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Intervista esclusiva
29 settembre 2019 - Controstorie - Afghanistan - Il Giornale
“Non accetteremo mai la vostra democrazia”
«Salaam Aleikum», la pace sia con te, sono le prime parole che scambiamo con Zabehullah Mujahed, portavoce dei talebani. Il megafono dei miliziani jihadisti risponde, pure con qualche parola in inglese, a un cellulare afghano. Poche ore prima dell\'apertura dei seggi per scegliere il nuovo presidente non si tira indietro e annuncia attacchi a valanga.
Cosa pensate delle elezioni presidenziali?
«L\'Afghanistan è occupato dagli americani. Non esiste alcuna reale elezione perché il governo è fantoccio. Noi abbiamo fin dall\'inizio annunciato che non riconosciamo il voto e i risultati. Ed è pronto un piano di attacco militare in tutto il Paese. Per questo abbiamo invitato la popolazione a non recarsi alle urne».
Dopo l\'annuncio del presidente americano che ha dichiarato «morto» il negoziato di pace cosa avete intenzione di fare?
«La nostra storia dimostra che siamo pronti a combattere ancora per 100 anni contro gli americani. Non esiste alcun dubbio che continueremo la lotta per l\'indipendenza».
Però nei giorni scorsi una delegazione talebana è stata accolta a Pechino. Il processo di pace può venire riesumato?
«Chiedete agli americani se hanno ancora la volontà di discutere di pace. Per quanto riguarda altri Paesi vogliamo mantenere contatti con la Cina e con la Russia. Per il futuro dell\'Afghanistan teniamo aperte due porte: la nostra delegazione a Doha, in Qatar, pronta a negoziare e le forze sul terreno per combattere duramente».
Quanto territorio afghano controllate?
«Il governo di Kabul controlla le città e può contare su dei posti di blocco sulle strade principali, ma noi siamo forti nell\'entroterra da Nord a Sud, da Est a Ovest. Dopo 18 anni siamo decisi a continuare la Jihad (guerra santa)».
Se il capo di Stato uscente Ashraf Ghani o lo sfidante Abdullah Abdullah vinceranno le elezioni siete disposti a negoziare con il nuovo presidente?
«Non intendiamo parlare con governi fantoccio, ma direttamente con i burattinai americani. Se in futuro delle personalità politiche afghane vogliono venire a discutere con noi sono benvenute, ma non i membri dell\'esecutivo».
Uno degli ostacoli del processo di pace è la vostra relazione con i terroristi della rete Haqqani, Al Qaida e la presenza dello Stato islamico in Afghanistan. Cosa risponde?
«La rete Haqqani è una forte alleata e il figlio del fondatore è il numero due del movimento talebano. Al Qaida era presente in Afghanistan ed i suoi uomini hanno combattuto al nostro fianco, ma sono tornati a casa. Daesh (lo Stato islamico nda) è una creazione americana, che combatte contro di noi».
Vi siete scontrati con lo Stato islamico?
«I loro uomini hanno alzato la testa in alcune province, ma ne abbiamo uccisi molti. Sono ancora presenti lungo la linea Durand (confine con il Pakistan nda) e li stiamo combattendo».
Se tornerete a Kabul potete garantire che non ci sarà un nuovo 11 settembre?
«Non eravamo noi a pilotare gli aerei dell\'11 settembre. La nostra garanzia è che rispetteremo i Paesi vicini e lontani se loro rispetteranno noi».
Cosa pensa della presenza delle truppe italiane a Herat?
«Mi dispiace molto che un importante Paese come l\'Italia lavori sempre per gli americani. Dovete ritirarvi dal nostro paese. Chiunque venga armato in Afghanistan è un nostro nemico».
Volete tornare a Kabul con la forza delle armi o con la pace?
«Prima di tutto puntiamo al negoziato. Non vogliamo il bagno di sangue, ma se gli americani continueranno a non trattare, arriveremo nella capitale con la forza».
Qual è la vostra condizione principale per la pace?
«Basta occupazione: tutte le truppe straniere devono ritirarsi».
È vero che volete tornare all\'Emirato cambiando il nome della Repubblica afghana?
«Lo deciderà il popolo, ma la condizione più importante è avere un reale governo islamico e l\'applicazione della Sharia».
Molti afghani sostengono che se tornate a Kabul dovete accettare le regole democratiche. La democrazia può convivere con la Sharia talebana?
«Negli ultimi 40 anni abbiamo sacrificato milioni di afghani per la legge islamica. Non accetteremo mai le idee e la democrazia occidentali».
Fausto Biloslavo
[continua]

video
16 dicembre 2012 | Terra! | reportage
Afghanistan Goodbye
Dopo oltre dieci anni di guerra in Afghanistan i soldati italiani cominciano a tornare a casa. Questa è la storia del ripiegamento di 500 alpini dall’inferno di Bakwa, una fetta di deserto e montagne, dimenticata da Dio e dagli uomini, dove le penne nere hanno sputato sangue e sudore. I famigerati ordigni improvvisati chiamati in gergo Ied sono l’arma più temibile dei talebani che li sotterrano lungo le piste. Questo è il filmato ripreso da un velivolo senza pilota di un blindato italiano che salta in aria. A bordo del mezzo con quattro alpini del 32imo genio guastatori di Torino c'ero anch'io. Grazie a 14 tonnellate di corazza siamo rimasti tutti illesi. Il lavoro più duro è quello degli sminatori che devono aprire la strada alle colonne in ripiegamento. Il sergente Dario Milano, veterano dell’Afghanistan, è il cacciatore di mine che sta davanti a tutti. Individua le trappole esplosive da un mucchietto di terra smossa o da un semi invisibile filo elettrico del detonatore che spunta dalla sabbia. Nel distretto di Bakwa, 32 mila anime, questo giovane afghano rischia di perdere la gamba per la cancrena. Il padre ha paura di portarlo alla base italiana dove verrebbe curato, per timore della vendetta talebana. La popolazione è succube degli insorti e dei signori della droga. Malek Ajatullah è uno dei capi villaggio nel distretto di Bakwa. La missione del capitano Francesco Lamura, orgoglioso di essere pugliese e alpino è dialogare con gli afghani seduto per terra davanti ad una tazza di chai, il tè senza zucchero di queste parti. Malek Ajatullah giura di non saper nulla dei talebani, ma teme che al ritiro delle truppe italiane il governo di Kabul non sia in grado di controllare Bakwa. Tiziano Chierotti 24 anni, caporal maggiore del 2° plotone Bronx era alla sua prima volta in Afghanistan. Una missione di sola andata. La polizia afghana cerca tracce dei talebani nel villaggio di Siav, ma gli insorti sono come fantasmi. Il problema vero è che nessuno vuole restare a Bakwa, dove in tutto il distretto ci sono solo 100 soldati dell’esercito di Kabul. Il maggiore Gul Ahmad ha arrestato tre sospetti che osservavano i movimenti della colonna italiana, ma neppure con il controllo dell’iride e le impronte digitali è facile individuare i talebani. Il caporal maggiore Erik Franza, 23 anni, di Cuneo è alla sua seconda missione in Afghanistan. Suo padre ogni volta che parte espone il tricolore sul balcone e lo ammaina solo quando gli alpini del 2° reggimento sono tornati a casa. Per Bakwa è passato anche il reggimento San Marco. I fucilieri di marina, che garantiscono il servizio scorte ad Herat, hanno le idee chiare sulla storiaccia dei due marò trattenuti in India. Anche se ordini da Roma li impongono di non dire tutto quello che pensano. Per Natale i 500 alpini di base Lavaredo saranno a casa. Per loro è l’addio all’Afghanistan dove rimangono ancora 3000 soldati italiani.

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17 novembre 2001 | TG5 - Canale5 | reportage
La caccia ai terroristi ucciso Mohammed Atef
La caccia ai terroristi ucciso Mohammed Atef

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28 agosto 2008 | Studio Aperto | reportage
Afghanistan: italiani in guerra
Studio aperto, Tg1 e Tg2 hanno lanciato il nostro servizio esclusivo di Panorama sui soldati in guerra in Afghanistan. Le immagini che vedete non sono state girate da me o da Maki Galimberti che mi accompagnava come fotografo, come dicono nel servizio, bensì dagli stessi soldati italiani durate la battaglia di Bala Murghab.
Di seguito pubblico il testo che ho ricevuto dai coraggiosi cineoperatori con l'elmetto: "Nei giorni dell’assedio di Bala Murghab il 5,6,7 e 8 agosto, con i fucilieri della Brigata Friuli erano presenti anche quattro militari Toni T. , Francesco S. , Giuseppe N. , Giuseppe C. , tutti provenienti dal 28° Reggimento “Pavia” di istanza Pesaro. È stato proprio il C.le Mag.Sc. Francesco S. a girare le immagini che vedete con una telecamera di fortuna, in condizioni difficili e con grande rischio personale.Infatti tra i compiti assolti dal 28° Reggimento di Pesaro c’è proprio la raccolta di informazioni e documentazioni video sulle operazioni di prima linea".

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[altri video]
radio

19 aprile 2010 | SBS Australia | intervento
Afghanistan
Liberati i tre operatori di Emergency
Svolta nella ultime ore dopo una settimana di passione.

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04 febbraio 2003 | Radio 24 Nove in punto | intervento
Afghanistan
Task force Nibbio. I nostri in Afghanistan per combattere/1
Gli alpini della task force Nibbio andranno a Khowst vicino al confine con il Pakistan. Polemiche fra gli americani ed il ministro della Difesa Antonio Martino su missione di guerra o di pace.

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18 maggio 2010 | SBS Australia | intervento
Afghanistan
Trappola esplosiva uccide due alpini
L’Afghanistan è la nostra trincea, dove 3300 soldati italiani combattono i talebani e portano aiuti e sviluppo alla popolazione. Dal 2001 abbiamo perso 22 uomini per cercare di garantire sicurezza al paese. Gli ultimi due caduti sono il sergente Massimiliano Ramadù ed il caporal maggiore Luigi Pascazio. La mattina del 17 maggio sono saltati in aria su una trappola esplosiva lungo la “strada maledetta”. Una pista in mezzo alle montagne di sabbia che porta da Herat, il capoluogo dell’Afghanistan occidentale, a Bala Murghab, dove i soldati italiani tengono con le unghie e con i denti una base avanzata. I caduti fanno parte del 32° reggimento genio guastatori della brigata Taurinense. Due loro commilitoni, il primo caporal maggiore Gianfranco Scirè ed il caporale Cristina Buonacucina sono rimasti feriti dall’esplosione che ha sconquassato il blindato Lince su cui viaggiavano. L’alpina è la seconda donna soldato ferita in Afghanistan.

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01 giugno 2005 | Radio 24 | intervento
Afghanistan
Attacco kamikaze a Kandahar
Sono almeno 20 le persone rimaste uccise nell'attentato suicida messo a segno stamane in una moschea di Kandahar, a sud dell'Afghanistan. Un'esplosione che ha provocato decine e decine di feriti e che sarebbe stata opera di un kamikaze non afghano secondo quanto dichiarato portavoce del ministero degli Interni, Latfullah Mashal. Una pratica che in Afghanistan non era ancora stata adottata e che, quindi, mette in forte allarme. Ne parliamo in diretta da Kabul con il responsabile dell'Ospedale di Emergency Marco Garatti e con Fausto Biloslavo inviato de Il Giornale.

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04 gennaio 2012 | Radio24 | intervento
Afghanistan
Parlano le armi sussurrano le diplomazie


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