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Articolo
31 dicembre 2014 - Prima - Afghanistan - Il Giornale |
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Ma che missioni di pace gli italiani fanno la guerra |
«Uomo a terra!» è l'urlo che ti fa venire i brividi, quando esplode alla radio con un sottofondo di proiettili che sibilano o subito dopo il fragore di una trappola esplosiva. In gergo militare lancia l'allarme per un soldato colpito ed è diventato il titolo di un libro unico, che raccoglie le storie di nove militari italiani feriti durante la missione in Afghanistan. Per la prima volta le testimonianze dei protagonisti sono raccolte, senza veli ed infingimenti buonisti, da un militare in servizio, il tenente colonnello Federico Lunardi. Ufficiale medico degli alpini paracadutisti, è stato cinque volte sulla prima linea afghana, dove ha soccorso sotto il fuoco talebano i feriti o recuperato le salme dei caduti. «In questi anni di missioni sempre più spesso è stata diffusa l'immagine del soldato con il bambino in braccio, del soldato che porta viveri e abiti ai civili, dell'italiano brava persona. È un'immagine rassicurante, piacevole, giornalisticamente vincente e politicamente corretta ma che lasciata a sé umilia il vero compito di un militare» scrive Lunardi nell'introduzione. Il suo libro va controcorrente rispetto all'ipocrisia dominante delle missioni che servono solo a portare caramelle ai bambini e a certa stucchevole pubblicistica con le stellette, dove si legge mille volte la parola «pace» e mai «guerra». Non a caso la pubblicazione è stata un percorso ad ostacoli con la casa editrice Mursia, che dopo aver firmato un contratto ha lasciato perdere per motivi mai chiariti. «Uomo a terra!» è uscito a Natale, grazie alla piccola QuiEdit di Verona, ma le due postfazioni di Franco Cardini, storico e saggista e dell'ex comandante della Nato in Kosovo, generale Fabio Mini sono state di fatto censurate. Alla Difesa, che deve autorizzare la pubblicazione dei militari in servizio non piacevano. Quello che conta sono le testimonianze senza briglie dei feriti contenute nelle 164 pagine (15,50 euro), come i ricordi indelebili di Giovanni Valeriani. «Mi rialzai e ripresi a sparare alcuni colpi. Il conduttore del mezzo intanto mi tastava la gamba e diceva “non è niente, non è niente» - racconta il caporal maggiore dei corpi speciali - Ormai sentivo il sangue nello stivaletto. Rientrai nel mezzo, tagliai il pantalone dall'orlo inferiore fino all'inguine per vedere e posizionai il tourniquette subito sopra la ferita (strumento per fermare l'emorragia ndr). Ho sparato altri duecento colpi fino a quando non è cessato il fuoco nemico». Un altro ferito, Fabio Sebastiani, sente «il dialogo fra il conduttore ed il capomacchina» del suo blindato su un'automobile sospetta. «Continuavo a guardare fuori tramite il finestrino di sinistra. Vidi una luce bianca che all'improvviso diventò rossa, in una frazione di secondo un gran boato, il mezzo che si solleva di lato - racconta il primo maresciallo - «Capii che stavamo finendo fuori dalla sede stradale e sentii come il mezzo si appoggiò sul fianco di destra e corse altri venti metri prima di arrestarsi del tutto.» E nel frastuono il caporal maggiore scelto Giuseppe Laganà urla: «Quel bastardo si è fatto saltare!». Il maresciallo Enrico Mercuri, ammette: «Ho pensato che potevo morire e temevo che avrei lasciato nulla di me». Il libro racconta come inizia a correre, con un altro alpino paracadutista, «sentendo il sibilo delle pallottole» e «subito dopo la semicurva che dava una qualche copertura i due si espongono al fuoco; un tiro serrato che impedisce di avanzare. Si vede la polvere che viene alzata dai proiettili. È in quel momento che Mercuri avverte una «sassata» che lo raggiunge alla gamba destra. All'improvviso manca l'appoggio e cade a terra. Guarda e dalla posizione innaturale del piede capisce che è stato ferito». Il valore di queste testimonianze ha convinto Cardini e Mini a scrivere le postfazioni, che non piacevano a Roma. «Cavalchiamo sempre una grande ipocrisia dicendo che le nostre missioni sono di pace ed umanitarie - sottolinea Mini a il Giornale - Ed invece facciamo anche la guerra». Il generale non più in servizio attivo aveva scritto che «sui feriti pensiamo di aver fatto abbastanza con un buffetto sulla guancia andando a trovarli in ospedale e poi li lasciamo in balia della burocrazia assieme alle famiglie». Cardini pure lui finito nel mirino non ha peli sulla lingua: «Forse i superiori dell'autore si sono dimenticati che ho già fatto il servizio militare come ufficiale e magari avevo un grado superiore ai miei censori». Lo storico e docente universitario spiega parlando della sua postfazione «che il nemico in Afghanistan e non solo viene dipinto sempre come sporco, brutto, con la barba e cattivo. Forse i militari che partono per le missioni sono un po' disinformati. Se combattiamo per i nostri valori e ci si vanta di esportare democrazia e civiltà bisogna conoscere anche i valori di chi si combatte». «Uomo a terra!» è un libro vero e crudo di storie comuni a centinaia di soldati italiani feriti in Afghanistan «accadute sulle strade polverose, tra nugoli di bambini vocianti, ai bordi di moschee, vicino a villaggi senza neppure una pompa dell'acqua. - scrive l'autore - Nove frammenti di vita drammatici e forti che fanno pensare». www.gliocchidellaguerra.it |
[continua] |
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23 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 e Studio Aperto - Italia 1 | reportage
La battaglia di Kandahar
La battaglia di Kandahar
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04 giugno 2010 | Tele4 | reportage
Intervista sul'Afghanistan la mia seconda patria
Un'intervista di Tele 4 in occasione del dibattito “Afghanistan: raccontare la guerra, raccontare la pace”, al Circolo della Stampa di Trieste,con la fotorgafa Monika Bulaj.
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15 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 e Studio Aperto - Italia 1 | reportage
Si combatte a sud di Kabul
Si combatte a sud di Kabul
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26 febbraio 2010 | SBS | intervento |
Afghanistan
Bacha bazi: piccoli schiavi del sesso
In Afghanistan molti ragazzini vengono venduti e trasformati in schiavi sessuali da signori della guerra o personaggi facoltosi. I bacha bazi sono minori che vengono vestiti da donna e ballano per un pubblico di soli uomini. Il servizio del giornalista Fausto Biloslavo.
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06 luglio 2009 | Radio24 mattino | intervento |
Afghanistan
Marines all'attacco ed anche gli italiani all'offensiva
L'offensiva "colpo di spada" nella parte meridionale della provincia di Helmand lanciata da 4000 marines. Nel settore occidentale anche gli italiani all'attacco finiscono nel mirino dei talebani. in collegamento l'ex generale Mauro Del Vecchio, parlamentare del Parito Democratico.
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16 aprile 2010 | Radio 24 | intervento |
Afghanistan
I tre di Emergency a Kabul
Una svolta l'arrivo nella capitale afghana degli italiani arrestati e l'incontro con i diplomatici.
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16 giugno 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento |
Afghanistan
Il "tesoro" nascosto
L’Afghanistan è un paese disgraziato, povero e senza risorse, a parte l’oppio? Assolutamente no. Il sottosuolo afghano nasconde un forziere di minerali che vale 1 trilione di dollari. In cifre europee stiamo parlando di 810 miliardi di euro. Oro, gemme, rame, ferro ed il prezioso litio sono presenti in quantità tali da poter trasformare l’Afghanistan in una delle maggiori “potenze” minerarie al mondo. Lo hanno scoperto i geologi assoldati dal Pentagono studiando vecchie carte tracciate dai sovietici, che invasero il paese negli anni ottanta. Una ricchezza naturale capace di risollevare economicamente l’Afganistan e magari farlo uscire dal tunnel delle guerra.
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18 agosto 2009 | Radio24 | reportage |
Afghanistan
Al fronte con gli italiani/Il seggio più vicino a "dushman" il nemico
La casupola disabitata, in paglia e fango, con il tetto a cupola sembra abbandonata dallo scorso anno, quando i marines combattevano nel deserto infernale di Bala Baluk. Oggi ci sono i paracadutisti della Folgore in questo sperduto angolo della provincia di Farah. All’interno è ancora peggio, ma la casupola viene subito scelta come seggio elettorale per le elezioni presidenziali e provinciali del 20 agosto.
Non per il suo fascino esotico, ma perché può venir trasformata in un fortino. La roccaforte talebana di Shewan si trova ad un pugno di chilometri. Da quelle parti comanda mullah Sultan, un ex prigioniero del campo americano di Guantanamo. “E’ il seggio più vicino a dushman, il nemico” spiega un ufficiale della poliza afghana. Se incroci di notte lui ed i suoi uomini, barbe lunghe e stile armata Brancaleone, li scambi per talebani. Solo arrivarci da queste parti è un terno al lotto come spiega il tenente Alessandro Capone della 6° compagnia Grifi (audio originale).
Il giorno del voto i paracadutisti italiani sono pronti a difendere le elezioni armi in pugno. La scorsa settimana sembrava che nella zona a rischio di Bala Baluk sarebbe stato disponibile un solo seggio, ma nelle ultime ore si punta ad aprirne 8 o 9.
Un successo, anche se la vera incognita è quanti elettori si recheranno alle urne. I talebani hanno minacciato che taglieranno il naso, le orecchie ed il dito segnato dall’inchiostro indelebile di chi è andato a votare.
Fausto Biloslavo
da base Tobruk, provincia di Farah, Afghanistan
per Radio 24 il Sole 24 ore
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