image
Scenari Mondo
11 maggio 2017 - Esteri - Libia - Panorama
Una Libia per due: il buio oltre l’intesa

Soldi, una nuova spartizione del potere e la rinascita del Paese grazie alla ricostruzione (che fa gola a tutti). Sono le basi per l’intesa sul futuro della Libia stretta fra il premier libico Fayez al Sarraj e il rivale, generale Khalifa Haftar, che comanda nell’Est del Paese. L’intesa è stata raggiunta il 2 maggio nel corso di un vertice a quattr’occhi in campo neutro, ad Abu Dhabi. E già si parla di un nuovo incontro al Cairo il 15 maggio per arrivare a un accordo di riconciliazione nazionale, che faccia uscire la Libia da una devastante deriva somala.

Ufficialmente e dietro le quinte si muovono soprattutto l’Italia, la Francia, l’Egitto, più defilati la Russia e gli Stati Uniti. Oltre a società di consulenza pagate a peso d’oro, come nel caso dell’ex ufficiale di intelligence israeliana, Ari Ben-Menashe, che vive in Canada: il generale Haftar e il suo alleato, il presidente del parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, lo hanno incaricato di un’operazione di pressione internazionale, soprattutto nei confronti della Casa Bianca, in cambio di 6 milioni di dollari.

«L’Italia ha capito che, pur essendo giusto il metodo, la scelta di Serraj è stata debole. Le pressioni per aprire ad Haftar da parte di francesi, egiziani e in parte russi sono state forti» spiega Riccardo Redaelli, docente di geopolitica all’università Cattolica di Milano che si è occupato da vicino del processo di stabilizzazione di sicurezza della Libia. Haftar sta finendo i soldi, dopo aver perso parte dei terminali petroliferi che aveva conquistato. Il suo Esercito nazionale combatte anche a Sud, dove sono comparsi i primi emissari russi. 

La desertica Libia meridionale è crocevia di milizie, anche jihadiste, e di traffici di ogni tipo, a cominciare dai migranti diretti in Italia. Serraj sarebbe disposto a trovare un accordo sull’ingresso di Haftar e Saleh nel Consiglio che gestisce il potere e sulle elezioni politiche entro marzo 2018. Gli egiziani vorrebbero Haftar, che auspica un allentamento dell’embargo Onu sulle armi, al comando delle forze armate, ma smantellare le milizie sarà una missione impossibile. A cominciare dagli «spartani» di Misurata, che hanno strappato Sirte allo Stato islamico (dove l’Italia ha un ospedale militare).

Donald Trump, dopo l’incontro a Washington con il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, ha delegato all’Italia il compito di sbrogliare la matassa libica. Ma la Casa Bianca potrebbe invitare a Washington Serraj e Haftar per mettere il cappello su un possibile accordo. Secondo Roberto Aliboni dell’Institute of Global Studies di Roma, un’altra ipotesi statunitense è «il proconsolato del presidente egiziano Sisi-Haftar, che diventerebbe un ostacolo insormontabile per gli europei». Ma i francesi già pensano ad accaparrarsi il business della ricostruzione di città rase al suolo dalla guerra, come Bengasi. Un altro motivo per premere sui contendenti costringendoli a un accordo. Peccato che a Bengasi si continui a combattere. Non solo: nel profondo Sud, attorno alla strategica città di Sebha, a fronteggiarsi sono proprio gli uomini di Haftar e quelli di Sarraj, alleati delle truppe di Misurata.   

(Fausto Biloslavo) 


video
25 marzo 2011 | TG5 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme

play
22 marzo 2011 | TG5 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme

play
16 giugno 2011 | Matrix | reportage
La "guerra" degli italiani nel golfo della Sirte
Da tre mesi l’Italia è in prima linea, in mezzo al mare, di fronte alle coste libiche. Assieme agli alleati della Nato ci siamo impegnati a difendere, con le bombe, i civili e la fetta di Libia che si è ribellata al colonnello Gheddafi. L’ammiraglia della flotta occidentale nel golfo della Sirte è la portaerei Garibaldi. La tv di Tripoli accusa la Nato di bombardare i civili, ma i piloti italiani hanno ordini draconiani: possono colpire solo obiettivi militari che si trovano al di fuori dalle zone abitate per evitare vittime innocenti. Le 19 navi della Nato al largo della Libia, sotto il comando della Garibaldi, garantiscono l’embargo contro il regime del colonnello. I fanti di marina del reggimento San Marco si calano dagli elicotteri per ispezionare i mercantili e controllare che non trasportino armi. Come rappresaglia alle bombe Tripoli ha spalancato le porte agli immigrati clandestini che partono dalla Libia occidentale. A bordo della Garibaldi vivono 800 marinai comprese 62 donne, che si ritrovano nelle mensa dell’equipaggio. Ma hanno pochi momenti di svago, a parte qualche partita a biliardino ed una palestra ricavata negli spazi angusti della nave. A dare conforto ai giovani di 20 anni e ai veterani delle missioni in mare ci pensa don Vincenzo Caiazzo, che parla dei marinai e della portaerei come se fosse una parrocchia In mezzo al mare la guerra in Libia sembra invisibile e lontana, ma nella Centrale operativa di combattimento, cuore pulsante della Garibaldi, non si dorme mai, come il sottotenente di vascello Chiara Camaioni, 24 anni, di Ortona.

play
[altri video]
radio

26 aprile 2011 | Radio 101 | intervento
Libia
Con Luxuria bomba e non bomba
Il governo italiano, dopo una telefonata fra il presidente americano Barack Obama ed il premier Silvio Berlusconi, annuncia che cominciamo a colpire nuovi obiettivi di Gheddafi. I giornali titolano: "Bombardiamo la Libia". E prima cosa facevamo? Scherzavamo con 160 missioni aeree dal 17 marzo?

play

09 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
Diario dalla Libia

play

08 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
Diario dalla Libia

play

29 aprile 2011 | Spazio Radio | intervento
Libia
Piegare Gheddafi e preparare l'intervento terrestre
Gli americani spingono con insistenza per un maggiore coinvolgimento dell’Italia nel conflitto in Libia, non solo per passare il cerino politico agli europei. L’obiettivo finale è piegare il colonnello Gheddafi e far sbarcare una forza di interposizione in Libia, con ampia partecipazione italiana. Un modello stile ex Yugoslavia, dove il contingente occidentale è arrivato dopo l’offensiva aerea.

play

02 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
Una nube nera su tutta Tripoli

play

[altri collegamenti radio]




fotografie







[altre foto]