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Articolo
22 giugno 2017 - Interni - Italia - Il Giornale
E se il clandestino cerca i servizi utili un’ “app” della Cri aiuta a localizzarli
Fausto Biloslavo
Sei clandestino? La Croce rossa ti aiuta con un apposito sito leggibile sugli smartphone, a guida Gps, per indicarti «ambulatori, consultori, mense, dormitori, luoghi dove ricevere assistenza legale gratuita e supporto psicologico».
Il servizio è a disposizione non solo dei rifugiati, che scappano veramente dalle guerre, ma pure degli immigrati illegali ovvero i clandestini, termine tabù. Lo annuncia nero su bianco la stessa Cri che spiega come «tramite geolocalizzazione la piattaforma permetterà anche alle persone rimaste fuori dalla rete d\\\'accoglienza presenti sul nostro territorio di individuare i vari servizi messi a loro disposizione dalla Cri e dalle altre associazioni nelle loro vicinanze». E Jagan Chapagain della Federazione internazionale della Croce rossa chiarisce che «le popolazioni in movimento spesso sono incastrate nella nebbia della mancanza di informazione: non sanno neppure i servizi cui possono accedere». In pratica, non avrebbero alcun diritto a sbarcare e rimanere in Italia, ma bisogna aiutarli lo stesso addirittura con una specie di «app» per gli smartphone. Quasi tutti i migranti che arrivano dalla Libia hanno un cellulare decente o di ultima generazione, nonostante siano in gran parte migranti economici che rincorrono un inesistente Eldorado europeo. Piuttosto che sbatterli fuori o riportarli a casa, come dovrebbe essere fatto, la Cri aiuta pure loro attraverso il sito per smartphone.
Un filmato su You Tube spiega come funziona il virtual volunteer (volontario virtuale) inventato dalla Federazione internazionale della Croce rossa, ma per ora applicato solo in Svezia e Grecia. E dal 20 giugno, in occasione della giornata mondiale del rifugiato, il progetto è partito anche in Italia. Passi per chi veramente scappa dalle guerre, ma anche i migranti illegali ed i richiedenti asilo usufruiscono del nuovo servizio. Peccato che almeno il 40% di chi chiede protezione non ne ha alcun diritto e la domanda verrà respinta. Nel frattempo viene mantenuto da Pantalone e la Croce rossa aiuta tutti, compresi i clandestini, con una specie di app ad hoc. «Siamo un\\\'organizzazione umanitaria e non compete a noi fare una distinzione fra i migranti - spiega Tommaso della Longa, portavoce Cri - La Croce rossa aiuta chi è in difficoltà, richiedente asilo oppure no. Non farlo sarebbe come chiedere ad un vigile del fuoco di non salvare un immigrato da un incendio perché non è in regola». Il video su You Tube è di facile accesso; le schermate per i cellulari sono in varie lingue a cominciare dall\\\'arabo. Non c\\\'è solo la localizzazione Gps di mense, ambulatori, centri di assistenza e altro, ma pure collegamenti a programmi che servono a compilare richieste d\\\'asilo attraverso i simboli. E ovviamente una serie di frasi magiche tradotte nelle diverse lingue quali: «ho bisogno di un avvocato» oppure «mi serve un computer con una connessione internet». I migranti economici o illegali saranno felici di scoprire questa «bussola per orientarsi nel paese d\\\'accoglienza, una piattaforma per informare sui servizi disponibili presenti sul territorio». Sulla mappa troveranno facilmente con la geolocalizzazione anche «i tre Safe Point di Croce Rossa, attualmente operativi: quelli di Catania, Trapani e di Cagliari». 
[continua]

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14 maggio 2020 | Tg5 | reportage
Trieste, Lampedusa del Nord Est
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il gruppetto è seduto sul bordo della strada asfaltata. Tutti maschi dai vent’anni in su, laceri, sporchi e inzuppati di pioggia sembrano sfiniti, ma chiedono subito “dov’è Trieste?”. Un chilometro più indietro passa il confine con la Slovenia. I migranti illegali sono appena arrivati, dopo giorni di marcia lungo la rotta balcanica. Non sembra il Carso triestino, ma la Bosnia nord occidentale da dove partono per arrivare a piedi in Italia. Scarpe di ginnastica, tute e qualche piumino non hanno neanche uno zainetto. Il più giovane è il capetto della decina di afghani, che abbiamo intercettato prima della polizia. Uno indossa una divisa mimetica probabilmente bosniaca, un altro ha un barbone e sguardo da talebano e la principale preoccupazione è “di non venire deportati” ovvero rimandati indietro. Non sanno che la Slovenia, causa virus, ha sospeso i respingimenti dall’Italia. Di nuovo in marcia i migranti tirano un sospiro di sollievo quando vedono un cartello stradale che indica Trieste. Il capetto alza la mano in segno di vittoria urlando da dove viene: “Afghanistan, Baghlan”, una provincia a nord di Kabul. Il 12 maggio sono arrivati in 160 in poche ore, in gran parte afghani e pachistani, il picco giornaliero dall’inizio dell’anno. La riapertura della rotta balcanica sul fronte del Nord Est è iniziata a fine aprile, in vista della fase 2 dell’emergenza virus. A Trieste sono stati rintracciati una media di 40 migranti al giorno. In Bosnia sarebbero in 7500 pronti a partire verso l’Italia. Il gruppetto di afghani viene preso in carico dai militari del reggimento Piemonte Cavalleria schierato sul confine con un centinaio di uomini per l’emergenza virus. Più avanti sullo stradone di ingresso in città, da dove si vede il capoluogo giuliano, la polizia sta intercettando altri migranti. Le volanti con il lampeggiante acceso “scortano” la colonna che si sta ingrossando con decine di giovani stanchi e affamati. Grazie ad un altoparlante viene spiegato in inglese di stare calmi e dirigersi verso il punto di raccolta sul ciglio della strada in attesa degli autobus per portarli via. Gli agenti con le mascherine controllano per prima cosa con i termometri a distanza la temperatura dei clandestini. Poi li perquisiscono uno ad uno e alla fine distribuiscono le mascherine ai migranti. Alla fine li fanno salire sugli autobus dell’azienda comunale dei trasporti cercando di non riempirli troppo per evitare focolai di contagio. “No virus, no virus” sostiene Rahibullah Sadiqi alzando i pollici verso l’alto in segno di vittoria. L’afghano è partito un anno fa dal suo paese e ha camminato per “dodici giorni dalla Bosnia, attraverso la Croazia e la Slovenia fino all’Italia”. Seduto per terra si è levato le scarpe e mostra i piedi doloranti. “I croati mi hanno rimandato indietro nove volte, ma adesso non c’era polizia e siamo passati tutti” spiega sorridendo dopo aver concluso “il gioco”, come i clandestini chiamano l’ultimo tratto della rotta balcanica. “Abbiamo registrato un crollo degli arrivi in marzo e per gran parte di aprile. Poi un’impennata alla fine dello scorso mese fino a metà maggio. L’impressione è che per i paesi della rotta balcanica nello stesso periodo sia avvenuta la fine del lockdown migratorio. In pratica hanno aperto i rubinetti per scaricare il peso dei flussi sull’Italia e sul Friuli-Venezia Giulia in particolare creando una situazione ingestibile anche dal punto di vista sanitario. E’ inaccettabile” spiega l'assessore regionale alla Sicurezza Pierpaolo Roberti, che punta il dito contro la Slovenia. Lorenzo Tamaro, responsabile provinciale del Sindacato autonomo di polizia, denuncia “la carenza d’organico davanti all’emergenza dell’arrivo in massa di immigrati clandestini. Rinnoviamo l’appello per l’invio di uomini in rinforzo alla Polizia di frontiera”. In aprile circa il 30% dei migranti che stazionavano in Serbia è entrato in Bosnia grazie alla crisi pandemica, che ha distolto uomini ed energie dal controllo dei confini. Nella Bosnia occidentale non ci sono più i campi di raccolta, ma i migranti bivaccano nei boschi e passano più facilmente in Croazia dove la polizia ha dovuto gestire l’emergenza virus e pure un terremoto. Sul Carso anche l’esercito impegnato nell’operazione Strade sicure fa il possibile per tamponare l’arrivo dei migranti intercettai pure con i droni. A Fernetti sul valico con la Slovenia hanno montato un grosso tendone mimetico dove vengono portati i nuovi arrivati per i controlli sanitari. Il personale del 118 entra con le protezioni anti virus proprio per controllare che nessuno mostri i sintomi, come febbre e tosse, di un possibile contagio. Il Sap è preoccupato per l’emergenza sanitaria: “Non abbiamo strutture idonee ad accogliere un numero così elevato di persone. Servono più ambienti per poter isolare “casi sospetti” e non mettere a rischio contagio gli operatori di Polizia. Non siamo nemmeno adeguatamente muniti di mezzi per il trasporto dei migranti con le separazioni previste dall’emergenza virus”. Gli agenti impegnati sul terreno non sono autorizzati a parlare, ma a denti stretti ammettono: “Se va avanti così, in vista della bella stagione, la rotta balcanica rischia di esplodere. Saremo travolti dai migranti”. E Trieste potrebbe trasformarsi nella Lampedusa del Nord Est.

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16 febbraio 2007 | Otto e Mezzo | reportage
Foibe, conflitto sulla storia
Foibe, conflitto sulla storia

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05 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
Islam, matrimoni forzati e padri assassini
Nosheen, la ragazza pachi­stana, in coma dopo le spranga­te del fratello, non voleva spo­sarsi con un cugino in Pakistan. Il matrimonio forzato era stato imposto dal padre, che ha ucci­so a colpi di mattone la madre della giovane di 20 anni schiera­ta a fianco della figlia. Se Noshe­e­n avesse chinato la testa il mari­to, scelto nella cerchia familia­re, avrebbe ottenuto il via libera per emigrare legalmente in Ita­lia. La piaga dei matrimoni com­binati nasconde anche questo. E altro: tranelli per rimandare nella patria d’origine le adole­scenti dove le nozze sono già pronte a loro insaputa; e il busi­ness della dote con spose che vengono quantificate in oro o migliaia di euro. Non capita solo nelle comuni­tà musulmane come quelle pa­chistana, marocchina o egizia­na, ma pure per gli indiani e i rom, che sono un mondo a par­te.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
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Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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