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28 giugno 2019 - Il fatto - Italia - Il Giornale
Filo spinato, droni e hotspot L’Italia blinda la frontiera est
G rate metalliche e filo spinato per fermare i migranti, ma pure la possibilità di mettere in piedi una sorta di hotspot, a ridosso del confine con la Slovenia se esplodesse la rotta balcanica verso Trieste e Gorizia. E non è escluso neppure l\'utilizzo di droni, videocamere termiche e altre tecnologie per individuare i passaggi illegali. «Per ora la situazione è sotto controllo e le barriere fisiche evocate dal ministro sono un\'ipotesi di scuola, ma Salvini vuole dare un segnale forte non solo sugli arrivi via mare» spiega una fonte del Viminale.
Dopo l\'aumento dei migranti intercettati in giugno a Trieste il governatore del Friuli-Venezia Giulia, il leghista Massimiliano Fedriga, sarà a Roma mercoledì per discutere della possibile emergenza con il ministro dell\'Interno. «Insieme a tutta la struttura del Viminale valuteremo le migliori misure da prendere» conferma Fedriga. 
Il Giornale è in grado di ricostruire le ipotesi sul tavolo. Il primo passo sarà l\'invio di ulteriori rinforzi di polizia sul fronte Nord Est e dalla prossima settimana scatteranno i pattugliamenti misti italo sloveni. «Dobbiamo fermare gli arrivi in Slovenia - spiega Fedriga al Giornale - Anche se ci fosse un soldato ogni 10 metri sul confine italiano, quasi tutti gli intercettati basta che chiedano la protezione umanitaria e dobbiamo tenerceli. Pure se non ne hanno diritto».
Se la situazione precipitasse si stanno studiando misure più forti. Salvini ha rivelato di avere «dato mandato agli uffici di studiare tutte le soluzioni legalmente consentite» per arginare gli arrivi. Compresa una «barriera fisica» lungo il confine di 223 chilometri con la Slovenia. In alcune zone note di passaggio si potrebbero erigere grate metalliche o srotolare reticolati. «Se le regole vengono rispettate i muri non si alzano, altrimenti purtroppo i muri si alzano» ha dichiarato Fedriga. «Ci sono paesi come la Croazia o l\'Ungheria, che sono stati accusati dalla Ue quando hanno bloccato i flussi migratori irregolari - ha precisato il governatore - Non è accettabile che l\'Italia subisca l\'immigrazione clandestina che arriva via terra». La polizia croata ha già alzato delle barriere metalliche al valico con la Bosnia di Maljevac.
E gli sloveni sono stati i primi a lanciare l\'allarme: «Ci aspettiamo un\'intensificazione dei flussi nei prossimi mesi». Fino a maggio erano più di 3mila gli irregolari intercettati, un incremento del 99 per cento rispetto al 2018. Il governo di Lubiana, non l\'ha annunciato ufficialmente, ma è disposto a mobilitare l\'esercito.
Un altro tassello ipotetico è la creazione di un campo dove concentrare i migranti sul confine o nell\'ex caserma Cavarzerani di Udine, già riattivata grazie al decreto sicurezza. A ridosso della Slovenia, a Banne sul Carso triestino, c\'è l\'ex caserma Monte Cimone, in disfacimento. Oppure si potrebbe mettere in piedi un hotspot per facilitare le procedure di identificazione e i respingimenti, che già avvengono in parte. Da inizio anno sono stati intercettati a Trieste e Gorizia 898 migranti. I respingimenti sono 129. 
L\'intelligence segnala che il «tappo» della Turchia potrebbe in parte saltare a causa dell\'incremento di arrivi di pachistani, siriani e afghani. Dall\'inizio dell\'anno le autorità turche hanno intercettato 100mila migranti diretti verso la rotta balcanica. 
Salvini sarà a Trieste il 5 luglio per l\'arrivo del ministro degli Esteri ungherese che sancirà investimenti nel porto. Nell\'occasione verrà firmato o presentato il protocollo sui rimpatri. Il 10 luglio Fedriga tornerà a Roma per un\'audizione alla Commissione Schengen. La richiesta di sospensione del trattato sulla libera circolazione con la Slovenia con presidi fissi al confine è un\'altra mossa se esplodesse la rotta balcanica.
[continua]

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16 febbraio 2007 | Otto e Mezzo | reportage
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14 marzo 2015 | Tgr Friuli-Venezia Giulia | reportage
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THE WAR AS I SAW IT - L'evento organizzato dal Club Atlantico giovanile del Friuli-Venezia Giulia e da Sconfinare si svolgerà nell’arco dell’intera giornata del 10 marzo 2015 e si articolerà in due fasi distinte: MATTINA (3 ore circa) ore 9.30 Conferenza sul tema del giornalismo di guerra Il panel affronterà il tema del giornalismo di guerra, raccontato e analizzato da chi l’ha vissuto in prima persona. Per questo motivo sono stati invitati come relatori professionisti del settore con ampia esperienza in conflitti e situazioni di crisi, come Gianandrea Gaiani (Direttore responsabile di Analisi Difesa, collaboratore di diverse testate nazionali), Fausto Biloslavo (inviato per Il Giornale in numerosi conflitti, in particolare in Medio Oriente), Elisabetta Burba (firma di Panorama), Gabriella Simoni (inviata Mediaset in numerosi teatri di conflitto, specialmente in Medio Oriente), Giampaolo Cadalanu (giornalista affermato, si occupa di politica estera per La Repubblica). Le relazioni saranno moderate dal professor Georg Meyr, coordinatore del corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche dell’Università di Trieste. POMERIGGIO (3 ore circa) ore 14.30 Due workshop sul tema del giornalismo di guerra: 1. “Il reporter sul campo vs l’analista da casa: strumenti utili e accorgimenti pratici” - G. Gaiani, G. Cadalanu, E. Burba, F. Biloslavo 2. “Il freelance, l'inviato e l'addetto stampa in aree di crisi: tre figure a confronto” G. Simoni, G. Cuscunà, cap. B. Liotti

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14 maggio 2020 | Tg5 | reportage
Trieste, Lampedusa del Nord Est
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il gruppetto è seduto sul bordo della strada asfaltata. Tutti maschi dai vent’anni in su, laceri, sporchi e inzuppati di pioggia sembrano sfiniti, ma chiedono subito “dov’è Trieste?”. Un chilometro più indietro passa il confine con la Slovenia. I migranti illegali sono appena arrivati, dopo giorni di marcia lungo la rotta balcanica. Non sembra il Carso triestino, ma la Bosnia nord occidentale da dove partono per arrivare a piedi in Italia. Scarpe di ginnastica, tute e qualche piumino non hanno neanche uno zainetto. Il più giovane è il capetto della decina di afghani, che abbiamo intercettato prima della polizia. Uno indossa una divisa mimetica probabilmente bosniaca, un altro ha un barbone e sguardo da talebano e la principale preoccupazione è “di non venire deportati” ovvero rimandati indietro. Non sanno che la Slovenia, causa virus, ha sospeso i respingimenti dall’Italia. Di nuovo in marcia i migranti tirano un sospiro di sollievo quando vedono un cartello stradale che indica Trieste. Il capetto alza la mano in segno di vittoria urlando da dove viene: “Afghanistan, Baghlan”, una provincia a nord di Kabul. Il 12 maggio sono arrivati in 160 in poche ore, in gran parte afghani e pachistani, il picco giornaliero dall’inizio dell’anno. La riapertura della rotta balcanica sul fronte del Nord Est è iniziata a fine aprile, in vista della fase 2 dell’emergenza virus. A Trieste sono stati rintracciati una media di 40 migranti al giorno. In Bosnia sarebbero in 7500 pronti a partire verso l’Italia. Il gruppetto di afghani viene preso in carico dai militari del reggimento Piemonte Cavalleria schierato sul confine con un centinaio di uomini per l’emergenza virus. Più avanti sullo stradone di ingresso in città, da dove si vede il capoluogo giuliano, la polizia sta intercettando altri migranti. Le volanti con il lampeggiante acceso “scortano” la colonna che si sta ingrossando con decine di giovani stanchi e affamati. Grazie ad un altoparlante viene spiegato in inglese di stare calmi e dirigersi verso il punto di raccolta sul ciglio della strada in attesa degli autobus per portarli via. Gli agenti con le mascherine controllano per prima cosa con i termometri a distanza la temperatura dei clandestini. Poi li perquisiscono uno ad uno e alla fine distribuiscono le mascherine ai migranti. Alla fine li fanno salire sugli autobus dell’azienda comunale dei trasporti cercando di non riempirli troppo per evitare focolai di contagio. “No virus, no virus” sostiene Rahibullah Sadiqi alzando i pollici verso l’alto in segno di vittoria. L’afghano è partito un anno fa dal suo paese e ha camminato per “dodici giorni dalla Bosnia, attraverso la Croazia e la Slovenia fino all’Italia”. Seduto per terra si è levato le scarpe e mostra i piedi doloranti. “I croati mi hanno rimandato indietro nove volte, ma adesso non c’era polizia e siamo passati tutti” spiega sorridendo dopo aver concluso “il gioco”, come i clandestini chiamano l’ultimo tratto della rotta balcanica. “Abbiamo registrato un crollo degli arrivi in marzo e per gran parte di aprile. Poi un’impennata alla fine dello scorso mese fino a metà maggio. L’impressione è che per i paesi della rotta balcanica nello stesso periodo sia avvenuta la fine del lockdown migratorio. In pratica hanno aperto i rubinetti per scaricare il peso dei flussi sull’Italia e sul Friuli-Venezia Giulia in particolare creando una situazione ingestibile anche dal punto di vista sanitario. E’ inaccettabile” spiega l'assessore regionale alla Sicurezza Pierpaolo Roberti, che punta il dito contro la Slovenia. Lorenzo Tamaro, responsabile provinciale del Sindacato autonomo di polizia, denuncia “la carenza d’organico davanti all’emergenza dell’arrivo in massa di immigrati clandestini. Rinnoviamo l’appello per l’invio di uomini in rinforzo alla Polizia di frontiera”. In aprile circa il 30% dei migranti che stazionavano in Serbia è entrato in Bosnia grazie alla crisi pandemica, che ha distolto uomini ed energie dal controllo dei confini. Nella Bosnia occidentale non ci sono più i campi di raccolta, ma i migranti bivaccano nei boschi e passano più facilmente in Croazia dove la polizia ha dovuto gestire l’emergenza virus e pure un terremoto. Sul Carso anche l’esercito impegnato nell’operazione Strade sicure fa il possibile per tamponare l’arrivo dei migranti intercettai pure con i droni. A Fernetti sul valico con la Slovenia hanno montato un grosso tendone mimetico dove vengono portati i nuovi arrivati per i controlli sanitari. Il personale del 118 entra con le protezioni anti virus proprio per controllare che nessuno mostri i sintomi, come febbre e tosse, di un possibile contagio. Il Sap è preoccupato per l’emergenza sanitaria: “Non abbiamo strutture idonee ad accogliere un numero così elevato di persone. Servono più ambienti per poter isolare “casi sospetti” e non mettere a rischio contagio gli operatori di Polizia. Non siamo nemmeno adeguatamente muniti di mezzi per il trasporto dei migranti con le separazioni previste dall’emergenza virus”. Gli agenti impegnati sul terreno non sono autorizzati a parlare, ma a denti stretti ammettono: “Se va avanti così, in vista della bella stagione, la rotta balcanica rischia di esplodere. Saremo travolti dai migranti”. E Trieste potrebbe trasformarsi nella Lampedusa del Nord Est.

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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