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08 settembre 2019 - Il fatto - Italia - Il Giornale
Migranti, Ong e Libia Ecco il piano Pd-M5s per varare la linea soft
Un primo, piccolo, ma simbolico segnale dell\'inversione di rotta sull\'immigrazione arriva grazie ad un reportage de il Giornale con la polizia slovena. Gli agenti di Capodistria pattugliano il confine che sovrasta Trieste, da dove entrano i migranti che arrivano dalla Bosnia, assieme ai poliziotti italiani. Un\'operazione fortemente voluta da Matteo Salvini quando era ministro dell\'Interno. Giovedì, all\'ultimo momento, l\'agente italiano di turno non si è presentato davanti ai cronisti del Giornale. Ufficialmente era indisposto, ma non è stato neppure sostituito. E gli sloveni hanno pattugliato i punti di ingresso dei migranti da soli. Guarda caso la stessa mattina giurava il governo giallo rosso, che ha già in cantiere un piano per smantellare gran parte della politica sui migranti dell\'esecutivo precedente.
Uno degli assi nella manica è il varo di una nuova legge sull\'immigrazione, che riapra all\'accoglienza. Il Viminale, durante il periodo giallo verde, grazie alla diminuzione dell\'80% degli arrivi e all\'abbattimento delle tariffe per le cooperative che vivono e talvolta lucrano sui migranti, aveva abbattuto massicciamente la spesa. Dai 2,205 miliardi del periodo agosto 2017-luglio 2018 si è passati ai 501,4 milioni di euro degli ultimi dodici mesi. Soprattutto il Pd e la sinistra estrema devono riaprire i rubinetti ad una realtà che rappresenta la loro base elettorale.
Il primo bersaglio, che verrà facilmente centrato, è la revisione almeno del secondo decreto sicurezza prendendo spunto dai rilievi sollevati al momento della firma dal Capo dello Stato. In realtà i cambiamenti potrebbero ridursi ad una diminuzione delle multe di1 milione di euro alle Ong e altri dettagli che non cambierebbero l\'impianto di base della legge.
L\'ala rossa del governo, però, vorrebbe un\'inversione ad U della politica dei porti chiusi e relativi scontri con le Ong. Il nuovo ministro dell\'Interno, Luciana Lamorgese, è sempre stata, anche da prefetto, più che aperta all\'accoglienza. Se deciderà di dare il benservito al capo di gabinetto, Matteo Piantedosi, che manteneva la barra dritta con Salvini sarà il segnale che si punta all\'inversione a U.
Sulla Libia il governo giallo rosso potrebbe fare i danni maggiori. A sinistra sono in tanti a chiedere a gran voce lo stop del fondamentale appoggio italiano alla Guardia costiera libica. Gli ultimi, 48 ore fa, sono stati Nicola Fratoianni e Luca Casarini, che considerano i marinai libici di un governo riconosciuto da noi e dall\'Onu alla stregua di aguzzini.
La Guardia costiera di Tripoli ha già ricevuto 11 motovedette italiane e altre 4 sono in consegna. I libici hanno fermato quasi 7mila migranti illegali all\'inizio dell\'anno, che volevano arrivare in Italia.
Il governo potrebbe ritirare la nave della Marina dalla base della capitale di Abu Sitta, che sostiene con la sua tecnologia la centrale operativa del contrasto all\'immigrazione clandestina in Libia. Oppure basterebbe tagliare i fondi che servono a pagare i salari del personale della Guardia costiera. Tutte idee coltivate soprattutto da Liberi e uguali, ma che lo stesso Pd farà difficoltà a digerire perché dovrebbe sconfessare il suo ministro dell\'Interno, Marco Minniti, che nel 2017 ha dato il via all\'operazione Libia.
Purtroppo dietro l\'angolo è più concreta la rinascita della missione Sophia con l\'avallo italiano. La flotta Ue che la Germania vuole di nuovo in mare per sbarcare nel nostro paese 45mila migranti con le navi militari come ha fatto in passato.
[continua]

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03 febbraio 2012 | UnoMattina | reportage
Il naufragio di nave Concordia e l'allarme del tracciato satellitare


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14 marzo 2015 | Tgr Friuli-Venezia Giulia | reportage
Buongiorno regione
THE WAR AS I SAW IT - L'evento organizzato dal Club Atlantico giovanile del Friuli-Venezia Giulia e da Sconfinare si svolgerà nell’arco dell’intera giornata del 10 marzo 2015 e si articolerà in due fasi distinte: MATTINA (3 ore circa) ore 9.30 Conferenza sul tema del giornalismo di guerra Il panel affronterà il tema del giornalismo di guerra, raccontato e analizzato da chi l’ha vissuto in prima persona. Per questo motivo sono stati invitati come relatori professionisti del settore con ampia esperienza in conflitti e situazioni di crisi, come Gianandrea Gaiani (Direttore responsabile di Analisi Difesa, collaboratore di diverse testate nazionali), Fausto Biloslavo (inviato per Il Giornale in numerosi conflitti, in particolare in Medio Oriente), Elisabetta Burba (firma di Panorama), Gabriella Simoni (inviata Mediaset in numerosi teatri di conflitto, specialmente in Medio Oriente), Giampaolo Cadalanu (giornalista affermato, si occupa di politica estera per La Repubblica). Le relazioni saranno moderate dal professor Georg Meyr, coordinatore del corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche dell’Università di Trieste. POMERIGGIO (3 ore circa) ore 14.30 Due workshop sul tema del giornalismo di guerra: 1. “Il reporter sul campo vs l’analista da casa: strumenti utili e accorgimenti pratici” - G. Gaiani, G. Cadalanu, E. Burba, F. Biloslavo 2. “Il freelance, l'inviato e l'addetto stampa in aree di crisi: tre figure a confronto” G. Simoni, G. Cuscunà, cap. B. Liotti

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14 maggio 2020 | Tg5 | reportage
Trieste, Lampedusa del Nord Est
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il gruppetto è seduto sul bordo della strada asfaltata. Tutti maschi dai vent’anni in su, laceri, sporchi e inzuppati di pioggia sembrano sfiniti, ma chiedono subito “dov’è Trieste?”. Un chilometro più indietro passa il confine con la Slovenia. I migranti illegali sono appena arrivati, dopo giorni di marcia lungo la rotta balcanica. Non sembra il Carso triestino, ma la Bosnia nord occidentale da dove partono per arrivare a piedi in Italia. Scarpe di ginnastica, tute e qualche piumino non hanno neanche uno zainetto. Il più giovane è il capetto della decina di afghani, che abbiamo intercettato prima della polizia. Uno indossa una divisa mimetica probabilmente bosniaca, un altro ha un barbone e sguardo da talebano e la principale preoccupazione è “di non venire deportati” ovvero rimandati indietro. Non sanno che la Slovenia, causa virus, ha sospeso i respingimenti dall’Italia. Di nuovo in marcia i migranti tirano un sospiro di sollievo quando vedono un cartello stradale che indica Trieste. Il capetto alza la mano in segno di vittoria urlando da dove viene: “Afghanistan, Baghlan”, una provincia a nord di Kabul. Il 12 maggio sono arrivati in 160 in poche ore, in gran parte afghani e pachistani, il picco giornaliero dall’inizio dell’anno. La riapertura della rotta balcanica sul fronte del Nord Est è iniziata a fine aprile, in vista della fase 2 dell’emergenza virus. A Trieste sono stati rintracciati una media di 40 migranti al giorno. In Bosnia sarebbero in 7500 pronti a partire verso l’Italia. Il gruppetto di afghani viene preso in carico dai militari del reggimento Piemonte Cavalleria schierato sul confine con un centinaio di uomini per l’emergenza virus. Più avanti sullo stradone di ingresso in città, da dove si vede il capoluogo giuliano, la polizia sta intercettando altri migranti. Le volanti con il lampeggiante acceso “scortano” la colonna che si sta ingrossando con decine di giovani stanchi e affamati. Grazie ad un altoparlante viene spiegato in inglese di stare calmi e dirigersi verso il punto di raccolta sul ciglio della strada in attesa degli autobus per portarli via. Gli agenti con le mascherine controllano per prima cosa con i termometri a distanza la temperatura dei clandestini. Poi li perquisiscono uno ad uno e alla fine distribuiscono le mascherine ai migranti. Alla fine li fanno salire sugli autobus dell’azienda comunale dei trasporti cercando di non riempirli troppo per evitare focolai di contagio. “No virus, no virus” sostiene Rahibullah Sadiqi alzando i pollici verso l’alto in segno di vittoria. L’afghano è partito un anno fa dal suo paese e ha camminato per “dodici giorni dalla Bosnia, attraverso la Croazia e la Slovenia fino all’Italia”. Seduto per terra si è levato le scarpe e mostra i piedi doloranti. “I croati mi hanno rimandato indietro nove volte, ma adesso non c’era polizia e siamo passati tutti” spiega sorridendo dopo aver concluso “il gioco”, come i clandestini chiamano l’ultimo tratto della rotta balcanica. “Abbiamo registrato un crollo degli arrivi in marzo e per gran parte di aprile. Poi un’impennata alla fine dello scorso mese fino a metà maggio. L’impressione è che per i paesi della rotta balcanica nello stesso periodo sia avvenuta la fine del lockdown migratorio. In pratica hanno aperto i rubinetti per scaricare il peso dei flussi sull’Italia e sul Friuli-Venezia Giulia in particolare creando una situazione ingestibile anche dal punto di vista sanitario. E’ inaccettabile” spiega l'assessore regionale alla Sicurezza Pierpaolo Roberti, che punta il dito contro la Slovenia. Lorenzo Tamaro, responsabile provinciale del Sindacato autonomo di polizia, denuncia “la carenza d’organico davanti all’emergenza dell’arrivo in massa di immigrati clandestini. Rinnoviamo l’appello per l’invio di uomini in rinforzo alla Polizia di frontiera”. In aprile circa il 30% dei migranti che stazionavano in Serbia è entrato in Bosnia grazie alla crisi pandemica, che ha distolto uomini ed energie dal controllo dei confini. Nella Bosnia occidentale non ci sono più i campi di raccolta, ma i migranti bivaccano nei boschi e passano più facilmente in Croazia dove la polizia ha dovuto gestire l’emergenza virus e pure un terremoto. Sul Carso anche l’esercito impegnato nell’operazione Strade sicure fa il possibile per tamponare l’arrivo dei migranti intercettai pure con i droni. A Fernetti sul valico con la Slovenia hanno montato un grosso tendone mimetico dove vengono portati i nuovi arrivati per i controlli sanitari. Il personale del 118 entra con le protezioni anti virus proprio per controllare che nessuno mostri i sintomi, come febbre e tosse, di un possibile contagio. Il Sap è preoccupato per l’emergenza sanitaria: “Non abbiamo strutture idonee ad accogliere un numero così elevato di persone. Servono più ambienti per poter isolare “casi sospetti” e non mettere a rischio contagio gli operatori di Polizia. Non siamo nemmeno adeguatamente muniti di mezzi per il trasporto dei migranti con le separazioni previste dall’emergenza virus”. Gli agenti impegnati sul terreno non sono autorizzati a parlare, ma a denti stretti ammettono: “Se va avanti così, in vista della bella stagione, la rotta balcanica rischia di esplodere. Saremo travolti dai migranti”. E Trieste potrebbe trasformarsi nella Lampedusa del Nord Est.

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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