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01 ottobre 2017 - Attualità - Italia - Il Giornale
La Libia è quasi blindata ma si apre la rotta dall’Algeria alla Sardegna
A ltro che sbarchi fantasma: La nuova rotta dei migranti parte dall\\\'Algeria e arriva in Sardegna con un tragitto ancora più breve, rispetto alla Libia. Non solo: le traversate vengono ampiamente pubblicizzate sulla pagina Facebook «Haraga Dz», dal nome dei clandestini che partono dal Nord Africa per arrivare in Europa. Le nuove rotte, dopo il parziale stop libico, riguardano anche le isole greche dell\\\'Egeo e addirittura il Mar Nero dove il 22 settembre è affondato un barcone con 38 migranti a bordo (4 i morti).
L\\\'eurodeputato di Forza Italia Stefano Maullu ha lanciato l\\\'allarme: «Il silenzio del governo è davvero imbarazzante. Dopo aver gongolato per un calo degli sbarchi si ignora completamente una delle rotte più allarmanti, quella che conduce dall\\\'Algeria alle coste della Sardegna. In pochi giorni gli sbarchi sono stati centinaia e dall\\\'inizio di agosto gli arrivi sono aumentati a dismisura».
Il ministro dell\\\'Interno, Marco Minniti, è volato ad Algeri, per chiedere alle autorità di stroncare sul nascere la nuova rotta, ma i risultati, per ora, non si vedono. I barchini per Sardegna partono da Hannaba, in Algeria oppure da Sfax in Tunisia. La guardia costiera tunisina ha fermato in settembre 550 migranti che stavano prendendo il mare.
L\\\'aspetto paradossale è che la nuova rotta viene pubblicizzata su Facebook alimentando nuove partenze. Sulla pagina «Haraga Dz» giovedì pomeriggio è stato postato un video di un barchino bloccato in mezzo la mare con il seguente commento: «Si è rotto il motore. Hanno passato 5 ore a 30 chilometri dalla Sardegna, ma grazie ad Allah sono arrivati e stanno tutti bene». Un altro video mostra un gruppo di algerini che cantano felici arrivando sull\\\'isola. Alcune foto mostrano barchini stracarichi con il post: «Partenza di diverse barche ieri notte verso l\\\'Italia». L\\\'ennesimo post con un immagine di colomba bianca della pace fornisce il numero romano del centro di soccorso della guardia costiera. In evidenza anche il cellulare che fin dai primi arrivi via mare dei siriani nel 2013 corrispondeva a Nawal Soufi, soprannominata Lady Sos. Una trentenne marocchina di Catania, che riceve le chiamate di emergenza dai barconi verso l\\\'Italia e passa le coordinate alle Capitanerie lanciando i soccorsi. In pratica favorisce l\\\'arrivo della merce umana e nessuno sembra chiedersi se è legale. Anzi, le edizioni Paoline le hanno dedicato addirittura un libro, che già dal titolo non lascia dubbi: Nawal, l\\\'angelo dei profughi. Dopo lo stop degli arrivi dalla Libia sembra essersi riattivata sulla nova rotta Algeria-Sardegna.
Da agosto, quando è temporaneamente diminuito il flusso dalla Libia, è stata registrata una media di 200 arrivi al giorno sulle isole greche. Oltre 6.000 persone sono sbarcate dallo scorso mese e si stima che il 40% siano minori. In questo caso la maggioranza è composta da profughi provenienti dall\\\'Irak o dalla Siria. In Libia sono pure diminuiti gli arrivi dal Niger, porta d\\\'ingresso dei migranti diretti verso l\\\'Italia. Secondo il ministro degli Esteri, Angelino Alfano i transiti sarebbero crollati da 70mila a 4mila persone.

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14 maggio 2020 | Tg5 | reportage
Trieste, Lampedusa del Nord Est
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il gruppetto è seduto sul bordo della strada asfaltata. Tutti maschi dai vent’anni in su, laceri, sporchi e inzuppati di pioggia sembrano sfiniti, ma chiedono subito “dov’è Trieste?”. Un chilometro più indietro passa il confine con la Slovenia. I migranti illegali sono appena arrivati, dopo giorni di marcia lungo la rotta balcanica. Non sembra il Carso triestino, ma la Bosnia nord occidentale da dove partono per arrivare a piedi in Italia. Scarpe di ginnastica, tute e qualche piumino non hanno neanche uno zainetto. Il più giovane è il capetto della decina di afghani, che abbiamo intercettato prima della polizia. Uno indossa una divisa mimetica probabilmente bosniaca, un altro ha un barbone e sguardo da talebano e la principale preoccupazione è “di non venire deportati” ovvero rimandati indietro. Non sanno che la Slovenia, causa virus, ha sospeso i respingimenti dall’Italia. Di nuovo in marcia i migranti tirano un sospiro di sollievo quando vedono un cartello stradale che indica Trieste. Il capetto alza la mano in segno di vittoria urlando da dove viene: “Afghanistan, Baghlan”, una provincia a nord di Kabul. Il 12 maggio sono arrivati in 160 in poche ore, in gran parte afghani e pachistani, il picco giornaliero dall’inizio dell’anno. La riapertura della rotta balcanica sul fronte del Nord Est è iniziata a fine aprile, in vista della fase 2 dell’emergenza virus. A Trieste sono stati rintracciati una media di 40 migranti al giorno. In Bosnia sarebbero in 7500 pronti a partire verso l’Italia. Il gruppetto di afghani viene preso in carico dai militari del reggimento Piemonte Cavalleria schierato sul confine con un centinaio di uomini per l’emergenza virus. Più avanti sullo stradone di ingresso in città, da dove si vede il capoluogo giuliano, la polizia sta intercettando altri migranti. Le volanti con il lampeggiante acceso “scortano” la colonna che si sta ingrossando con decine di giovani stanchi e affamati. Grazie ad un altoparlante viene spiegato in inglese di stare calmi e dirigersi verso il punto di raccolta sul ciglio della strada in attesa degli autobus per portarli via. Gli agenti con le mascherine controllano per prima cosa con i termometri a distanza la temperatura dei clandestini. Poi li perquisiscono uno ad uno e alla fine distribuiscono le mascherine ai migranti. Alla fine li fanno salire sugli autobus dell’azienda comunale dei trasporti cercando di non riempirli troppo per evitare focolai di contagio. “No virus, no virus” sostiene Rahibullah Sadiqi alzando i pollici verso l’alto in segno di vittoria. L’afghano è partito un anno fa dal suo paese e ha camminato per “dodici giorni dalla Bosnia, attraverso la Croazia e la Slovenia fino all’Italia”. Seduto per terra si è levato le scarpe e mostra i piedi doloranti. “I croati mi hanno rimandato indietro nove volte, ma adesso non c’era polizia e siamo passati tutti” spiega sorridendo dopo aver concluso “il gioco”, come i clandestini chiamano l’ultimo tratto della rotta balcanica. “Abbiamo registrato un crollo degli arrivi in marzo e per gran parte di aprile. Poi un’impennata alla fine dello scorso mese fino a metà maggio. L’impressione è che per i paesi della rotta balcanica nello stesso periodo sia avvenuta la fine del lockdown migratorio. In pratica hanno aperto i rubinetti per scaricare il peso dei flussi sull’Italia e sul Friuli-Venezia Giulia in particolare creando una situazione ingestibile anche dal punto di vista sanitario. E’ inaccettabile” spiega l'assessore regionale alla Sicurezza Pierpaolo Roberti, che punta il dito contro la Slovenia. Lorenzo Tamaro, responsabile provinciale del Sindacato autonomo di polizia, denuncia “la carenza d’organico davanti all’emergenza dell’arrivo in massa di immigrati clandestini. Rinnoviamo l’appello per l’invio di uomini in rinforzo alla Polizia di frontiera”. In aprile circa il 30% dei migranti che stazionavano in Serbia è entrato in Bosnia grazie alla crisi pandemica, che ha distolto uomini ed energie dal controllo dei confini. Nella Bosnia occidentale non ci sono più i campi di raccolta, ma i migranti bivaccano nei boschi e passano più facilmente in Croazia dove la polizia ha dovuto gestire l’emergenza virus e pure un terremoto. Sul Carso anche l’esercito impegnato nell’operazione Strade sicure fa il possibile per tamponare l’arrivo dei migranti intercettai pure con i droni. A Fernetti sul valico con la Slovenia hanno montato un grosso tendone mimetico dove vengono portati i nuovi arrivati per i controlli sanitari. Il personale del 118 entra con le protezioni anti virus proprio per controllare che nessuno mostri i sintomi, come febbre e tosse, di un possibile contagio. Il Sap è preoccupato per l’emergenza sanitaria: “Non abbiamo strutture idonee ad accogliere un numero così elevato di persone. Servono più ambienti per poter isolare “casi sospetti” e non mettere a rischio contagio gli operatori di Polizia. Non siamo nemmeno adeguatamente muniti di mezzi per il trasporto dei migranti con le separazioni previste dall’emergenza virus”. Gli agenti impegnati sul terreno non sono autorizzati a parlare, ma a denti stretti ammettono: “Se va avanti così, in vista della bella stagione, la rotta balcanica rischia di esplodere. Saremo travolti dai migranti”. E Trieste potrebbe trasformarsi nella Lampedusa del Nord Est.

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10 giugno 2008 | TG3 regionale | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /1
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non dimentica i vecchi amici scomparsi. Il 10 giugno ha visitato a Bolzano la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” dedicata ad Almerigo Grilz. La mostra è stata organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti. Gli ho illustrato le immagini forti raccolte in 25 anni di reportage assieme ad Almerigo e Gian Micalessin. La Russa ha ricordato quando "sono andato a prendere Fausto e Almerigo al ritorno da uno dei primi reportage con la mia vecchia 500 in stazione a Milano. Poco dopo li hanno ricoverati tutti e due per qualche malattia". Era il 1983, il primo reportage in Afghanistan e avevamo beccato l'epatite mangiando la misera sbobba dei mujaheddin, che combattevano contro le truppe sovietiche.

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05 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
Islam, matrimoni forzati e padri assassini
Nosheen, la ragazza pachi­stana, in coma dopo le spranga­te del fratello, non voleva spo­sarsi con un cugino in Pakistan. Il matrimonio forzato era stato imposto dal padre, che ha ucci­so a colpi di mattone la madre della giovane di 20 anni schiera­ta a fianco della figlia. Se Noshe­e­n avesse chinato la testa il mari­to, scelto nella cerchia familia­re, avrebbe ottenuto il via libera per emigrare legalmente in Ita­lia. La piaga dei matrimoni com­binati nasconde anche questo. E altro: tranelli per rimandare nella patria d’origine le adole­scenti dove le nozze sono già pronte a loro insaputa; e il busi­ness della dote con spose che vengono quantificate in oro o migliaia di euro. Non capita solo nelle comuni­tà musulmane come quelle pa­chistana, marocchina o egizia­na, ma pure per gli indiani e i rom, che sono un mondo a par­te.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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