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Reportage
13 maggio 2014 - Prima - Ucraina - Corriere del Ticino
Ucraina “I mercenari Usa ci sono”

Nell’Ucraina secessionista dell’Est prima era stata denunciata la presenza di agenti russi, che probabilmente ben infiltrati ci sono ma nessuno ha mai visto. E adesso di un mini esercito di contractor americani al fianco delle truppe e della polizia di Kiev, che non riescono a riprendere il controllo del territorio. 

I filorussi delle repubbliche di Donetsk e Lugansk hanno consumato lo strappo votando domenica il referendum per l’indipendenza. A Donetsk la vittoria dell’autogoverno è stata proclamata con 2.252.867 sì. A Luganks la percentuale è bulgara: 95,98%. Nessuno saprà mai quanti brogli ci sono stati e la reale affluenza alle urne per consumare lo strappo con Kiev, che varia, a seconda delle fonti, dal 60 all’80%. Nelle stesse ore il giornale tedesco «Bild am Sonntag» rivelava che a fianco delle forze ucraine impegnate nella guerra civile nell’est del Paese ci sarebbero 400 «mercenari» americani. 

«A noi risultavano 200 dislocati in un primo momento nella parte dismessa dell’aeroporto di Donetsk» rivela Ivan Orlov, che fa parte della cosiddetta forza di pattugliamento della «capitale» della nuova repubblica. Suo zio è in prima linea con la milizia del Donbass, il futuro esercito secessionista annunciato ieri da Denis Pushilin, l’autoproclamato governatore della regione filorussa. Tutte informazioni da prendere con la dovuta cautela, ma più che mercenari, se ci sono americani sul terreno, si tratta di contractor dell’agenzia di sicurezza Academi erede della Blackwater veterana dell’Iraq. 

Secondo il giornale tedesco è stata l’NSA, l’agenzia di spionaggio statunitense, ad informare Berlino, dopo aver intercettato comunicazioni fra comandi sulla presenza dei contractor. «Tre settimane fa a Donetsk era stato intercettato un furgone con dei personaggi dall’aspetto militare a bordo, che parlavano inglese – spiega Orlov – Sono riusciti a dileguarsi». 

Nessuno ha mai fotografato o filmato gli americani, ma i filorussi giurano da averli visti con le truppe ucraine. «Si distinguono per la divisa più color sabbia e dall’equipaggiamento stile NATO» spiega la fonte del «Bild am Sonntag». Gli americani sono stati segnalati anche a Mariupol, la città costiera teatro di furiosi combattimenti ed ora in mano ai miliziani filorussi, ma non c’è alcun riscontro. A Kiev sono arrivati di rinforzo una cinquantina di agenti della CIA e dell’FBI. Sicuramente le forze di sicurezza ucraine hanno bisogno di consiglieri per non rimanere impantanate nel groviglio secessionista dell’Est. 

Il rischio è che la guerra civile a bassa intensità, che si sta combattendo da settimane, sfoci in un conflitto sanguinoso come in Bosnia. Ieri annunciando la vittoria dei sì al referendum sull’indipendenza da Kiev, i secessionisti si sono arroccati. «Un nuovo capitolo si è aperto in Europa – ha annunciato Pushilin, il «governatore » di Donetsk – Il primo passo è sancire la sovranità della nostra repubblica e poi decidere per l’indipendenza o l’unione con altri Stati». Tradotto significa l’annessione alla Russia nonostante gli strali della comunità internazionale, che bolla il referendum come «illegale e illegittimo ». 

«Con Kiev tratteremo solo per lo scambio di prigionieri» «Sul nostro territorio non si svolgeranno le elezioni presidenziali del 25 maggio» ribadiscono i filorussi. Pushilin ha pure dichiarato che con Kiev non si tratta «a parte lo scambio di prigionieri». Una strada tutta in salita per Didier Burkhalter, presidente svizzero dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa).   

«Abbiamo solo pochi giorni per avviare un dialogo inclusivo che coinvolga tutti gli attori compresi i rappresentanti delle regioni dell’Est, dove ci sono persone che la pensano diversamente e la Russia» ha sottolineato Burkhalter senza demonizzare il referendum. «Bisogna nominare rapidamente un moderatore» per l’Ucraina e «accordarsi su come procedere nelle trattative » ha spiegato il presidente dell’OSCE al consiglio dei ministri degli Esteri dell’Unione europea riunitosi ieri a Bruxelles. La road map è pronta, ma se Kiev non tratterà direttamente con i secessionisti difficilmente si uscirà dal tunnel che porta dritto alla guerra civile. 



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