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11 luglio 2015 - Interni - Italia - Il Giornale
Per il Friuli gli immigrati valgono 6 milioni
I rifugiati sono un «affare» per il Friuli-Venezia Giulia governato da Debora Serracchiani, la stellina Pd. In pratica lo sostiene l'assessore alla Solidarietà, Gianni Torrenti, snocciolando pure la cifra: 6 milioni, grazie alla specialità regionale che permette di trattenere l'Iva. Così il Friuli-Venezia Giulia incassa 7 euro al giorno per immigrato. Peccato che il 70% del costo dei profughi o aspiranti tali sia a carico dello Stato e il resto arrivi dai fondi europei. Tutti soldi, che in ogni caso escono dalle tasche dei cittadini e servono a mantenere i richiedenti asilo. Torrenti sembra non farci caso e sulle colonne del quotidiano triestino il Piccolo dichiara: «Se i richiedenti mi costano 700mila euro, ma producono incassi da Iva per circa 6 milioni posso dire che la Regione spende poco più di un decimo di quello che introita: il sistema insomma si auto mantiene».
Il Friuli-Venezia Giulia si ritrova con un'impennata di arrivi con le rotte balcaniche. I numeri li snocciola lo stesso assessore: 2mila richiedenti asilo giunti in questa fase di emergenza, 323 già a carico e qualche centinaio di minori. Il totale è di 2600 persone che vengono mantenute con una media di 35 euro al giorno più Iva. In realtà per i minori extracomunitari non accompagnati le spese sono aumentate in alcuni casi del 156 per cento, da 40 a 120 euro al giorno, come denuncia il sindaco di Tarvisio, Renato Carlantoni.
Dei 35 euro medi, un paio al giorno vanno in tasca ai migranti e gli altri servono per spese di alloggio, vitto, biglietti dei bus e tutto il corollario dell'assistenza. L'assessore Torrenti fa notare la ricaduta positiva su attività alberghiere, imprese e associazioni che si fanno carico dell'emergenza. Molti cittadini non coinvolti nell'«affare» la pensano all'opposto, ma Torrenti sottolinea che per i circa 90mila euro al giorno di spesa complessiva, esclusa Iva, solo per i migranti in Friuli-Venezia Giulia, la Regione non scuce nulla. «Le spese di mantenimento - ricorda l'assessore sul Piccolo - sono sostenute per intero da Roma con fondi statali ed europei, rispettivamente il 70% e il 30% del totale». Soldi che non piovono dal cielo, ma sono frutto delle tasse versate da italiani ed europei. «I soldi escono comunque dalle casse dello Stato. Per questo sono abbastanza sconcertanti le dichiarazioni di Torrenti» ribatte il sindaco di Gorizia, Ettore Romoli, in prima linea sul fronte immigrazione. «Le amministrazioni comunali come la mia sono al collasso - spiega -. A Gorizia abbiamo in questo momento 360 richiedenti asilo, di cui 140 dormono nei parchi, sotto i ponti o sulle rive dell'Isonzo. Altro che affare».
Il segreto del business è che il Friuli-Venezia Giulia «ha la facoltà di trattenere l'Iva come beneficio dovuto alla sua autonomia speciale». Stiamo parlando di 7 euro a migrante, che moltiplicato per 2600 «ospiti», in questo periodo d'emergenza, significa un incasso di 18.200 euro al giorno. «Oltre 6 milioni all'anno - calcola l'assessore sulle colonne de il Piccolo - saranno in questo modo potenzialmente incamerati nelle entrate correnti della Regione». I costi dell'immigrazione che sostiene la Regione è di circa 2,8 milioni di euro all'anno. Ben 2,1 milioni vanno a sostenere il fondo per i 108mila immigrati ospitati sul territorio e 700mila servono per i circa 2mila richiedenti asilo.
«Più di metà dei 6 milioni incassati finanzieranno spese regionali che non riguardano minimamente la presenza di immigrati - dichiara al Piccolo l'assessore - dunque il problema non solo si autorisolve, almeno dal punto di vista economico, ma permette investimenti in altri campi». Gli risponde il sindaco di Tarvisio, la «Lampedusa del Nord»: «La Sicilia, secondo questa logica, dovrebbe fare salti di gioia tenendo conto del suo enorme peso migratorio».
[continua]

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16 febbraio 2007 | Otto e Mezzo | reportage
Foibe, conflitto sulla storia
Foibe, conflitto sulla storia

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05 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
Islam, matrimoni forzati e padri assassini
Nosheen, la ragazza pachi­stana, in coma dopo le spranga­te del fratello, non voleva spo­sarsi con un cugino in Pakistan. Il matrimonio forzato era stato imposto dal padre, che ha ucci­so a colpi di mattone la madre della giovane di 20 anni schiera­ta a fianco della figlia. Se Noshe­e­n avesse chinato la testa il mari­to, scelto nella cerchia familia­re, avrebbe ottenuto il via libera per emigrare legalmente in Ita­lia. La piaga dei matrimoni com­binati nasconde anche questo. E altro: tranelli per rimandare nella patria d’origine le adole­scenti dove le nozze sono già pronte a loro insaputa; e il busi­ness della dote con spose che vengono quantificate in oro o migliaia di euro. Non capita solo nelle comuni­tà musulmane come quelle pa­chistana, marocchina o egizia­na, ma pure per gli indiani e i rom, che sono un mondo a par­te.

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18 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
L'Islam nelle carceri
Sono circa 10mila i detenuti musulmani nelle carceri italiane. Soprattutto marocchini, tunisini algerini, ma non manca qualche afghano o iracheno. Nella stragrande maggioranza delinquenti comuni che si aggrappano alla fede per sopravvivere dietro le sbarre. Ma il pericolo del radicalismo islamico è sempre in agguato. Circa 80 detenuti musulmani con reati di terrorismo sono stati concentrati in quattro carceri: Macomer, Asti, Benevento e Rossano. Queste immagini esclusive mostrano la preghiera verso la Mecca nella sezione di Alta sicurezza 2 del carcere sardo di Macomer. Dove sono isolati personaggi come il convertito francese Raphael Gendron arrestato a Bari nel 2008 e Adel Ben Mabrouk uno dei tre tunisini catturati in Afghanistan, internati a Guantanamo e mandati in Italia dalla Casa Bianca. “Ci insultano per provocare lo scontro dandoci dei fascisti, razzisti, servi degli americani. Una volta hanno esultato urlando Allah o Akbar, quando dei soldati italiani sono morti in un attentato in Afghanistan” denunciano gli agenti della polizia penitenziaria. Nel carcere penale di Padova sono un centinaio i detenuti comuni musulmani che seguono le regole islamiche guidati dall’Imam fai da te Enhaji Abderrahman Fra i detenuti comuni non mancano storie drammatiche di guerra come quella di un giovane iracheno raccontata dall’educatrice del carcere Cinzia Sattin, che ha l’incubo di saltare in aria come la sua famiglia a causa di un attacco suicida. L’amministrazione penitenziaria mette a disposizione degli spazi per la preghiera e fornisce il vitto halal, secondo le regole musulmane. La fede nell’Islam serve a sopportare la detenzione. Molti condannano il terrorismo, ma c’è anche dell’altro....

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio

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24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.

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