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Articolo
10 settembre 2019 - Il fatto - Italia - Il Giornale
Guerini e la Difesa da difendere
di Fausto Biloslavo
Non sarà difficile fare meglio di Elisabetta Trenta, che verrà ricordata come una meteora ben poco brillante al vertice della Difesa. Il nuovo ministro, Lorenzo Guerini, ex Dc di sinistra, che arriva dalla presidenza del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica è uomo del Pd fedelissimo di Renzi. Probabilmente mastica poco di Forze armate, ma sicuramente si dimostrerà politico più navigato della neofita Trenta, ex capitano della riserva selezionata.
Da sempre attenti al mondo militare ci chiediamo cosa farà il nuovo ministro della Difesa di fronte ad alcuni disastri grillini e ai problemi sul tappeto pesanti come macigni. L\'andazzo stomachevole della trasformazione dei nostri soldati in una specie di protezione civile rafforzata verrà portato avanti dall\'uomo di Renzi? Per non parlare dell\'accento continuo nei 14 mesi precedenti al «duplice uso sistemico delle Forze armate» a tal punto che divenne il titolo di un\'importante esercitazione. Purtroppo temiamo che l\'imperativo del politicamente corretto continuerà a mantenere la «smilitarizzazione semantica» nell\'ambito Difesa. In pratica vengono usati sempre meno termini come sistemi d\'arma ed i militari non difendono più il paese, ma contribuiscono alla sicurezza come carabinieri o polizia. Soprattutto qualsiasi riferimento «combat», anche nelle missioni all\'estero dove si spara, è da tempo un tabù. Trenta e i grillini hanno infilato quinte colonne a tutti i livelli, anche se ci giunge voce che alcuni, soprattutto nell\'ufficio di gabinetto, stanno velocemente cambiando casacca. Guerini di chi si circonderà per affrontare scelte strategiche in zona Cesarini? 
La grana degli F 35 è sempre sul tavolo ed ulteriori rinvii provocherebbero ricadute occupazionali negli stabilimenti di Cameri. Sull\'altro fronte del caccia europeo sembra che il ministro Trenta avesse deciso di aderire al progetto britannico Tempest. Una delle poche scelte azzeccate per il coinvolgimento già in atto di Leonardo. L\'alternativa è il progetto franco tedesco Fcas, dove l\'Italia farebbe la parte del socio povero e sottomesso. L\'avallo finale della firma sul progetto britannico, che sarebbe prevista oggi o domani a Londra spetta a Guerini.
L\'ex Dc dovrebbe varare anche il sistema g2g (government to government), che ci permetterebbe di vendere agilmente il made in Italy della Difesa ai paesi già legati da accordi di assistenza militare. Un obiettivo mal digerito dall\'ala ultra pacifista del governo.
Il vero buco nero che Guerini si troverà costretto a illuminare sono le missioni all\'estero. Sugli 800 soldati in Afghanistan è calata un\'insopportabile cappa governativa di silenzio nonostante la decina di attacchi talebani, che ci hanno riguardato da vicino. In Niger abbiamo aperto un\'ambasciata ai tempi del governo Gentiloni, proprio per la missione militare, in mezzo stallo, che serviva a tamponare la porta d\'ingresso dei migranti in Libia. In Libia siamo gli unici ad avere ufficialmente 300 uomini e un generale che li comanda, ma i pruriti filo migranti e anti Guardia costiera di Liberi e uguali e di una fetta del Pd rischia di mandare tutto a gambe all\'aria.
Purtroppo sembra già deciso il riavvio della missione Sophia, che non ha mai raggiunto l\'obiettivo primario di smantellare il business dei trafficanti di esseri umani. Su pressione di Berlino le navi militari torneranno a recuperare i migranti da sbarcare in Italia. Non è un caso che i primi a chiedere udienza a Guerini siano stati i rappresentanti dei discussi sindacati militari sdoganati dal ministro Trenta. Anche se il parlamento non ha ancora votato la legge sull\'ennesimo tassello che rischia di snaturare le Forze armate.
[continua]

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21 settembre 2012 | La Vita in Diretta | reportage
Islam in Italia e non solo. Preconcetti, paure e pericoli


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05 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Virus, il fronte che resiste in Friuli-Venezia Giulia
Fausto Biloslavo TRIESTE - “Anche noi abbiamo paura. E’ un momento difficile per tutti, ma dobbiamo fare il nostro dovere con la maggiore dedizione possibile” spiega Demis Pizzolitto, veterano delle ambulanze del 118 nel capoluogo giuliano lanciate nella “guerra” contro il virus maledetto. La battaglia quotidiana inizia con la vestizione: tuta bianca, doppi guanti, visiera e mascherina per difendersi dal contagio. Il veterano è in coppia con Fabio Tripodi, una “recluta” arrivata da poco, ma subito spedita al fronte. Le due tute bianche si lanciano nella mischia armati di barella per i pazienti Covid. “Mi è rimasta impressa una signora anziana, positiva al virus, che abbiamo trasportato di notte - racconta l’infermiere Pizzolitto - In ambulanza mi ha raccontato del marito invalido rimasto a casa. E soffriva all’idea di averlo lasciato solo con la paura che nessuno si sarebbe occupato di lui”. Bardati come due marziani spariscono nell’ospedale Maggiore di Trieste, dove sono ricoverati un centinaio di positivi, per trasferire un infetto che ha bisogno di maggiori cure. Quando tornano caricano dietro la barella e si chiudono dentro l’ambulanza con il paziente semi incosciente. Si vede solo il volto scavato che spunta dalle lenzuola bianche. Poi via a sirene spiegate verso l’ospedale di Cattinara, dove la terapia intensiva è l’ultima trincea per fermare il virus. Il Friuli-Venezia Giulia è il fronte del Nord Est che resiste al virus grazie a restrizioni draconiane, anche se negli ultimi giorni la gente comincia ad uscire troppo di casa. Un decimo della popolazione rispetto alla Lombardia ha aiutato a evitare l’inferno di Bergamo e Brescia. Il 4 aprile i contagiati erano 1986, i decessi 145, le guarigioni 220 e 1103 persone si trovano in isolamento a casa. Anche in Friuli-Venezia Giulia, come in gran parte d’Italia, le protezioni individuali per chi combatte il virus non bastano mai. “Siamo messi molto male. Le stiamo centellinando. Più che con le mascherine abbiamo avuto grandi difficoltà con visiere, occhiali e tute” ammette Antonio Poggiana, direttore generale dell’Azienda sanitaria di Trieste e Gorizia. Negli ultimi giorni sono arrivate nuove forniture, ma l’emergenza riguarda anche le residenze per anziani, flagellate dal virus. “Sono “bombe” virali innescate - spiega Alberto Peratoner responsabile del 118 - Muoiono molti più anziani di quelli certificati, anche 4-5 al giorno, ma non vengono fatti i tamponi”. Nell’ospedale di Cattinara “la terapia intensiva è la prima linea di risposta contro il virus, il nemico invisibile che stiamo combattendo ogni giorno” spiega Umberto Lucangelo, direttore del dipartimento di emergenza. Borse sotto gli occhi vive in ospedale e da separato in casa con la moglie per evitare qualsiasi rischio. Nella trincea sanitaria l’emergenza si tocca con mano. Barbara si prepara con la tuta anti contagio che la copre dalla testa ai piedi. Un’altra infermiera chiude tutti i possibili spiragli delle cerniere con larghe strisce di cerotto, come nei film. Simile ad un “palombaro” le scrivono sulla schiena il nome e l’orario di ingresso con un pennarello nero. Poi Barbara procede in un’anticamera con una porta a vetri. E quando è completamente isolata allarga le braccia e si apre l’ingresso del campo di battaglia. Ventuno pazienti intubati lottano contro la morte grazie agli angeli in tuta bianca che non li mollano un secondo, giorno e notte. L’anziano con la chioma argento sembra solo addormentato se non fosse per l’infinità di cannule infilate nel corpo, sensori e macchinari che pulsano attorno. Una signora è coperta da un telo blu e come tutti i pazienti critici ripresa dalle telecamere a circuito chiuso. Mara, occhioni neri, visiera e mascherina spunta da dietro la vetrata protettiva con uno sguardo di speranza. All’interfono racconta l’emozione “del primo ragazzo che sono riuscito a svegliare. Quando mi ha visto ha alzato entrambi i pollici in segno di ok”. E se qualcuno non ce la fa Mara spiega “che siamo preparati ad accompagnare le persone verso la morte nella maniera più dignitosa. Io le tengo per mano per non lasciarle sole fino all’ultimo momento”. Erica Venier, la capo turno, vuole ringraziare “con tutto il cuore” i triestini che ogni giorno fanno arrivare dolci, frutta, generi di conforto ai combattenti della terapia intensiva. Graziano Di Gregorio, infermiere del turno mattutino, è un veterano: “Dopo 22 anni di esperienza non avrei mai pensato di trovarmi in una trincea del genere”. Il fiore all’occhiello della rianimazione di Cattinara è di non aver perso un solo paziente, ma Di Gregorio racconta: “Infermieri di altre terapie intensive hanno dovuto dare l’estrema unzione perchè i pazienti sono soli e non si può fare diversamente”. L’azienda sanitaria sta acquistando una trentina di tablet per cercare di mantenere un contatto con i familiari e permettere l’estremo saluto. Prima di venire intubati, l’ultima spiaggia, i contagiati che hanno difficoltà a respirare sono aiutati con maschere o caschi in un altro reparto. Il direttore, Marco Confalonieri, racconta: “Mio nonno era un ragazzo del ’99, che ha combattuto sul Piave durante il primo conflitto mondiale. Ho lanciato nella mischia 13 giovani appena assunti. Sono i ragazzi del ’99 di questa guerra”.

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16 febbraio 2007 | Otto e Mezzo | reportage
Foibe, conflitto sulla storia
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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
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Professione Reporter di Guerra


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