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13 novembre 2018 - Prima - Italia - Il Giornale
Quell’anello ritrovato che ci lega agli eroi dela guerra di Russia
Fausto Biloslavo
Una fede, pegno d\\\'amore per sempre e un altro anello riapparsi nella valle della morte, dove giacciono ancora i resti di tanti soldati italiani caduti nella ritirata di Russia durante la Seconda guerra mondiale. Due ricercatori per passione, che vanno sul posto e poi si immergono negli archivi partendo dalla dedica della sposa incisa sull\\\'anello nuziale. Alla fine, dopo 76 anni, il filo della storia permette di individuare il proprietario degli anelli, il tenente colonnello Gaetano Sacco disperso in Russia la vigilia di Natale del 1942. E sua nipote Cecilia, che finalmente ha riavuto la fede del nonno mai tornato a casa.
«Vicino agli anelli c\\\'erano le ossa delle tre dita di una mano. Penso che i resti terreni dell\\\'ufficiale e dei suoi artiglieri siano ancora nella valle della morte dove si sono sacrificati per permettere a migliaia di soldati italiani in ritirata dal fronte del Don di uscire dalla sacca dell\\\'Armata Rossa» spiega Giovanni Di Girolamo a il Giornale. Un ricercatore per passione, che assieme a Edoardo Chiappafreddo ha riportato in vita la storia dimenticata e valorosa del tenente colonnello Sacco, comandante del II gruppo del 52° reggimento di artiglieria della Divisione Torino.
Gli anelli sono stati trovati anni fa nei pressi del villaggio di Arbuzovka da alcuni russi, ma nessuno aveva idea a chi appartenessero. Nel dicembre del 1942 l\\\'Armata Rossa stava chiudendo il cerchio attorno alle truppe tedesche e dell\\\'Armir in ritirata. Ad Arbuzovka si è combattuta una disperata battaglia per sfuggire dalla sacca.
«Un anno e mezzo fa i russi mi hanno segnalato il ritrovamento degli anelli. Una fede matrimoniale e un anello personale che riporta le iniziali di un nome. Sull\\\'anello nuziale è incisa una dedica: «Da Cecilia a Tanino, 22 luglio 1926» racconta Di Girolamo. La ricerca per arrivare al proprietario è una missione quasi impossibile. Nell\\\'Italia meridionale Tanino è spesso il nomignolo di Gaetano e il militare italiano doveva avere fra i 35 ed i 50 anni durante la battaglia di Arbuzovka. 
«La ricerca è stata condotta su nominativi di caduti, dispersi e reduci verificando il più possibile atti di nascita e di matrimonio presso le banche dati del ministero della Difesa, degli archivi di Stato e delle anagrafi comunali» sottolinea Di Girolamo. «Alla fine siamo riusciti ad appurare che il possessore degli anelli era il tenente colonnello Sacco ufficialmente disperso il 24 dicembre 1942 nell\\\'assedio di Arbuzovka» dichiara con orgoglio il ricercatore, che sta per pubblicare un libro sulla campagna di Russia. L\\\'anagrafe di Buccino, in provincia di Salerno, dove era nato l\\\'artigliere ha confermato che Gaetano Sacco sposò Cecilia Mininni il 22 luglio 1926. A Bari è stata rintracciata la nipote dell\\\'ufficiale, che ha il nome della nonna. «Ho provato immensa gioia, ma anche grande stupore quando gli anelli sono tornati a casa dopo 76 anni. E rammarico: mio padre che aveva sempre cercato notizie del nonno senza successo era appena scomparso da due mesi» dichiara Cecilia Sacco a il Giornale. Un altro nipote, Emanuele Barba, ha raccontato al ricercatore Chiappafreddo: «Ero a Milano nel 1942 e sono stato l\\\'ultimo a vedere lo zio. Avevo 11 anni, ma ricordo benissimo zio Tanino affacciato al finestrino del vagone (diretto in Russia nda), che raccomandava a papà di prendersi cura della moglie Cecilia».
Dopo 75 anni i ricercatori hanno scoperto relazioni e testimonianze, che descrivono il valore del tenente colonello e della sua unità di artiglieri costretti a combattere nella neve alta mezzo metro e a dormire sotto i mezzi a - 40 gradi. Nella famigerata valle della morte di Arbuzovka «morti e feriti giacevano distesi accanto alle isbe o sulle piste. Migliaia di italiani rimasero all\\\'addiaccio e molti morirono assiderati» spiega Di Girolamo.
Sotto una valanga di razzi katyuscha, i famigerati organi di Stalin, il reparto al comando di Sacco si immolò per permettere al grosso degli italiani di uscire dalla sacca marciando verso il caposaldo di Chertkovo. Nessuno sa con certezza se il tenente colonello sia stato ucciso nei due giorni di furiosa battaglia fra il 21 e 23 dicembre o fatto prigioniero per poi perire in un lager sovietico. Le ossa trovate accanto agli anelli fanno pensare ad una morte in combattimento fatto a pezzi dalle armi pesanti dei russi. «Onor caduti ha scavato nella zona, ma non nel punto dove sono stati trovati gli anelli per mancanza di fondi. L\\\'obiettivo è di tornare a scavare per riesumare i resti» osserva Di Girolamo. Il 4 dicembre si terrà una cerimonia per la consegna ufficiale degli anelli alla nipote al sacrario dei caduti d\\\'Oltremare di Bari. Un modo per far rivivere il tenente colonnello Sacco e non dimenticare il sacrificio dell\\\'ufficiale e dei suo uomini.
www.gliocchidellaguerra.it
[continua]

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07 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Parla il sopravvissuto al virus
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il sopravvissuto sta sbucciando un’arancia seduto sul letto di ospedale, come se non fosse rispuntato da poco dall’anticamera dell’inferno. Maglietta grigia, speranza dipinta negli occhi, Giovanni Ziliani è stato dimesso mercoledì, per tornare a casa. Quarantadue anni, atleta e istruttore di arti marziali ai bambini, il 10 marzo ha iniziato a stare male nella sua città, Cremona. Cinque giorni dopo è finito in terapia intensiva. Dalla Lombardia l’hanno trasferito a Trieste, dove un tubo in gola gli pompava aria nei polmoni devastati dall’infezione. Dopo 17 giorni di calvario è tornato a vivere, non più contagioso. Cosa ricorda di questa discesa all’inferno? “Non volevo dormire perchè avevo paura di smettere di respirare. Ricordo il tubo in gola, come dovevo convivere con il dolore, gli sforzi di vomito ogni volta che cercavo di deglutire. E gli occhi arrossati che bruciavano. Quando mi sono svegliato, ancora intubato, ero spaventato, disorientato. La sensazione è di impotenza sul proprio corpo. Ti rendi conto che dipendi da fili, tubi, macchine. E che la cosa più naturale del mondo, respirare, non lo è più”. Dove ha trovato la forza? “Mi sono aggrappato alla famiglia, ai valori veri. Al ricordo di mia moglie, in cinta da otto mesi e di nostra figlia di 7 anni. Ti aggrappi a quello che conta nella vita. E poi c’erano gli angeli in tuta bianca che mi hanno fatto rinascere”. Gli operatori sanitari dell’ospedale? “Sì, medici ed infermieri che ti aiutano e confortano in ogni modo. Volevo comunicare, ma non ci riuscivo perchè avevo un tubo in gola. Hanno provato a farmi scrivere, ma ero talmente debole che non ero in grado. Allora mi hanno portato un foglio plastificato con l’alfabeto e digitavo le lettere per comporre le parole”. Il momento che non dimenticherà mai? “Quando mi hanno estubato. E’ stata una festa. E quando ero in grado di parlare la prima cosa che hanno fatto è una chiamata in viva voce con mia moglie. Dopo tanti giorni fra la vita e la morte è stato un momento bellissimo”. Come ha recuperato le forze? “Sono stato svezzato come si fa con i vitellini. Dopo tanto tempo con il sondino per l’alimentazione mi hanno somministrato in bocca del tè caldo con una piccola siringa. Non ero solo un paziente che dovevano curare. Mi sono sentito accudito”. Come è stato infettato? “Abbiamo preso il virus da papà, che purtroppo non ce l’ha fatta. Mio fratello è intubato a Varese non ancora fuori pericolo”. E la sua famiglia? “Moglie e figlia di 7 anni per fortuna sono negative. La mia signora è in attesa di Gabriele che nascerà fra un mese. Ed io sono rinato a Trieste”. Ha pensato di non farcela? “Ero stanco di stare male con la febbre sempre a 39,6. Speravo di addormentarmi in terapia intensiva e di risvegliarmi guarito. Non è andata proprio in questo modo, ma è finita così: una vittoria per tutti”.

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06 giugno 2017 | Sky TG 24 | reportage
Terrorismo da Bologna a Londra
Fausto Biloslavo "Vado a fare il terrorista” è l’incredibile affermazione di Youssef Zaghba, il terzo killer jihadista del ponte di Londra, quando era stato fermato il 15 marzo dello scorso anno all’aeroporto Marconi di Bologna. Il ragazzo nato nel 1995 a Fez, in Marocco, ma con il passaporto italiano grazie alla madre Khadija (Valeria) Collina, aveva in tasca un biglietto di sola andata per Istanbul e uno zainetto come bagaglio. Il futuro terrorista voleva raggiungere la Siria per arruolarsi nello Stato islamico. Gli agenti di polizia in servizio allo scalo Marconi lo hanno fermato proprio perché destava sospetti. Nonostante sul cellulare avesse materiale islamico di stampo integralista è stato lasciato andare ed il tribunale del riesame gli ha restituito il telefonino ed il computer sequestrato in casa, prima di un esame approfondito dei contenuti. Le autorità inglesi hanno rivelato ieri il nome del terzo uomo sostenendo che non “era di interesse” né da parte di Scotland Yard, né per l’MI5, il servizio segreto interno. Il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, ha dichiarato a Radio 24, che "venne segnalato a Londra come possibile sospetto”. E sarebbero state informate anche le autorità marocchine, ma una fonte del Giornale, che ha accesso alle banche dati rivela “che non era inserito nella lista dei sospetti foreign fighter, unica per tutta Europa”. Non solo: Il Giornale è a conoscenza che Zaghba, ancora minorenne, era stato fermato nel 2013 da solo, a Bologna per un controllo delle forze dell’ordine senza esiti particolari. Il procuratore capo ha confermato che l’italo marocchino "in un anno e mezzo, è venuto 10 giorni in Italia ed è stato sempre seguito dalla Digos di Bologna. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare, ma non c'erano gli elementi di prova che lui fosse un terrorista. Era un soggetto sospettato per alcune modalità di comportamento". Presentarsi come aspirante terrorista all’imbarco a Bologna per Istanbul non è poco, soprattutto se, come aveva rivelato la madre alla Digos “mi aveva detto che voleva andare a Roma”. Il 15 marzo dello scorso anno il procuratore aggiunto di Bologna, Valter Giovannini, che allora dirigeva il pool anti terrorismo si è occupato del caso disponendo un fermo per identificazione al fine di accertare l’identità del giovane. La Digos ha contattato la madre, che è venuta a prenderlo allo scalo ammettendo: "Non lo riconosco più, mi spaventa. Traffica tutto il giorno davanti al computer per vedere cose strane” ovvero filmati jihadisti. La procura ha ordinato la perquisizione in casa e sequestrato oltre al cellulare, alcune sim ed il pc. La madre si era convertita all’Islam quando ha sposato Mohammed il padre marocchino del terrorista che risiede a Casablanca. Prima del divorzio hanno vissuto a lungo in Marocco. Poi la donna è tornata casa nella frazione di Fagnano di Castello di Serravalle, in provincia di Bologna. Il figlio jihadista aveva trovato lavoro a Londra, ma nella capitale inglese era entrato in contatto con la cellula di radicali islamici, che faceva riferimento all’imam, oggi in carcere, Anjem Choudary. Il timore è che il giovane italo-marocchino possa essere stato convinto a partire per la Siria da Sajeel Shahid, luogotenente di Choudary, nella lista nera dell’ Fbi e sospettato di aver addestrato in Pakistan i terroristi dell’attacco alla metro di Londra del 2005. "Prima di conoscere quelle persone non si era mai comportato in maniera così strana” aveva detto la madre alla Digos. Il paradosso è che nessuna legge permetteva di trattenere a Bologna il sospetto foreign fighter ed il tribunale del riesame ha accolto l’istanza del suo avvocato di restituirgli il materiale elettronico sequestrato. “Nove su dieci, in questi casi, la richiesta non viene respinte” spiega una fonte del Giornale, che conosce bene la vicenda. Non esiste copia del materiale trovato, che secondo alcune fonti erano veri e propri proclami delle bandiere nere. E non è stato possibile fare un esame più approfondito per individuare i contatti del giovane. Il risultato è che l’italo-marocchino ha potuto partecipare alla mattanza del ponte di Londra. Parenti e vicini cadono dalle nuvole. La zia acquisita della madre, Franca Lambertini, non ha dubbi: “Era un bravo ragazzo, l'ultima volta che l'ho visto mi ha detto “ciao zia”. Non avrei mai pensato a una cosa del genere".

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10 giugno 2008 | TG3 regionale | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /1
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non dimentica i vecchi amici scomparsi. Il 10 giugno ha visitato a Bolzano la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” dedicata ad Almerigo Grilz. La mostra è stata organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti. Gli ho illustrato le immagini forti raccolte in 25 anni di reportage assieme ad Almerigo e Gian Micalessin. La Russa ha ricordato quando "sono andato a prendere Fausto e Almerigo al ritorno da uno dei primi reportage con la mia vecchia 500 in stazione a Milano. Poco dopo li hanno ricoverati tutti e due per qualche malattia". Era il 1983, il primo reportage in Afghanistan e avevamo beccato l'epatite mangiando la misera sbobba dei mujaheddin, che combattevano contro le truppe sovietiche.

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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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