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Articolo
11 aprile 2013 - Esteri - India - Il Giornale |
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Altro che tranquillo: Monti teme che i marò finiscano impiccati |
Il presidente del Consiglio Mario Monti «è preoccupato» che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone «vengano impiccati nonostante le precedenti assicurazioni indiane» e per questo ha telefonato al premier di Delhi. Non lo scrive il Giornale , mal' Hindustan Times , unimportante quotidiano che come gran parte della stampa indiana fornisce una versione differente della telefonata del 9 aprile fra Monti e il premier Manmohan Singh. Con un «vittorioso » comunicato Palazzo Chigi annunciava che la riconsegna dei marò a Delhi «contribuirà a rendere più sollecita una positiva soluzione del caso». Secondo il governo, Singh avrebbe detto «che l'intero procedimento (contro i marò) potrà essere concluso rapidamente». La velina è stata ripresa dai giornaloni e dalle tv italiane, ma ieri mattina la stampa di Delhi, virgolettando fonti ufficiali, non riportava una riga sulle ottimistiche previsioni di soluzione celere e positiva del caso marò. Anzi scriveva a chiare lettere che per il premier Singh «alla luce delle indagini in corso sarebbe prematuro esprimere un parere su aspetti specifici ». Nessuna assicurazione su possibili esiti «solleciti » e «positivi ». L' Hindu sosteneva addirittura che Monti nella telefonata non ha «ricevuto una ferma assicurazione che la pena di morte non dovrebbe venire applicata ai due marò». Nel numero in edicola oggi Panorama rivela il contenuto della lettera di garanzie del governo indiano sul rientro a Delhi dei marò. Il ministero degli Esteri indiano aveva messo nero su bianco che «secondo una giurisprudenza ampiamente consolidata questo caso non ricadrebbe nella categorie di fattispecie che comportano la pena di morte, cioè i più rari tra i casi rari. Di conseguenza, non si deve avere alcuna preoccupazione a questo riguardo». L'aspetto paradossale è che la Farnesina, fino a ieri, continuava a rifiutarsi di rendere noto il documento, nonostante il viceministro De Mistura l'avesse sventolato e citato senza mai renderlo pubblico. Però, dopo aver rimandato Latorre e Girone in India calandoci le braghe, le autorità di Delhi hanno passato l'inchiesta sul caso alla Nia: una specie di Fbi locale, che ha ripreso tutte le accuse del Kerala contro i marò comprese quelle che prevedono la pena di morte. Per questo Monti ha alzato la cornetta chiamando il capo del governo indiano. Ieri l' Hindustan Times non a caso titolava: «Un preoccupato premier (italiano) telefona a Singh». L'idea non peregrina dell'arbitrato internazionale lanciata l'11 marzo, quando si era deciso di tenere i marò in Italia, è rimasta lettera morta. E in più stiamo rinunciando all'ultima linea del Piave. Nella stessa telefonata di Monti a Singh, per chiedere che non condannino a morte i marò, abbiamo implicitamente riconosciuto la giurisdizione indiana. Su Facebook, l'ex ministro degli Esteri Giulio Terzi, ha subito scritto: «Torno tuttavia a ribadire *a gran voce e con fermezza* che nulla vieta che il Governo italiano chieda (anche unilateralmente, non serve l'assenso dell'India) di aprire un arbitrato internazionale su questo delicato e importante dossier, al fine di ribadire - cosa che abbiamo sempre detto e che invece ad oggi pare purtroppo non essere più di ' attualità'- che la giurisdizione del caso non può che essere italiana... ». Panorama ha anche rivelato il contenuto di una seconda lettera del segretario generale della Farnesina, Michele Valensise. L'alto funzionario invitò Terzi a dimettersi, il 26 marzo, come poi avvenne chiedendo che «l'odierno intervento in Parlamento costituisca l'ultima occasione utile per dissociare pubblicamente le responsabilità del ministro degli Esteri da quelle di coloro che, in questa vicenda, hanno voluto sacrificare la linearità e la coerenza dell'azione dell'Italia». Ovvero il voltafaccia di rimandare a Delhi i marò, dopo aver deciso dieci giorni prima di trattenerli in Italia. «In segno di solidarietà nei confronti dei Fucilieri di Marina, trattenuti in India», l'unione nazionale Sottufficiali ha indetto una manifestazione domani a Taranto. Al corteo parteciperanno i sindacati di polizia, degli agenti penitenziari, del corpo forestale, dei vigili del fuoco e l'Associazione nazionale marinai d'Italia. |
[continua] |
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08 gennaio 2014 | Vita in diretta | reportage
Il caso marò nella palude giudiziaria indiana
Gli indiani vogliono i marò alla sbarra, forse per torchiarli, anche se l’antiterrorismo non ha ancora presentato il voluminoso rapporto d’accusa contro Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Il processo «speciale» ai fucilieri di Marina è partito ieri con un rinvio al 30 gennaio. Il pubblico ministero aggiunto, Siddharth Luthra, a nome della polizia antiterrorismo (Nia), voleva obbligare i marò a presentarsi in aula. Non solo: gli investigatori pretendono che vengano intrapresi «i passi appropriati per garantire la custodia» di Latorre e Girone, secondo il giornale The Hindu .
Il pm ha poi precisato: «Non sto dicendo che devono essere fisicamente presi in custodia», ma passare sotto la completa tutela della corte speciale del giudice Darmesh Sharma e venire alla sbarra. Fonti italiane a Delhi gettano acqua sul fuoco, ma gli indiani fanno sapere al Giornale che la Nia «vuole interrogare ancora i fucilieri di Marina». E non escludono ulteriori sviluppi. I marò non si sono presentati all’udienza di ieri e attraverso i loro legali hanno chiesto di venir esentati anche in futuro.
L’unico dato certo è che l’antiterrorismo non ha ancora consegnato il rapporto d’accusa. Staffan De Mistura, inviato speciale del governo, volato a Delhi, haprecisato che l’ulteriore rinvio «non è stato subito ma voluto dai nostri legali per l'esistenza di troppe zone grigie ed ambiguità da parte indiana».De Mistura ribadisce: «Non possiamo accettare di procedere senza un capo di accusa chiaro e la certezza che non venga evocata la legge sulla repressione della pirateria» che prevede la pena di morte. L’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi ribadisce che il processo a Delhi «è illegittimo. Affidare la sorte dei nostri ragazzi all’India è profondamente sbagliato sia giuridicamente che politicamente». Secondo fonti indiane la Nia presenterà «l’atto d’accusa entro la fine del mese» e sarà pesante. I fucilieri di Marina, in servizio anti pirateria, sono accusati di aver ucciso due pescatori il 15 febbraio del 2012 al di fuori delle acque territoriali indiane.
L’aspetto paradossale è l’esempio che ci sta dando Delhi verso la superpotenza americana «colpevole» dell’arresto per qualche ora della console indiana a New York. Dopo immediate proteste e rappresaglie il governo indiano ha intimato ieri la chiusura di tutti gli esercizi commerciali e la palestra gestita da locali nel compound dell’ambasciata degli Stati Uniti. Non solo: le macchine con targa diplomatica americana potranno venir multate se violano le norme del traffico.
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10 luglio 2014 | TG5 | reportage
Le parcelle d'oro degli avvocati dei marò
Cinque milioni di dollari, dalle tasche del contribuente italiano, sono stati sborsati per la difesa dei marò. In stragrande maggioranza serviti a pagare le costose parcelle degli avvocati indiani che rappresentano i marò ed in minima parte come anticipo del baronetto inglese ingaggiato per intraprendere la via dell’arbitrato internazionale. Soldi ben spesi se Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non fossero ancora trattenuti in India da due anni e mezzo senza processo. Un esborso assurdo tenendo conto dei risultati raggiunti fino ad ora, poco superiori allo zero.
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08 marzo 2012 | Uno Mattina | reportage
Il caso dei marò "ostaggi" degli indiani
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12 marzo 2013 | Radio 24 - Melog | intervento |
India
I due Marò
La storia di Massimilianno Latorre e Salvatore Girone i fucilieri di Marina trattenuti in India per un anno con l'accusa di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati. Sul Giornale.it è raccontata nell'e book "I NOSTRI MARO'", che ripercorre la vicenda attraverso documenti esclusivi, testimonianze, foto e video inediti. Un anno di sgarbi diplomatici, interpretazioni arbitrarie del diritto e umiliazioni, ma anche un anno di retroscena e di battaglie per riportarli a casa. Latorre e Girone restano in Italia, ma la storia non è finita. Ora è sotto tiro il nostro ambasciatore in india, Daniele Mancini, come rappresaglia per il mancato rientro a Delhi dei marò.
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26 marzo 2013 | Radio Città | intervento |
India
Caso marò: Terzi si dimette. Il ministro della Difesa no
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26 marzo 2013 | Radio24 | intervento |
India
I Marò rispediti in India
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