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Articolo
24 gennaio 2015 - Il Fatto - Siria - Il Giornale |
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Le trecento jihadiste europee addestrate in Siria dall’Isis e rispedite a casa come infiltrate |
«Il Califfato ha aperto un corso di addestramento per le jihadiste europee, soprattutto sulla raccolta di informazioni, per rimandarle da noi come infiltrate. Dalle stime dell'intelligence sono circa 300 nel giro di due anni le donne transitate soprattutto in Siria» rivela una fonte autorevole del Giornale. Nella rete dello Stato islamico è caduta anche Maria Giulia Sergio, alias Fatima, partita dalla Maremma in settembre con il marito albanese. «Gli addestratori dell'Isis selezionano prima di tutto le convertite europee, che considerano preziose essendo “bianche”. Poi arruolano le ragazze di origine araba o balcanica, che sono nate o erano perfettamente integrate in Occidente» spiega la fonte del Giornale. «I terroristi hanno bisogno di donne di buon livello culturale e poliglotte - continua - L'addestramento è pure militare, ma si concentra sull'intelligence e la raccolta di informazioni. Una volta pronte vengono pian piano rimandate nei paesi europei dove vivevano». Secondo gli 007, le jihadiste di ritorno «cercano di cancellare le tracce della loro permanenza in Siria prima di lavorare come infiltrate nelle nostre città». Fatima, la jihadista italiana convertita, è stata preceduta da un caso controverso. Sonia K., un'italiana di famiglia con origini tunisine, che viveva a Onè di Fonte in provincia di Treviso, è inserita con un'apposita scheda nella lista dei foreign fighter stilata dall'antiterrorismo. La ragazzina ha compiuto la maggiore età lo scorso anno e sarebbe partita verso la Siria. Il padre, Lofti, che ha la cittadinanza italiana, denunciò la scomparsa ai carabinieri lo scorso fine agosto. Negli ultimi giorni il genitore ha sostenuto di aver riallacciato, di recente, i contatti con la figlia, via internet. Sonia si troverebbe in Turchia dove ha seguito il fidanzato, che potrebbe avere a che fare con la militanza jihadista. Si trattava di una ragazza normale fino a un fatidico viaggio con la mamma nella patria di origine, la Tunisia. Il paese nordafricano, prima tappa della cosiddetta primavera araba, è un serbatoio di combattenti (oltre 3000) per la Siria e l'Irak. Non solo: in Tunisia è nata Ansar al Sharia, la formazione radicale che combatte anche in Libia e ha aderito al Califfato. Sonia, dopo il viaggio nella patria di origine dei genitori, è tornata a Treviso per continuare gli studi, ma profondamente radicalizzata dal punto di vista religioso. Qualcuno, in Tunisia, le deve aver fatto il lavaggio del cervello. Alla fine la diciottenne se ne è andata dall'Italia con un ragazzo turco e ora i familiari puntano a derubricare la vicenda in semplice fuga d'amore. Lo scorso fine ottobre la polizia inglese ha arrestato una donna di 25 anni nei sobborghi di Londra sospettata di «preparare attentati» dopo la sua permanenza in Siria. Le Lady Jihad occidentali si arruolano nel Fronte al Nusra, la costola di Al Qaida in Siria, o nei ranghi dello Stato islamico. Secondo alcune stime sarebbero il 10% delle reclute straniere. In gran parte arrivano dall'Europa: una sessantina dalla Francia e circa 70 dall'Inghilterra. Non mancano volontarie della guerra santa da Austria, Belgio, Spagna e addirittura gli Stati Uniti. Secondo Katherine E. Brown, del King's college di Londra sono «al massimo 200» dal vecchio continente. Ufficialmente seguono mariti e fratelli combattenti o sposano i mujaheddin occupandosi soprattutto di faccende domestiche. All'inizio di ottobre, però, è nato il gruppo femminile jihadista Al Zawra, che punta ad addestrare le donne per la guerra santa compreso l'uso delle armi, il pronto soccorso e l'utilizzo della rete per propaganda e reclutamento. A fine ottobre la marocchina Fatiha Hosni, nome di battaglia Umm Adam, ha raccontato il suo ingresso nello Stato islamico annunciando che «abbiamo bisogno delle donne per il jihad». La prima kamikaze europea si chiamava Muriel Degauque. La «martire» viveva in Belgio e aveva sposato un estremista. Nel 2005 si fece saltare in aria contro un convoglio americano in Irak, senza fare vittime. |
[continua] |
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25 gennaio 2016 | Tg5 | reportage
In Siria con i russi
La guerra dei russi in Siria dura da 4 mesi. I piloti di Mosca hanno già compiuto 5700 missioni bombardando diecimila obiettivi. In queste immagini si vedono le bombe da 500 o 1000 chili sganciate sui bersagli che colpiscono l’obiettivo.
Un carro armato della bandiere nere cerca di dileguarsi, ma viene centrato in pieno e prende fuoco.
In Siria sono impegnati circa 4mila militari russi. La base aerea a 30 chilometri dalla città siriana di Latakia è sorvolata dagli elicotteri per evitare sorprese.
Le bombe vengono agganciate sotto le ali a ritmo continuo. I piloti non parlano con i giornalisti, ma si fanno filmare con la visiera del casco abbassato per evitare rappresaglie dei terroristi. Il generale Igor Konashenkov parla chiaro: “Abbiamo strappato i denti ai terroristi infliggendo pesanti perdite - sostiene - Adesso dobbiamo compiere il prossimo passo: spezzare le reni alla bestia”.
Per la guerra in Siria i russi hanno mobilitato una dozzina di navi come il cacciatorpediniere “Vice ammiraglio Kulakov”. Una dimostrazione di forza in appoggio all’offensiva aerea, che serve a scoraggiare potenziali interferenze occidentali. La nave da guerra garantisce la sicurezza del porto di Tartus, base di appoggio fin dai tempi dell’Urss.
I soldati russi ci scortano nell’entroterra dilaniato dai combattimenti. Negli ultimi tre anni la cittadina era una roccaforte del Fronte al Nusra, la costola siriana di Al Qaida. Le bombe russe hanno permesso ai governativi, che stavano perdendo, di riguadagnare terreno.
Sul fronte siriano i militari di Mosca usano il blindato italiano Lince. Lo stesso dei nostri soldati in missione in Afghanistan.
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08 settembre 2013 | Tg5 | reportage
La battaglia di Maalula perla cristiana
Fausto Biloslavo, appena arrivato in Siria si trova al centro degli scontri tra governanti e ribelli. Il video terribile ed il racconto della battaglia
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14 febbraio 2019 | Porta a Porta | reportage
Parla il miliziano italiano che ha combattuto nell'Isis
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02 luglio 2015 | Radio24 | intervento |
Siria
La famiglia jihadista
"Cosa gradita per i fedeli!!! Dio è grande! Due dei mujaheddin hanno assassinato i fumettisti, quelli che hanno offeso il Profeta dell'Islam, in Francia. Preghiamo Dio di salvarli”. E’ uno dei messaggi intercettati sulla strage di Charlie Hebdo scritto da Maria Giulia Sergio arruolata in Siria nel Califfato. Da ieri, la prima Lady Jihad italiana, è ricercata per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale. La procura di Milano ha richiesto dieci mandati di cattura per sgominare una cellula “familiare” dello Stato islamico sotto indagine da ottobre, come ha scritto ieri il Giornale, quando Maria Giulia è arrivata in Siria. Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ha spiegato, che si tratta della “prima indagine sullo Stato Islamico in Italia, tra le prime in Europa”.
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02 dicembre 2015 | Radio uno Tra poco in edicola | intervento |
Siria
Tensione fra Turchia e Russia
In collegamento con Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa. In studio conduce Stefano Mensurati.
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