meridionale. La Nia è nata subito dopo la strage di Mumbai del 2008, l'11 settembre indiano, e si occupa di terrorismo o reati collegati. Per i marò che indossano la divisa italiana e svolgevano servizio antipirateria è l'ennesima umiliazione. Secondo la stampa indiana gli agenti federali avrebbero ripreso in toto le accuse del Kerala, dove i fucilieri sono stati trattenuti per 11 mesi. E potrebbero richiamare anche la legge sulla sicurezza marittima del 2002 che prevede la pena di morte. Se accadesse, i giornali indiani hanno scritto che sarà «molto difficile la concessione della libertà dietro cauzione per gli imputati». In pratica i marò dovrebbero attendere il verdetto in carcere. Secondo il ministro della Giustizia indiano, Ashwani Kumar, il caso verrà esaminato da una corte distrettuale della capitale. A questo punto sembra tramontare il Tribunale speciale. Così sarà sempre più difficile appellarsi di nuovo alla giurisdizione o all'immunità funzionale per far processare i marò in Italia. In patria il Cocer interforze si sta mobilitando. La rappresentanza sindacale dei militari «al fine di dare impulso alle istituzioni e al loro senso di unitarietà per il comune scopo di portare definitivamente in Patria i due fucilieri, ha chiesto un urgente incontro con il presidente Monti, unitamente al vice ministro degli Esteri De Mistura, per conoscere l'attuale condizione morale, personale, giuridica ed amministrativa e per chiedere quali soluzioni diplomatiche si intendono intraprendere per riportare i colleghi fucilieri di marina in Italia». Palazzo Chigi e De Mistura sembravano disponibili, ma il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola è andato su tutte le furie. Il Cocer ha anche invitato tutti i militari «a esporre sui terrazzied alle finestre delle loro abitazioni, la bandiera italiana ornata con il nastro giallo» in segno di solidarietà ai marò trattenuti in India. E l'intenzione è di allargare l'iniziativa a tutta la popolazione. In un sondaggio Swg il 59% degli intervistati ritiene che i due fucilieri «dovevano essere tutelati di più e tenuti in Italia ». Anche da DifeItalia a Teheran, l'ufficio dell'addetto militare presso la nostra ambasciata, arriva la solidarietà ai marò. Una mail con il fiocco giallo ribadisce: «Siamo PRESENTI e vicini a Massimiliano e Salvatore». www.faustobiloslavo.eu |
[continua] |
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08 gennaio 2014 | Vita in diretta | reportage
Il caso marò nella palude giudiziaria indiana
Gli indiani vogliono i marò alla sbarra, forse per torchiarli, anche se l’antiterrorismo non ha ancora presentato il voluminoso rapporto d’accusa contro Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Il processo «speciale» ai fucilieri di Marina è partito ieri con un rinvio al 30 gennaio. Il pubblico ministero aggiunto, Siddharth Luthra, a nome della polizia antiterrorismo (Nia), voleva obbligare i marò a presentarsi in aula. Non solo: gli investigatori pretendono che vengano intrapresi «i passi appropriati per garantire la custodia» di Latorre e Girone, secondo il giornale The Hindu .
Il pm ha poi precisato: «Non sto dicendo che devono essere fisicamente presi in custodia», ma passare sotto la completa tutela della corte speciale del giudice Darmesh Sharma e venire alla sbarra. Fonti italiane a Delhi gettano acqua sul fuoco, ma gli indiani fanno sapere al Giornale che la Nia «vuole interrogare ancora i fucilieri di Marina». E non escludono ulteriori sviluppi. I marò non si sono presentati all’udienza di ieri e attraverso i loro legali hanno chiesto di venir esentati anche in futuro.
L’unico dato certo è che l’antiterrorismo non ha ancora consegnato il rapporto d’accusa. Staffan De Mistura, inviato speciale del governo, volato a Delhi, haprecisato che l’ulteriore rinvio «non è stato subito ma voluto dai nostri legali per l'esistenza di troppe zone grigie ed ambiguità da parte indiana».De Mistura ribadisce: «Non possiamo accettare di procedere senza un capo di accusa chiaro e la certezza che non venga evocata la legge sulla repressione della pirateria» che prevede la pena di morte. L’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi ribadisce che il processo a Delhi «è illegittimo. Affidare la sorte dei nostri ragazzi all’India è profondamente sbagliato sia giuridicamente che politicamente». Secondo fonti indiane la Nia presenterà «l’atto d’accusa entro la fine del mese» e sarà pesante. I fucilieri di Marina, in servizio anti pirateria, sono accusati di aver ucciso due pescatori il 15 febbraio del 2012 al di fuori delle acque territoriali indiane.
L’aspetto paradossale è l’esempio che ci sta dando Delhi verso la superpotenza americana «colpevole» dell’arresto per qualche ora della console indiana a New York. Dopo immediate proteste e rappresaglie il governo indiano ha intimato ieri la chiusura di tutti gli esercizi commerciali e la palestra gestita da locali nel compound dell’ambasciata degli Stati Uniti. Non solo: le macchine con targa diplomatica americana potranno venir multate se violano le norme del traffico.
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03 luglio 2013 | Uno Mattina | reportage
E se i marò fossero innocenti?
E se i marò non avessero mai sparato sul peschereccio St. Anthony, dove la morte di due pescatori indiani ha fatto esplodere una crisi senza precedenti fra Italia e India? Se fossero totalmente innocenti? Lo sostiene Toni Capuozzo in una nuova ricostruzione degli eventi sul fatidico 15 febbraio 2012.
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08 marzo 2012 | Uno Mattina | reportage
Il caso dei marò "ostaggi" degli indiani
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26 marzo 2013 | Radio Città | intervento |
India
Caso marò: Terzi si dimette. Il ministro della Difesa no
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12 marzo 2013 | Radio 24 - Melog | intervento |
India
I due Marò
La storia di Massimilianno Latorre e Salvatore Girone i fucilieri di Marina trattenuti in India per un anno con l'accusa di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati. Sul Giornale.it è raccontata nell'e book "I NOSTRI MARO'", che ripercorre la vicenda attraverso documenti esclusivi, testimonianze, foto e video inediti. Un anno di sgarbi diplomatici, interpretazioni arbitrarie del diritto e umiliazioni, ma anche un anno di retroscena e di battaglie per riportarli a casa. Latorre e Girone restano in Italia, ma la storia non è finita. Ora è sotto tiro il nostro ambasciatore in india, Daniele Mancini, come rappresaglia per il mancato rientro a Delhi dei marò.
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26 marzo 2013 | Radio24 | intervento |
India
I Marò rispediti in India
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