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07 giugno 2018 - Atttualità - Italia - Il Giornale
Il primo passo di Salvini: mai più irregolari a spasso
Fausto Biloslavo
Il ministro dell\'Interno, Matteo Salvini, vuole mettere sotto chiave i clandestini che vanno prima identificati e poi rimpatriati. «Ho parlato con tutti i governatori leghisti (della Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia, ndr) - ha detto Salvini - Non vedono l\'ora di avere dei centri chiusi dove la gente non vada a spasso nelle città e che consentano di espellere chi va espulso. Senza i centri non si rimpatria nessuno».
I famosi Cie, Centri di identificazione ed espulsione, che con Marco Minniti al Viminale sono diventati Centri di primo rimpatrio, sono ancora pochi (solo 5 agli inizi del 2018). Minniti aveva previsto un Cie per regione, ma proprio gli amministratori locali non erano felici. I Cie esistenti sono già strutture chiuse dove gli «ospiti» di fatto vengono detenuti fino all\' identificazione ed eventuale espulsione. Oltre a queste strutture ci sono svariati Centri di accoglienza per i migranti in parte trasformati in hotspot dal 2015. Strutture in gran parte aperte, che ospitano il grosso dei migranti. «Un conto sono dei centri aperti, un conto sono quelli chiusi. La gente non vuole avere dei punti dove uno esce alle 8 del mattino, rientra alle 10 la sera e durante il giorno non si sa cosa fa e fa casino» ha spiegato Salvini. Il problema è che il migrante per venire considerato clandestino va prima identificato con l\'avallo del Paese di provenienza, che poi dovrebbe riprenderselo grazie alle espulsioni. Solo con la Tunisia esiste un accordo solido di questo genere che comporta una media di 80 rimpatri alla settimana, anche se stiamo parlando di meno della metà degli sbarcati. «È evidente che ci sono alcuni Paesi africani con grossi problemi anagrafici e 2-3 mesi non sono sufficienti per identificare queste persone. Serve più tempo» ha spiegato il neo ministro dell\'Interno.
L\'altro fronte, in vista dell\'estate, è quello degli arrivi dalla Libia, dalla Tunisia e anche dall\'Algeria. Ieri sono sbarcati 40 algerini direttamente in Sardegna. Dall\'inizio dell\'anno, nonostante il 77,5% in meno rispetto allo stesso periodo del 2017, sono arrivati in Italia 13.768 migranti in gran parte senza alcun diritto all\'asilo. Il grosso, 9372, continua a partire dalla Libia. Fino al 20 maggio le navi delle Ong ne hanno portato in Italia 7087. La novità, come rivela un\'inchiesta del settimanale Panorama in edicola, è che la Guardia costiera libica ha intercettato nello stesso periodo 6259 migranti, un numero quasi equivalente, riportandoli indietro.
Per risolvere il problema basterebbe rafforzare il codice Minniti obbligando le Ong a non intralciare le operazioni dei libici nella fascia di 80 miglia dalla costa dichiarata area di ricerca e soccorso (Sar) da Tripoli. Non solo: i migranti recuperati dagli umanitari dovrebbero venir sbarcati nel porto sicuro più vicino, ovvero in Tunisia. L\'Unione europea può convincere il governo di Tunisi ad accogliere i migranti, prima del rimpatrio se clandestini, stipulando un accordo sulla falsariga di quello con la Turchia che ha chiuso la rotta balcanica. Il personale e le unità navali di Frontex, l\'agenzia europea per le frontiere esterne, potrebbero dare man forte a rendere possibile queste misure che bloccherebbero definitivamente il traffico di esseri umani. 
[continua]

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07 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Parla il sopravvissuto al virus
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il sopravvissuto sta sbucciando un’arancia seduto sul letto di ospedale, come se non fosse rispuntato da poco dall’anticamera dell’inferno. Maglietta grigia, speranza dipinta negli occhi, Giovanni Ziliani è stato dimesso mercoledì, per tornare a casa. Quarantadue anni, atleta e istruttore di arti marziali ai bambini, il 10 marzo ha iniziato a stare male nella sua città, Cremona. Cinque giorni dopo è finito in terapia intensiva. Dalla Lombardia l’hanno trasferito a Trieste, dove un tubo in gola gli pompava aria nei polmoni devastati dall’infezione. Dopo 17 giorni di calvario è tornato a vivere, non più contagioso. Cosa ricorda di questa discesa all’inferno? “Non volevo dormire perchè avevo paura di smettere di respirare. Ricordo il tubo in gola, come dovevo convivere con il dolore, gli sforzi di vomito ogni volta che cercavo di deglutire. E gli occhi arrossati che bruciavano. Quando mi sono svegliato, ancora intubato, ero spaventato, disorientato. La sensazione è di impotenza sul proprio corpo. Ti rendi conto che dipendi da fili, tubi, macchine. E che la cosa più naturale del mondo, respirare, non lo è più”. Dove ha trovato la forza? “Mi sono aggrappato alla famiglia, ai valori veri. Al ricordo di mia moglie, in cinta da otto mesi e di nostra figlia di 7 anni. Ti aggrappi a quello che conta nella vita. E poi c’erano gli angeli in tuta bianca che mi hanno fatto rinascere”. Gli operatori sanitari dell’ospedale? “Sì, medici ed infermieri che ti aiutano e confortano in ogni modo. Volevo comunicare, ma non ci riuscivo perchè avevo un tubo in gola. Hanno provato a farmi scrivere, ma ero talmente debole che non ero in grado. Allora mi hanno portato un foglio plastificato con l’alfabeto e digitavo le lettere per comporre le parole”. Il momento che non dimenticherà mai? “Quando mi hanno estubato. E’ stata una festa. E quando ero in grado di parlare la prima cosa che hanno fatto è una chiamata in viva voce con mia moglie. Dopo tanti giorni fra la vita e la morte è stato un momento bellissimo”. Come ha recuperato le forze? “Sono stato svezzato come si fa con i vitellini. Dopo tanto tempo con il sondino per l’alimentazione mi hanno somministrato in bocca del tè caldo con una piccola siringa. Non ero solo un paziente che dovevano curare. Mi sono sentito accudito”. Come è stato infettato? “Abbiamo preso il virus da papà, che purtroppo non ce l’ha fatta. Mio fratello è intubato a Varese non ancora fuori pericolo”. E la sua famiglia? “Moglie e figlia di 7 anni per fortuna sono negative. La mia signora è in attesa di Gabriele che nascerà fra un mese. Ed io sono rinato a Trieste”. Ha pensato di non farcela? “Ero stanco di stare male con la febbre sempre a 39,6. Speravo di addormentarmi in terapia intensiva e di risvegliarmi guarito. Non è andata proprio in questo modo, ma è finita così: una vittoria per tutti”.

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16 marzo 2012 | Terra! | reportage
Feriti d'Italia
Fausto Biloslavo racconta le storie di alcuni soldati italiani feriti nel corso delle guerre in Afghanistan e Iraq. Realizzato per il programma "Terra" (Canale 5).

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18 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
L'Islam nelle carceri
Sono circa 10mila i detenuti musulmani nelle carceri italiane. Soprattutto marocchini, tunisini algerini, ma non manca qualche afghano o iracheno. Nella stragrande maggioranza delinquenti comuni che si aggrappano alla fede per sopravvivere dietro le sbarre. Ma il pericolo del radicalismo islamico è sempre in agguato. Circa 80 detenuti musulmani con reati di terrorismo sono stati concentrati in quattro carceri: Macomer, Asti, Benevento e Rossano. Queste immagini esclusive mostrano la preghiera verso la Mecca nella sezione di Alta sicurezza 2 del carcere sardo di Macomer. Dove sono isolati personaggi come il convertito francese Raphael Gendron arrestato a Bari nel 2008 e Adel Ben Mabrouk uno dei tre tunisini catturati in Afghanistan, internati a Guantanamo e mandati in Italia dalla Casa Bianca. “Ci insultano per provocare lo scontro dandoci dei fascisti, razzisti, servi degli americani. Una volta hanno esultato urlando Allah o Akbar, quando dei soldati italiani sono morti in un attentato in Afghanistan” denunciano gli agenti della polizia penitenziaria. Nel carcere penale di Padova sono un centinaio i detenuti comuni musulmani che seguono le regole islamiche guidati dall’Imam fai da te Enhaji Abderrahman Fra i detenuti comuni non mancano storie drammatiche di guerra come quella di un giovane iracheno raccontata dall’educatrice del carcere Cinzia Sattin, che ha l’incubo di saltare in aria come la sua famiglia a causa di un attacco suicida. L’amministrazione penitenziaria mette a disposizione degli spazi per la preghiera e fornisce il vitto halal, secondo le regole musulmane. La fede nell’Islam serve a sopportare la detenzione. Molti condannano il terrorismo, ma c’è anche dell’altro....

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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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