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09 agosto 2017 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
L’arma di Delrio: Guardia costiera come taxi dei volontari
Fausto Biloslavo
L\'«arma» per aiutare le Ong ed ostacolare la linea dura del Viminale sull\'emergenza migranti è la Guardia costiera. Sembra un paradosso, ma i 600 mezzi navali dispiegati in 100 porti, con compito anche di soccorso in mare dipendono dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di Graziano Delrio. L\'ex sindaco di Reggio Emilia ha ingaggiato un braccio di ferro con il ministro dell\'Interno, Marco Minniti, sul caso Ong e migranti, che rischiava di far saltare il governo. Il problema è che Delrio è da tempo pro Ong talebane dell\'accoglienza e ha indirizzato la Guardia costiera in tal senso. «La scelta ufficialmente è del Comando generale di inviare le nostre unità navali sempre più avanti verso la Libia e di lavorare al fianco delle Ong. La benedizione politica è del ministro Delrio» spiega una fonte del Giornale all\'interno della Guardia costiera. Delrio ha sempre coccolato il corpo, che formalmente fa parte della Marina militare, come formazione specialistica. «Gli stipendi, però, vengono pagati dal ministero dei Trasporti ed il budget arriva anche da altri dicasteri, non dalla Difesa» sottolinea la fonte. Non a caso la Marina ha sempre mal digerito l\'autonomia della Guardia costiera. Il risultato dell\'indirizzo politico dettato da Delrio ha provocato una specie di «alleanza» con la flotta delle Ong, che di fatto favorisce l\'arrivo di numeri sempre più ingenti di migranti.
Il casus belli si è verificato due giorni fa quando la nave di Medici senza frontiere ha trasbordato un carico di migranti a bordo di un\'unità della Guardia costiera facendo irritare il Viminale. Msf non vuole firmare il codice di condotta per le Ong del ministero dell\'Interno e Delrio ha più volte rilasciato dichiarazioni pubbliche contro il pugno di ferro e la chiusura dei porti alle Organizzazioni umanitarie ribelli.
La linea da «quinta colonna» pro immigrazione dettata dal ministro era chiara fin dalle audizioni parlamentari in primavera. Il comandante della Guardia costiera, ammiraglio Vincenzo Melone, ha sempre rivendicato il controllo della flotta delle Ong nel recuperare i migranti. E ha spiegato in Commissione Difesa che le operazioni di soccorso dei barconi si sono estese «dai 500mila chilometri quadrati di competenza italiana ad un milione e centomila, praticamente metà del Mediterraneo». L\'alto ufficiale ha ribadito che «che le unità navali a nostra disposizione non ce la fanno e dunque dobbiamo chiamare a raccolta chiunque navighi in vicinanza di un evento Sar (ricerca e soccorso), mercantili e navi delle Ong».
In realtà lo stesso rapporto annuale della Guardia costiera dimostra che sono state soprattutto le Ong ad intervenire con l\'aumento del 52% dei soccorsi nel 2016 rispetto all\'anno prima. I grafici delle rotte e posizioni contenuti nel rapporto dimostrano come le navi umanitarie si sono progressivamente spinte verso la Libia sapendo bene che alle spalle avevano le unità della Guardia costiera in supporto per la staffetta dei migranti da sbarcare in Italia. Gran parte delle operazioni di recupero avvengono in stretto coordinamento con il Centro nazionale di soccorso di Roma (Imrcc) della Guardia costiera. Non a caso l\'ammiraglio Melone ha sempre difeso a spada tratta le Ong seguendo la linea di Delrio e ribadendo che non costituiscono un fattore di attrazione per i trafficanti. Ora che i nodi sono venuti al pettine con il contrasto evidente all\'interno del governo e la magistratura ha scoperto la punta dell\'iceberg delle collusioni fra Ong e scafisti aumentano sempre più i dubbi sul ruolo della Guardia costiera sottoposta ad ordini politici ben precisi.
[continua]

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06 giugno 2017 | Sky TG 24 | reportage
Terrorismo da Bologna a Londra
Fausto Biloslavo "Vado a fare il terrorista” è l’incredibile affermazione di Youssef Zaghba, il terzo killer jihadista del ponte di Londra, quando era stato fermato il 15 marzo dello scorso anno all’aeroporto Marconi di Bologna. Il ragazzo nato nel 1995 a Fez, in Marocco, ma con il passaporto italiano grazie alla madre Khadija (Valeria) Collina, aveva in tasca un biglietto di sola andata per Istanbul e uno zainetto come bagaglio. Il futuro terrorista voleva raggiungere la Siria per arruolarsi nello Stato islamico. Gli agenti di polizia in servizio allo scalo Marconi lo hanno fermato proprio perché destava sospetti. Nonostante sul cellulare avesse materiale islamico di stampo integralista è stato lasciato andare ed il tribunale del riesame gli ha restituito il telefonino ed il computer sequestrato in casa, prima di un esame approfondito dei contenuti. Le autorità inglesi hanno rivelato ieri il nome del terzo uomo sostenendo che non “era di interesse” né da parte di Scotland Yard, né per l’MI5, il servizio segreto interno. Il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, ha dichiarato a Radio 24, che "venne segnalato a Londra come possibile sospetto”. E sarebbero state informate anche le autorità marocchine, ma una fonte del Giornale, che ha accesso alle banche dati rivela “che non era inserito nella lista dei sospetti foreign fighter, unica per tutta Europa”. Non solo: Il Giornale è a conoscenza che Zaghba, ancora minorenne, era stato fermato nel 2013 da solo, a Bologna per un controllo delle forze dell’ordine senza esiti particolari. Il procuratore capo ha confermato che l’italo marocchino "in un anno e mezzo, è venuto 10 giorni in Italia ed è stato sempre seguito dalla Digos di Bologna. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare, ma non c'erano gli elementi di prova che lui fosse un terrorista. Era un soggetto sospettato per alcune modalità di comportamento". Presentarsi come aspirante terrorista all’imbarco a Bologna per Istanbul non è poco, soprattutto se, come aveva rivelato la madre alla Digos “mi aveva detto che voleva andare a Roma”. Il 15 marzo dello scorso anno il procuratore aggiunto di Bologna, Valter Giovannini, che allora dirigeva il pool anti terrorismo si è occupato del caso disponendo un fermo per identificazione al fine di accertare l’identità del giovane. La Digos ha contattato la madre, che è venuta a prenderlo allo scalo ammettendo: "Non lo riconosco più, mi spaventa. Traffica tutto il giorno davanti al computer per vedere cose strane” ovvero filmati jihadisti. La procura ha ordinato la perquisizione in casa e sequestrato oltre al cellulare, alcune sim ed il pc. La madre si era convertita all’Islam quando ha sposato Mohammed il padre marocchino del terrorista che risiede a Casablanca. Prima del divorzio hanno vissuto a lungo in Marocco. Poi la donna è tornata casa nella frazione di Fagnano di Castello di Serravalle, in provincia di Bologna. Il figlio jihadista aveva trovato lavoro a Londra, ma nella capitale inglese era entrato in contatto con la cellula di radicali islamici, che faceva riferimento all’imam, oggi in carcere, Anjem Choudary. Il timore è che il giovane italo-marocchino possa essere stato convinto a partire per la Siria da Sajeel Shahid, luogotenente di Choudary, nella lista nera dell’ Fbi e sospettato di aver addestrato in Pakistan i terroristi dell’attacco alla metro di Londra del 2005. "Prima di conoscere quelle persone non si era mai comportato in maniera così strana” aveva detto la madre alla Digos. Il paradosso è che nessuna legge permetteva di trattenere a Bologna il sospetto foreign fighter ed il tribunale del riesame ha accolto l’istanza del suo avvocato di restituirgli il materiale elettronico sequestrato. “Nove su dieci, in questi casi, la richiesta non viene respinte” spiega una fonte del Giornale, che conosce bene la vicenda. Non esiste copia del materiale trovato, che secondo alcune fonti erano veri e propri proclami delle bandiere nere. E non è stato possibile fare un esame più approfondito per individuare i contatti del giovane. Il risultato è che l’italo-marocchino ha potuto partecipare alla mattanza del ponte di Londra. Parenti e vicini cadono dalle nuvole. La zia acquisita della madre, Franca Lambertini, non ha dubbi: “Era un bravo ragazzo, l'ultima volta che l'ho visto mi ha detto “ciao zia”. Non avrei mai pensato a una cosa del genere".

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04 luglio 2012 | Telefriuli | reportage
Conosciamoci
Giornalismo di guerra e altro.

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23 aprile 2012 | Premio Lago | reportage
Il premio Giorgio Lago: Arte, impresa, giornalismo, volontariato del Nord Est
Motivazione della Giuria: Giornalista di razza. Sempre sulla notizia, esposto in prima persona nei vari teatri di guerra del mondo. Penna sottile, attenta, con un grande amore per la verità raccontata a narrare le diverse vicende dell’uomo.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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