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Reportage
17 marzo 2014 - Prima - Ucraina - Il Giornale
Plebiscito filo-russo in Crimea. L’Occidente: è illegale
«Temevo di morire in un’altra terra. Final­mente torno alla ma­drepatria, dove potrò riposare per sempre in pace» spiega com­mossa Tamara. Assieme al mari­to Leonid ci tiene, nonostante l’età,ad essere fra i primi a votare per il referendum del ritorno del­la Crimea alla Russia.
Secondo i dati diffusi in serata dal governo della penisola filo Mosca, a metà dello scrutinio una percentuale bulgara di vo­tanti, il 95,5%, avrebbe scelto
 l’annessione al Cremlino. Nella piazza di Simferopoli, capitale della Crimea, sotto la statua di Le­nin esultano in migliaia per un ri­sultato già scritto urlando «Rus­sia, Russia».L’affluenza avrebbe superato il 70%.
Fin dal primo mattino a Simfe­ropoli un via vai continuo di filo­russi
 vota per il referendum che cambierà la cartina d’Europa.Al­la­scuola numero 9 i ventenni Ta­nia e Misha sono sposini da me­no di un anno. «Dobbiamo tor­nare a casa da nostro figlio che ha solo due mesi. I nonni sono troppo anziani per tenerlo a lun­go e pure loro vogliono votare»spiegala giovane mamma. «Ab­biamo scelto l’unione con la Rus­sia per dare un futuro al nostro piccolo» sostengono i neo geni­tori. Di referendum illegittimo non vogliono sentir parlare. «L’Europa usa un doppio stan­dard- sbotta Misha- .L’indipen­denza del Kosovo va bene, mal’autodeterminazione della Crimea no».
Una signora di mezza età con la treccia raccolta da un fiocchet­to con i colori della bandiera rus­sa infila con orgoglio la scheda nell’urna. I quesiti sono due: «Siete a favore della riunificazio­ne della Crimea con la Russia co­me entità costituente?» oppure «Siete a favore dell’applicazione della costituzione della Repub­blica di Crimea del 1992 come parte dell’Ucraina?».
Nessuno piega le schede, qual­cuno mostra il suo voto ai foto­grafi e nelle urne trasparenti ve­di spuntare solo il primo quesito del «ritorno a casa», come dico­no in tanti.
In un’altra scuola adibita a seg­gio un altoparlante gracchia vec­chie
 canzoni patriottiche del­l’Unione Sovietica. Il colonnello Leonid Federovich, veterano della seconda guerra mondiale, che avrà 90 anni, cammina a fati­ca, ma per l’occasione ha rispol­ve­rato la divisa con tutte le meda­glie. Non mancano quelle con il faccione di Stalin. Per lui che ha combattuto in Ucraina, Polonia ed arrivò a Berlino nel 1945 è un giorno a lungo atteso. «Con il nuovo potere di Kiev saremmo ben presto diventati degli schia­vi. Vogliamo la Russia» dichiara senza ombra di dubbio.
Serghei ha appena accompa­gnato al seggio la mamma che al­la domanda cosa ha votato ri­sponde: «Per la Santa Madre Rus­sia ». E il figlio si fa il segno della croce ortodosso.
Fra i giovani colpiscono i
 rus­skie motoziclisti con i loro scintil­lanti bolidi e le bandiere di Mo­sca. «Non chiamateci bikers, pa­rola straniera - esordisce Pietr - . Siamo per la Russia e per Putin».
La minoranza tartara della Crimea decimata da Stalin nel 1994 va controcorrente. Fedele a Kiev, vede come un incubo il ri­torno di Mosca e boicotta in mas­sa il referendum. A parte qual­che eccezione, come Elmira Sa­pozhnikova, una bella ragazza di Simferopoli con gli occhi a mandorla. «I nostri leader si so­no mangiati un sacco di soldi ­spiega in inglese la giovane tarta­ra- . Da Kiev ci dissanguano. Scel­go l­a Russia perché garantirà svi­luppo economico e sicurezza ».
A Bakhchisaray, roccaforte dei tartari, è guerra di cifre. Akhtem Chiygoz, leader locale del Maijlis, l’autogoverno della minoranza, è convinto: «Hanno votato solo 6 tartari su 25mila. Di­sertiamo un voto anticostituzio­nale
 e dettato dall’occupazionerussa».
Dal seggio numero 12, Natal­ya Serghevnya snocciola a mez­zogiorno i dati di 860 iscritti e 400 elettori già venuti a fare il loro do­vere «compreso un 10% di tarta­ri »,che sono musulmani.In real­tà si vedono solo babuchke che si inchinano davanti alle urne co­me se fosse un altare. Un giova­ne in pantaloni mimetici è deci­so a votare, nonostante le stam­pelle, in nome di Mosca e alcune mamme filorusse fanno infilare le schede nelle urne ai figli. Una signora vota e ribadisce: «Gloria alla Russia e a Dio».
L’effetto Crimea si fa sentire nell’Est e nel Sud dell’Ucraina, dove i filorussi organizzano ma­nifestazioni pro referendum su federalismo e lingua riconosciu­ta a livello nazionale. I cortei più grossi raccolgono appena seimi­la persone, ma in Crimea,all’ini­zio, i numeri erano gli stessi. A Donetsk prendono d’assalto la sede dei servizi segreti e si dirigo­no verso il palazzo del governato­re. A Kharkiv, seconda città del Paese, è finito sotto tiro il conso­lato polacco e occupata la sede degli ultranazionalisti filo Kiev. A Lugansk cercano di bloccare un treno che porta blindati ucrai­ni verso il confine con la Russia. Kiev sta concentrando truppe t­e­mendo una seconda invasione.
Il primo ministro Arseny Yatse­ni­uk non ha mezze parole sui se­paratisti della Crimea: «Li trove­remo tutti per giudicarli. La terra brucerà sotto i loro piedi». Le truppe russe ammassate al confi­ne orientale non aspettano altro per sferrare la seconda zampata.
 

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